I rilievi dei Ris nella casa della mattanza di Khadija
Massacrata dal compagno e fatta a pezzi: ieri al via l’incidente probatorio. Ai raggi X i sacchi dei rifiuti
Assassinata dal proprio uomo con un batticarne. Massacrata per mano del compagno dentro la casa in cui ormai da tempo convivevano. E in cui, per repertare e analizzare ogni traccia, arrivano anche i Ris.
Ieri mattina ha infatti preso il via l’incidente probatorio per l’agghiacciante morte di Khadija Bencheikh: al lavoro, per le delicate e irripetibili operazioni peritali, oltre ai carabinieri del Reparto Investigazioni Scientifiche anche gli avvocati difensori Antonio Buondonno (che si avvale della consulenza del professor Marzio Capra, genetista noto alle cronache per il suo ruolo al processo sul delitto costato la vita a Yara Gambirasio) e il collega Giampaolo Cazzola.
Uccisa da colpi violentissimi a testa e torace. E poi trascinata senza vita in bagno, denudata, fatta a pezzi e nascosta dall’assassino in alcuni sacchi dell’immondizia ritrovati qualche giorno dopo a Valeggio. Quei sacchi su cui ieri, al via dell’incidente probatorio, si sono concentrati i primi rilievi e analisi da parte di militari, difensori e del dottor Capra.
Quasi tre mesi fa, a cavallo tra fine dicembre e inizio gennaio, il film dell’orrore costato la vita e il sorriso alla marocchina di 46 anni, aveva portato in cella il convivente reo confesso, Agim Ajdinaj (difeso dal legale Cazzola), albanese di 51 anni per omicidio volontario, vilipendio e occultamento di cadavere. Meno di un mese fa, a fine febbraio, a raggiungerlo dietro le sbarre (anche se nel suo caso il carcere è quello di San Vittore a Milano) è stato uno dei fratel- li, Vezir Ajdinaj. Quest’ultimo, tutelato dall’avvocato Buondonno, continua a difendersi dalle pesanti accuse che hanno indotto il pm Pietro Pascucci a chiederne l’arresto e il gip Paola Vacca a ordinarlo: «Non ho partecipato alla distruzione del cadavere di Khadija, non ho aiutato mio fratello Agim a fare a pezzi la sua convivente... Non ho preso parte alla mattanza, è tutto falso» ha dichiarato davanti al gip del Tribunale di Milano che lo ha interrogato per rogatoria. Ma la convinzione di carabinieri e procura è che invece che l’incensurato albanese di 54 anni Vezir, una vita da pendolare tra la moglie a Verona e la compagna (con due figli) a Milano, avrebbe rivestito un ruolo determinante nell’atroce mattanza consumata nella palazzina di piazzale Olimpia.