Tav, c’è il timbro della Gazzetta Ufficiale il progetto finale costa 200 milioni in più
Nella nostra provincia interessati 400 soggetti privati. C’è l’ultimo timbro: pubblicata in Gazzetta Ufficiale l’approvazione del progetto definitivo: costerà 209 milioni in più. Gli oppositori: «Nuovo ricorso al Tar»
Adesso è davvero fatta: la Gazzetta Ufficiale ha pubblicato ieri l’approvazione del progetto definitivo della Tav Brescia-Verona. Ora Rfi può firmare il contratto con il consorzio Cepav 2. Dal decreto emerge che il costo lievita di 200 milioni rispetto al disegno iniziale. Per gli espropri (400 veronesi coinvolti) sono fissati 292 milioni. I no Tav annunciano l’ennesimo ricorso.
Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale di ieri diventa realtà il progetto alta velocità tra Brescia e Verona. «Attendiamo solo questa pubblicazione, poi, dopo Pasqua, firmeremo il contratto con Cepav Due, il consorzio che realizzerà l’opera, per vedere l’inizio dei lavori a fine anno» aveva confermato l’amministratore delegato di Ferrovie dello Stato, Renato Mazzoncini, nei giorni scorsi. Il manager non teme «incursioni» e congelamenti da parte del nuovo governo (probabili se i 5 Stelle, contrari all’opera, avranno un peso specifico notevole). Semplicemente perché nessun atto determinante deve passare più per il ministero delle Infrastrutture. E il primo lotto dell’opera (1,9 miliardi sui 2,5 complessivi) è già stato finanziato con le leggi di stabilità del 2014 (768 milioni) e del 2015 (1,5 miliardi). Nel leggere il progetto definitivo, validato il 1 marzo dalla Corte dei Conti dopo gli ultimi ritocchi del Cipe, saltano però all’occhio diversi passaggi. Il più interessante riguarda il prevedibile rincaro dei costi rispetto al primo disegno: si tratta di 209 milioni in più. Di questi, 120 milioni servono per realizzare prescrizioni e osservazioni formulate dalle amministrazioni locali e accolte dal ministero. Altri 26 milioni servono per le opere di ristoro socioambientali (opere di mitigazione dell’impatto ambientale, misure compensative dell’impatto territoriale e sociale e oneri di monitoraggio ambientale). Questi primi 146 milioni sono stati trovati attingendo dal «fondo imprevisti», che è stato ridotto di 156 milioni di euro. Mancano all’appello però altri 63 milioni relativi «all’adeguamento alle norme tecniche delle costruzioni del 2008». Ecco, non trovando «analoga copertura finanziaria», questa cifra «costituisce l’incremento netto del costo dell’opera rispetto al costo del progetto presentato». Come già detto però, il Governo ha a disposizione 2.268 milioni stanziati con le leggi di stabilità 2014 e 2015. I soldi per il primo lotto (i 42 km tra Brescia Est e Verona Merci costa 1,9 miliardi) quindi ci sono.
Capitolo espropri. In preventivo ci sono la bellezza di 292 milioni per indennizzare circa seicento privati sul territorio bresciano e altri 400 circa per quello veronese. Decine di ettari agricoli (compresi i 32 pregiati ettari del Lugana, che spariranno sotto la strada ferrata) ma anche edifici residenziali, produttivi, garage e baraccamenti. Sono invece 309 le prescrizioni accolte dal Cipe. Particolare attenzione dovrà essere posta per gli interventi di preconsolidamento del complesso monumentale Santuario della Madonna del Frassino, a Peschiera del Garda. Ma si raccomanda attenzione – durante la fase di cantierizzazione — anche nel tutelare i pozzi per l’acqua potabile. E alle bonifiche dei siti inquinati che indubbiamente si troveranno. Rfi dovrà anche sviluppare uno studio di fattibilità su una fermata Tav vicino al casello autostradale di Sirmione.
La fine dei lavori, prevista per il gennaio 2024, subirà lo slittamento di un anno. Resta poi da redarre il progetto definitivo del secondo lotto (i 5 km dell’uscita da Brescia città ed i 2 dell’ingresso a Verona centro) che costerà 607 milioni. Per ora ci sono 376 milioni, ne vanno reperiti altri 231. Sempre che non ci siano imprevisti. E quindi altri costi. Quanto all’avvio reale dei cantieri, va ricordato che nella fase iniziale riguarderanno il territorio bresciano; non è dato sapere se i lavori nell’area gardesana veronese seguiranno a ruota (c’è da costruire una galleria di 3,5 chilometri in territorio di Sona, al confine con Castelnuovo) oppure si attenderà ulteriormente. In ogni caso, non se ne parla fino al 2019, e si potrebbe andare anche oltre.
Inutile dire che gli oppositori all’opera - a tutta l’opera non si arrendono neanche davanti all’ultimo timbro apposto con la Gazzetta Ufficiale. Fausto Scappini, l’avvocato veronese promotore di tutte le cause legali No Tav in questo territorio, annuncia: «Ci sarà ricorso al Tar del Lazio sul provvedimento appena pubblicato, cioé l’approvazione definitiva del progetto». Questo anche nel caso in cui dovesse arrivare la bocciatura della prima causa al Tar (su mandato di una sessantina di soggetti, comprese 13 associazioni nazionali) che adesso pende al Consiglio di Stato. La sentenza è attesa a giorni.