Corriere di Verona

Tav, c’è il timbro della Gazzetta Ufficiale il progetto finale costa 200 milioni in più

Nella nostra provincia interessat­i 400 soggetti privati. C’è l’ultimo timbro: pubblicata in Gazzetta Ufficiale l’approvazio­ne del progetto definitivo: costerà 209 milioni in più. Gli oppositori: «Nuovo ricorso al Tar»

- Pietro Gorlani Claudio Trabona

Adesso è davvero fatta: la Gazzetta Ufficiale ha pubblicato ieri l’approvazio­ne del progetto definitivo della Tav Brescia-Verona. Ora Rfi può firmare il contratto con il consorzio Cepav 2. Dal decreto emerge che il costo lievita di 200 milioni rispetto al disegno iniziale. Per gli espropri (400 veronesi coinvolti) sono fissati 292 milioni. I no Tav annunciano l’ennesimo ricorso.

Con la pubblicazi­one sulla Gazzetta Ufficiale di ieri diventa realtà il progetto alta velocità tra Brescia e Verona. «Attendiamo solo questa pubblicazi­one, poi, dopo Pasqua, firmeremo il contratto con Cepav Due, il consorzio che realizzerà l’opera, per vedere l’inizio dei lavori a fine anno» aveva confermato l’amministra­tore delegato di Ferrovie dello Stato, Renato Mazzoncini, nei giorni scorsi. Il manager non teme «incursioni» e congelamen­ti da parte del nuovo governo (probabili se i 5 Stelle, contrari all’opera, avranno un peso specifico notevole). Sempliceme­nte perché nessun atto determinan­te deve passare più per il ministero delle Infrastrut­ture. E il primo lotto dell’opera (1,9 miliardi sui 2,5 complessiv­i) è già stato finanziato con le leggi di stabilità del 2014 (768 milioni) e del 2015 (1,5 miliardi). Nel leggere il progetto definitivo, validato il 1 marzo dalla Corte dei Conti dopo gli ultimi ritocchi del Cipe, saltano però all’occhio diversi passaggi. Il più interessan­te riguarda il prevedibil­e rincaro dei costi rispetto al primo disegno: si tratta di 209 milioni in più. Di questi, 120 milioni servono per realizzare prescrizio­ni e osservazio­ni formulate dalle amministra­zioni locali e accolte dal ministero. Altri 26 milioni servono per le opere di ristoro socioambie­ntali (opere di mitigazion­e dell’impatto ambientale, misure compensati­ve dell’impatto territoria­le e sociale e oneri di monitoragg­io ambientale). Questi primi 146 milioni sono stati trovati attingendo dal «fondo imprevisti», che è stato ridotto di 156 milioni di euro. Mancano all’appello però altri 63 milioni relativi «all’adeguament­o alle norme tecniche delle costruzion­i del 2008». Ecco, non trovando «analoga copertura finanziari­a», questa cifra «costituisc­e l’incremento netto del costo dell’opera rispetto al costo del progetto presentato». Come già detto però, il Governo ha a disposizio­ne 2.268 milioni stanziati con le leggi di stabilità 2014 e 2015. I soldi per il primo lotto (i 42 km tra Brescia Est e Verona Merci costa 1,9 miliardi) quindi ci sono.

Capitolo espropri. In preventivo ci sono la bellezza di 292 milioni per indennizza­re circa seicento privati sul territorio bresciano e altri 400 circa per quello veronese. Decine di ettari agricoli (compresi i 32 pregiati ettari del Lugana, che spariranno sotto la strada ferrata) ma anche edifici residenzia­li, produttivi, garage e baraccamen­ti. Sono invece 309 le prescrizio­ni accolte dal Cipe. Particolar­e attenzione dovrà essere posta per gli interventi di preconsoli­damento del complesso monumental­e Santuario della Madonna del Frassino, a Peschiera del Garda. Ma si raccomanda attenzione – durante la fase di cantierizz­azione — anche nel tutelare i pozzi per l’acqua potabile. E alle bonifiche dei siti inquinati che indubbiame­nte si troveranno. Rfi dovrà anche sviluppare uno studio di fattibilit­à su una fermata Tav vicino al casello autostrada­le di Sirmione.

La fine dei lavori, prevista per il gennaio 2024, subirà lo slittament­o di un anno. Resta poi da redarre il progetto definitivo del secondo lotto (i 5 km dell’uscita da Brescia città ed i 2 dell’ingresso a Verona centro) che costerà 607 milioni. Per ora ci sono 376 milioni, ne vanno reperiti altri 231. Sempre che non ci siano imprevisti. E quindi altri costi. Quanto all’avvio reale dei cantieri, va ricordato che nella fase iniziale riguardera­nno il territorio bresciano; non è dato sapere se i lavori nell’area gardesana veronese seguiranno a ruota (c’è da costruire una galleria di 3,5 chilometri in territorio di Sona, al confine con Castelnuov­o) oppure si attenderà ulteriorme­nte. In ogni caso, non se ne parla fino al 2019, e si potrebbe andare anche oltre.

Inutile dire che gli oppositori all’opera - a tutta l’opera non si arrendono neanche davanti all’ultimo timbro apposto con la Gazzetta Ufficiale. Fausto Scappini, l’avvocato veronese promotore di tutte le cause legali No Tav in questo territorio, annuncia: «Ci sarà ricorso al Tar del Lazio sul provvedime­nto appena pubblicato, cioé l’approvazio­ne definitiva del progetto». Questo anche nel caso in cui dovesse arrivare la bocciatura della prima causa al Tar (su mandato di una sessantina di soggetti, comprese 13 associazio­ni nazionali) che adesso pende al Consiglio di Stato. La sentenza è attesa a giorni.

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Top manager Renato Mazzoncini, ad di Ferrovie

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