Corriere di Verona

Cancro non rilevato Muore a 46 anni

Il pm: diagnosi errata, la paziente si poteva salvare. Aveva due figli, chiesti i danni

- Laura Tedesco

Madre di due bambini stroncata a 46 anni da un cancro all’utero «non diagnostic­ato». È accaduto nel 2016 e la procura ne è certa: la paziente si sarebbe potuta salvare. Già chiesto il processo.

Madre di due bambini VERONA stroncata a 46 anni da un cancro all’utero «non diagnostic­ato». È accaduto nel 2016 e la procura ne è certa: la paziente si sarebbe potuta salvare, ma sia nel 2012 che nel 2013 venne effettuata una «errata lettura» delle sue analisi.

Per il pm Elvira Vitulli la responsabi­lità va ricondotta al medico di fiducia della donna e a un’ostetrica: la prima, difesa dall’avvocato Marzio Vittore De Marzi, è una dottoressa specialist­a in ginecologi­a che opera privatamen­te; la seconda, tutelata dai legali Giulia Tebaldi e Claudio Carli, lavorava al Policlinic­o e, ora che è in pensione, secondo l’accusa «è incaricata (dalla dottoressa, ndr) di analizzare preparati citologici». Stando agli inquirenti, l’ostetrica in pensione analizza per conto della ginecologa campioni da refertare: nel caso della paziente di 46 anni, sono stati «refertati come negativi a neoplasia preparati citologici che erano positivi». Con le loro condotte, le due indagate avrebbero provocato «per colpa consistita in negligenza imprudenza e imperizia la morte della paziente avvenuta a seguito delle complicanz­e di un carcinoma squamoso vaginale non diagnostic­ato».

Per entrambe è già stato chiesto il rinvio a giudizio e ogni decisione spetterà al gup Luciano Gorra, mentre la famiglia della vittima ha inoltrato una richiesta danni e le difese sono al lavoro in vista dell’udienza preliminar­e.

In base alla ricostruzi­one dei fatti, la paziente già dal

«Omicidio colposo» La vittima è stata stroncata dal male nel 2016: chiesto il giudizio Difese al lavoro

2001 si rivolgeva alla studio privato della ginecologa che, in occasione dei controlli di routine la sottoponev­a sia alla «visita manuale» che al «prelievo di campioni per il pap test». Tali campioni venivano poi «inviati non ad un laboratori­o accreditat­o» ma alla coindagata, «ostetrica profession­ista in quanto tale abilitata ad effettuare i prelievi ma non le analisi citologich­e e che operava presso la propria abitazione». Nel 2012 e nel 2013, l’ostetrica «effettuava una errata lettura dei preparati, refertati come negativi per qualunque forma neoplastic­a e che invece - si contesta nel capo d’imputazion­e - denotavano chiarament­e la presenza di cellule anomale e dunque di carcinoma nel 2012 in fase iniziale e favorevolm­ente trattabile». Non solo: per il pm la ginecologa avrebbe «omesso di avvalersi delle metodiche di diagnosi citologica quali il thin prep». Inoltre il medico avrebbe sottovalut­ato «forti algie curandole con prescrizio­ni telefonich­e» e avrebbe omesso di disporre «approfondi­menti diagnostic­i adeguati non disponendo neanche di un ecografo». In tal modo alla paziente «non» venne «diagnostic­ata tempestiva­mente la patologia, rilevata solo nel gennaio 2015 a Borgo Trento ormai al quarto stadio “B” e per le cui complicanz­e» la paziente è morta. Per l’avvocato Tebaldi, «dopo il suo ritiro dal lavoro, privatamen­te, l’ostetrica allestiva preparati per analisi in microscopi­a ottica di campioni biologici provenient­i dallo studio del medico, a cui li restituiva con mere annotazion­i che tuttavia non possono considerar­si referti. Solo al medico, quindi, competeva una disamina adeguata e la diagnosi del caso». Deciderà il gup.

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vano ogni tentativo per salvare la vita alla donna di soli 46 anni
Tutto inutile Una sala operatoria (la foto è d’archivio, ndr): vano ogni tentativo per salvare la vita alla donna di soli 46 anni

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