Il presidente del tribunale allibito il procuratore proverà ad opporsi
Gatto «Senza parole», Dalla Costa «Costretto a riorganizzare»
E’ metà mattina quando la notizia arriva al Palazzo di Giustizia: «Il gup di Roma avrebbe decretato l’incompatibilità territoriale rispedendo tutta l’indagine su Veneto Banca a Treviso». C’è ancora il condizionale, si aspettano le conferme ufficiali, i dispositivi. Ma l’effetto che produce è in pochi minuti è quello di un tuono che prima senti brontolare in lontananza e poi ti scoppia sulla testa. Con il pubblico ministero Massimo De Bortoli, titolare dell’inchiesta trevigiana sull’ex Popolare e per questo candidato “in pectore” a ricevere il testimone da Roma, che allarga le braccia e ha sul volto un’espressione a metà tra lo sconcerto e il preoccupato. E il presidente del tribunale Aurelio Gatto che a bocca aperta, già immagina la maxi udienza, con le migliaia di parti civili
Gatto E la maxi udienza dove la facciamo? Non basta neppure l’aula della Corte d’Assise
Dalla Costa Valuteremo se sia il caso di invocare un conflitto di competenza. Qui problema di risorse e di spazi
assiepate nell’unica aula capiente: «Quella della corte d’assise - spiega - ma non basterà ad accogliere tutti i risparmiatori arrabbiati. Come faremo? Non ho parole».
La decisione del gup di Roma è destinata a stravolgere l’attività della procura e del tribunale di Treviso. Il processo ai vertici dell’ex Popolare è tutto da rifare. E si riparte dalla chiusura indagini. Questo significa che De Bortoli non si dovrà occupare più «solo» delle 2500 denunce per truffa, ma anche dei reati più pesanti: aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza per i quali erano imputati fino a ieri, l’ex ad Consoli, l’ex presidente Flavio Trinca e altre nove persone tra vecchi amministratori e manager. «Ci ritroviamo così nella situazione di Vicenza – continua Gatto - con la differenza che loro ci sono stati dall’inizio e noi ci arriviamo con un ritardo di due anni. Ogni commento è superfluo. Siamo sbigottiti».
Il presidente ha subito programmato un incontro con il procuratore Michele Dalla Costa, raggiunto dalla notizia mentre era impegnato in procura generale a Venezia. Più che raggiunto sarebbe meglio dire travolto, da una decisione che peserà soprattutto sul suo ufficio. Una procura che, lo denuncia da anni, è sguarnita nell’organico e carente di spazi. Per questo la prima mossa,
spiega, non può che essere quella di provare a frenare questo tsunami di carte e competenze in arrivo: «Valuteremo il dispositivo e se sia il caso di chiedere un conflitto di competenza. Ma se non bastasse dovremmo riorganizzarci. E’ chiaro che un solo magistrato non basta più e che De Bortoli dovrà essere affiancato da un magistrato di esperienza. Dovremo anche valutare se riunire tutto in un unico fascicolo».
C’è poi il problema degli spazi. Per le 2500 denunce per truffa era stata assegnata una stanza. Ora ne serviranno altre: «Immagino arriverà un fascicolo sdoppiato, quello del pubblico ministero e quello del giudice, con la conseguente valanga di documenti. Bisognerà reperire un luogo adatto dove sistemarli». E a gravare su tutto, il rischio prescrizione. «E’ difficile fare previsioni, senza sapere cosa arriverà – conclude il procuratore -. Nel 2015 ci siamo spogliati dell’inchiesta, su precisa richiesta della procura di Roma che ipotizzava determinati reati e che avrebbe dovuto svolgere indagini per quelli. E al momento non sappiamo cosa tornerà indietro e da dove dovremo ripartire».