L’allievo Pecchia ci riprova contro il maestro Spalletti
All’andata fu Inter, ora Pecchia e l’Hellas (ri)sfidano Spalletti
Sono sempre stati degli uomini in viaggio. Non sono cambiati, dal giorno in cui si incrociarono per la prima volta. Fabio Pecchia, aveva appena vinto lo scudetto con la Juventus, come rincalzo di lusso in una squadra che arrivò anche alla finale di Coppa dei Campioni, persa con il Real Madrid. Luciano Spalletti, era un allenatore in piena ascesa. La ribalta se l’era presa con l’Empoli, la sua «creatura», portata in Serie A e salvata a suon di bel gioco. Nell’estate del ‘98 Pecchia e Spalletti si trovarono sullo stesso palco: Genova, la Sampdoria.
Una nuova avventura in una città di marinai per loro due, gente di terraferma. Fabio di Lenola, fuori Latina, paese noto per aver dato i natali a Pietro Ingrao; Luciano di Certaldo, perla in provincia di Firenze da cui venne Giovanni Boccaccio. Non fu una storia alla Paolo Conte: nessuna Genova per noi, anzi. La Samp retrocesse con Spalletti esonerato e richiamato, mentre il dinamismo di Pecchia servì a poco in una stagione disgraziata. Il tonfo si materializzò a Bologna, dopo che Spalletti, tornato in panchina, aveva riaperto delle speranze di salvezza. Un rigore al 94’, trasformato dal compianto Klas Ingesson, fissò il pareggio per 2-2 e segnò il destino blucerchiato. Spalletti riprese dal Venezia, Pecchia dal Torino.
Nonostante un epilogo dolente, tra di loro è rimasta reciproca stima. Sabato si sfideranno a San Siro. L’Inter di Luciano, il Verona di Fabio. Spalletti che è diventato un tecnico seminale, tra gli ideatori dell’applicazione del 4-23-1 in Italia, Pecchia che è salito in A battagliando con l’Hellas e che, allo stesso modo, lotta per rimanerci. L’allievo duella con il maestro. All’andata, poco c’è mancato che non gli riuscisse di piazzare la sorpresa. Sotto per il gol di Borja Valero, il Verona si era ripreso, pareggiando su rigore con Giampaolo Pazzini. Fu una bordata di Perisic a stenderne le speranze. Pecchia aveva creato crucci notevoli a Spalletti, e altrettanto tenterà di fare al Meazza, inseguendo un risultato diverso: «Luciano Spalletti per me è un esempio e un punto di riferimento», spiega Pecchia. Se Rafa Benitez è il suo mentore, nel sancta sanctorum dei tecnici da cui ha appreso l’arte, insieme a Lippi, Guidolin, Zeman e Boskov, uno spazio ampio è riservato a Spalletti. Che, dal canto suo, non manca di mostrare il proprio apprezzamento per Pecchia: «Fabio è una bravissima persona, è stato un grande giocatore. Il suo Verona è una squadra tosta», disse prima della partita del Bentegodi. Complimenti reciproci, un abbraccio e via, nostromi nella tempesta per 90’: il copione della gara di San Siro è soltanto all’inizio.
Francesco Palmieri, attaccante che giocò in quella Sampdoria spallettiana di vent’anni fa con Pecchia, intervistato da La Gazzetta dello
Sport, ha avuto modo di ricordare il contatto con i due: «Spalletti era un giovane allenatore ma aveva idee precise. Si vedeva che era una grande persona con atteggiamenti anche duri e fisici, ma era onesto e brillante: Pecchia era sveglio, riflessivo, simpaticamente un professorino». Una lezione a Milano sarebbe il più gradito regalo di Pasqua per l’Hellas.