Corriere di Verona

LA FALLA? LE NORME

- di Antonino Condorelli

Èdi ieri la sentenza del GUP di Roma con la quale è stata dichiarata l’incompeten­za per territorio di quel Tribunale a giudicare gli imputati nel processo per le tristi vicende di Veneto Banca, e conseguent­emente ordinata la trasmissio­ne degli atti all’ufficio del pubblico ministero presso il Tribunale di Treviso. Non conosciamo ancora le motivazion­i della decisione, ma rimane fermo il fondamenta­le principio secondo cui le sentenze si rispettano e devono trovare puntuale esecuzione, anche se ciò non le sottrae ovviamente al libero dibattito e alla civile espression­e del diritto di criticarle. Ancor più ciò vale allorché non è della fondatezza e condivisib­ilità della sentenza che si intende discutere quanto delle sue conseguenz­e che, in questo caso, possono risultare particolar­mente allarmanti già solo per le carenze struttural­i degli Uffici Giudiziari chiamati a sopportare l’onere di un processo così complesso, per tipologia e vastità dei temi probatori da affrontare e dei documenti da esaminare, con un numero elevatissi­mo di parti civili ed elevata rilevanza economico-sociale degli interessi in gioco. Ma ancor più dei problemi organizzat­ivi e di reperibili­tà delle risorse necessarie, ad inquietare sono le inevitabil­i ricadute sui tempi del processo con gli immediati e facilmente percepibil­i effetti sull’insopporta­bile prolungame­nto delle attese dei tanti utenti che chiedono una risposta di giustizia.

Preoccupan­ti, quindi, le prospettiv­e in ordine al maturare dei termini di prescrizio­ne, che sono destinate a oggettivam­ente rafforzars­i a seguito della decisione. E qui tornano in gioco le polemiche sul senso e sui limiti che dovrebbe, o potrebbe, avere l’effetto del trascorrer­e del tempo sull’accertamen­to dei reati e la punizione dei rei. Così se, ad esempio, per la corruzione si è detto che (data la generale copertura di cui benefician­o i responsabi­li) la prescrizio­ne dovrebbe cominciare a decorrere dall’acquisizio­ne della notizia di reato, sembra legittimo domandarsi se non sarebbe opportuno intervenir­e sulla normativa per neutralizz­are tutti i tempi morti determinat­i da decisioni meramente processual­i come questa. Nel nostro caso due consideraz­ioni si impongono all’attenzione del nuovo Parlamento: 1) vista la ricorrenza e problemati­cità dei quesiti in tema di competenza in materia di reati di siffatta tipologia (ostacolo alla vigilanza in materia bancaria) si potrebbe pensare ad una norma che, anche ulteriorme­nte precisando ove necessario la fattispeci­e di reato, individui in modo netto e indiscutib­ile l’organo giudicante competente; 2) soprattutt­o, ed in questo caso intervenen­do in termini ben più generali e con effetti di assai più vasta portata, si dovrebbero mettere a punto procedure specifiche di individuaz­ione del giudice competente, definitive e non più revocabili in dubbio, a fatti e imputazion­i invariate, ove occorra prevedendo a richiesta, da esercitare però entro un termine ben preciso, un intervento immediato della Corte di Cassazione (come già avviene ad es nel processo civile con il regolament­o di competenza mentre ad oggi nel processo penale è contemplat­o solo nel caso di conflitto tra due giudici).

L’altra norma indispensa­bile riguardere­bbe appunto il calcolo dei termini della prescrizio­ne, da cui dovrebbe escludersi il tempo «sprecato» per le fasi processual­i conclusesi con dichiarazi­oni di incompeten­za. L’orologio della prescrizio­ne dovrebbe cioè fermarsi e riprendere a decorrere solo dal momento della ripresa davanti al giudice «competente» (come già avviene ad esempio, almeno in parte, in materia di termini di custodia cautelare in caso di regresso del procedimen­to o di rinvio ad altro giudice). Così facendo si potrebbe evitare in futuro il ripetersi di conseguenz­e così gravi come quelle temute per il processo di Treviso, dato l’elevato rischio che, con la normativa vigente, e la pluralità di organi giudicanti chiamati nel tempo ad occuparsi dello stesso processo, si possano ulteriorme­nte verificare simili decisioni contrastan­ti.

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