Tangenti sui defunti Quindici anni ai cellisti
Mazzette, caso chiuso con 5 patteggiamenti. Mini risarcimento alle ditte
(la.ted.) Il «pizzo» VERONA sui defunti all’obitorio di Borgo Roma? Finché non sono stati scoperti e tratti in arresto, ai 5 addetti alle celle mortuarie fruttava in una tangente, un’«entrata extra», al giorno. Ieri, invece, nel giorno della sentenza pronunciata dal gup Giuliana Franciosi quel giro di mazzette è costato complessivamente ai cellisti poco meno di 15 anni di reclusione. Tutti, in aula, hanno scelto e ottenuto di patteggiare: verdetto alla mano, 3 gli anni concordati tra difese e accusa (il pm che ha condotto l’inchiesta è il sostituto Valeria Ardito) per gli imputati Davide Franchini, Romolo Risegato e Claudio Gastaldelli; 2 anni e 11 mesi per Alberto Colombini; infine 2 anni e 10 mesi per Marco Dal Dosso. Quest’ultimo ha versato una donazione all’Abeo, associazione bambini emopatici oncologici, dell’ammontare di 5 mila euro e ha inoltre risarcito in solido con 320 euro alcune aziende concusse. Affrontando un rito ordinario di giudizio, gli imputati rischiavano un conto ben più salato: la pena base prevista per il reato di concussione, infatti, è di sei anni di reclusione. Di qui la generale scelta difensiva messa in atto ieri da parte dei legali Luca Tirapelle, Giuliasofia Aldegheri, Monica Rizzi, Roberto Bussinello, Cristiana Ciurli. Gravi, del resto, le accuse contestate dalla procura: alle celle mortuarie di Borgo Roma pare vigesse un vero tariffario e, per ottenere la disponibilità della cappella da cui far partire la salma, la «farina» da versare era pari a 25 euro, invece per avere lo sbiancante e non trovare il defunto con la carnagione ingiallita servivano 20 euro. Pare che i cellisti si trasmettessero persino il testimone se uno veniva trasferito o andava in pensione: «Ah, è lo stesso, non c’è problema sai, io ti lascio il testimone e ti arrangi tu, l’eredità». Ai 5, tutto ciò fruttava in media una tangente, un’«entrata extra», al giorno: dal 4 al 17 maggio del 2017, calendario alla mano, le telecamere nascoste installate per le indagini dalla polizia giudiziaria al Policlinico hanno immortalato tredici «dazioni di farina». E se una ditta di onoranze funebri non entrava negli ingranaggi del giro illecito allestito dalla combriccola «allora - se la ridevano nelle intercettazioni ambientali - la prossima volta trotta...e scatta anche il gesto dell’ombrello». Nel gergo in codice coniato dai cellisti, la «farina » era la mazzetta, «l’obolo», il versamento in nero che un’impresa funebre doveva pagare ai cinque per «trovare la salma in ordine». Secondo l’accusa, per le ditte funebri «non c’era alternativa se non quella di attenersi alla prassi in vigore da molti anni» in quanto «presso il modulo cella salme di Borgo Roma era esistente una situazione di coartazione sotto forma di minaccia implicita e sicuramente frutto dell’abuso delle proprie funzioni da parte degli imputati i quali percepivano le somme versate dagli impresari in modo indebito e non dovuto».