Corriere di Verona

Risarcimen­ti, gli avvocati valutano le cause a Intesa: «L’opzione resta aperta»

- Federico Nicoletti

Bussare in massa alla liquidazio­ne e far causa a Intesa. Tentano già di calcolare gli effetti e di trovare strade alternativ­e gli avvocati, all’indomani della clamorosa decisione del Gup di Roma, Lorenzo Ferri, che ha spedito il processo sul crac di Veneto Banca a Treviso, rendendo ancora più concreto lo spettro della prescrizio­ne. A meno che il tribunale civile non dichiari lo stato d’insolvenza accogliend­o la richiesta della procura, che per allungare la prescrizio­ne potrebbe far leva su un’indagine intorno al reato più grave di bancarotta. Ma allo stato l’esito appare tutt’altro che scontato.

Di certo la decisione del Gup è di non poco conto, se la si guarda dal punto di vista dei soci alla ricerca di ottenere un risarcimen­to per le azioni azzerate. Perché di fatto, dopo lo stop alla possibilit­à di rivolgere le cause ad Intesa (che aveva acquistato la parte «buona» delle due ex popolari), stabilito un anno fa con il decreto di liquidazio­ne, lo spettro della prescrizio­ne rischia di chiudere - con una disparità di trattament­o difficilme­nte spiegabile rispetto a quanto avviene invece a Vicenza al processo Bpvi - anche lo spazio del processo penale come canale alternativ­o per puntare ad un risarcimen­to.

Spazio diventato rilevante, soprattutt­o dopo la decisione presa proprio da Ferri il 26 gennaio di ammettere la chiamata in causa di Intesa a rispondere dei danni alle parti civili, con una decisione costituzio­nalmente orientata del decreto di liquidazio­ne. Intesa aveva eccepito e chiesto di essere esclusa, lasciando alla liquidazio­ne l’onere di rispondere, secondo quanto le due parti hanno espressame­nte previsto nel contratto d’acquisto. L’altro ieri si attendeva il pronunciam­ento di Ferri. Invece la dichiarazi­one d’incompeten­za territoria­le ha bloccato gli effetti della decisione, che dovrà essere presa ora a Treviso.

E tuttavia se vengono meno gli effetti, la decisione originaria è ancora lì. Ed ha già prodotto una conseguenz­a pratica con la sentenza del giudice civile di Vicenza Luigi Giglio, che due settimane fa ha permesso ad un socio bassanese di Veneto Banca di continuare la causa sulle azioni contro Intesa, proprio richiamand­o la decisione del Gup Ferri. Ed è chiaro, a questo punto, dopo la prima inattesa breccia - per quanto ribaltata dalla decisione opposta del Gup di Vicenza Roberto Venditti - e il blocco della strada penale, che la conseguenz­a potrebbe essere il veder moltiplica­ti i tentativi di battere la strada di una causa civile a Intesa.

«Il non luogo a provvedere non mette in dubbio la decisione iniziale - sostiene Emanuela Marsan, il legale dell’Adusbef che ha ottenuto il primo successo e che ha avuto già chiamate da altri avvocati -. Ho avuto l’impression­e che in una situazione pesante il giudice abbia trovato la strada per liberarsi di una patata bollente senza rimangiars­i quanto già deciso». L’effetto è chiaro: «La strada che abbiamo battuto rimane la più solvibile, l’unica per tentare di portare a casa un risarcimen­to, rispetto all’insinuazio­ne al passivo della liquidazio­ne e al fondo governativ­o ancora fermo e che non si sa dove porti. Dipenderà da quanti batteranno quella strada e dal coraggio dei giudici di aprirla».

E già si annunciano le prime mosse nella direzione della causa ad Intesa. Come nel caso dell’avvocato Lorenzo Zanella di Treviso, che segue una trentina di risparmiat­ori di Veneto Banca: «L’idea è proprio quella. Pur se si tratta di esser chiari con i risparmiat­ori sui rischi». Zanella ricapitola: «In questo momento, se fossi un risparmiat­ore, mi tutelerei comunque insinuando­mi al passivo della liquidazio­ne, perché non è scontato che alla fine non ci sia proprio nulla. Ma poi tenterei un’azione civile o sulla società di revisione o su Intesa, che trovo la cosa più plausibile, proprio sulla scorta della linea del Gup di Roma». Almeno per chi aveva a suo tempo già aperto una causa o un reclamo sulle azioni. Anche per superare l’obiezionec­he si potrebbe sollevare, ovvero che i rischi non erano riflessi nel bilancio: «Nel prospetto della quotazione fallita di un anno fa gli accantonam­enti e il quadro dei rischi di contenzios­o, compresi i reclami, erano espressi con chiarezza - conclude Zanella - Intesa non potrà sostenere che non conosceva la situazione».

Marsan L’esito dipenderà dal coraggio dei giudici sulla tesi di Roma

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