Elena Donazzan: «Lega-Fi, si faccia il partito unico»
L’assessore regionale forzista Donazzan, domani alla cena dei «ribelli», invoca la fusione. «Mi chiamano da tutta Italia: stop ai soliti noti, va premiato il merito. Io tradita a Vicenza»
VENEZIA«Sarei contenta se ci fosse una semplificazione dei rapporti tra noi e la Lega. Basta inutili prove muscolari, facciamo un partito unico, a vocazione maggioritaria, di governo». Elena Donazzan, l’assessore forzista veneto nella fronda dei ribelli, parla alla vigilia della cena che riunirà a Milano gli «scontenti» del partito. «Se non invertiamo la rotta - spiega - il destino è segnato»
ancora. Il telefono Poi di nuovo. squilla. Squilla
riusciremo Avanti di questo neppure passo ad non iniziarla, «Mi questa chiamano intervista. da tutta Italia, da giorni. Lombardia, Piemonte, Campania, Lazio. Si è scatenato un putiferio e non so perché», allarga le braccia sorniona Elena Donazzan, assessore regionale al Lavoro, 45 anni vissuti «a destra», «un vero animale politico, tra i migliori» per stessa ammissione dei «compagni», come li chiama lei tradendo un po’ di nostalgico affetto. Donazzan, lei ha detto che il re è nudo. In Forza Italia.
«Ho fatto solo una domanda. Abbiamo perso tanti voti. I sondaggi ci dicono che continuiamo a perderne. Vogliamo capire perché, cercare delle soluzioni? O andiamo avanti così, felici di schiantarci?».
È per questo che domani sera, a Milano, si ritroverà a cena con gli altri «ribelli» azzurri, «gli arrabbiati»?
«Questa cena è stata travisata nel suo significato. Non c’è nulla di misterioso, nessuna fronda. Io e gli altri partecipanti ci conosciamo da tempo, abbiamo condiviso l’analisi del voto del 4 marzo e dopo esserci “incontrati” sulla stampa e al telefono, abbiamo deciso di vederci di persona. È un problema se in un partito si parla e ci si parla? Per me il problema sarebbe l’opposto».
Siete tutti consiglieri e assessori regionali, sindaci. L’altro volto di Forza Italia.
«Diciamo che siamo la Forza Italia abituata a misurarsi con le preferenze e ad affrontare le richieste del territorio. Io sono stata tra i pochi a tenere alta la bandiera di Forza Italia alle Regionali del 2015, quando c’era da giocarsela con Zaia, il Cristiano Ronaldo della politica, e noi eravamo “quelli di Galan & Chisso”». E il territorio che dice?
«Che siamo in una fase delicatissima e se non invertiamo la rotta, il destino è segnato. Alle Comunali di giugno, innanzitutto, dove sarà difficile convincere le persone a mettersi ancora in gioco per noi e con noi. A Padova siamo al 3,9%; a Verona al 3,4%: sono numeri da partito nazionale? E il prossimo anno ci sono le Europee, dove dovremmo pur spiegare la nostra linea politica verso Bruxelles, che però al momento non si sa quale sia. Ad esempio, possiamo continuare ad essere filoeuropeisti
Ci metto la faccia Mi faranno fuori? E perché mai? Dico quello che penso. Vogliamo capire che abbiamo perso oppure siamo felici di andare avanti così a schiantarci?
ad ogni costo? È miope non intercettare le critiche, più che legittime, che salgono dal popolo nei confronti dell’Ue».
Sembra di sentire parlare una leghista. Il partito unico è alle porte?
«Il partito unico esiste già nel nostro elettorato che ci vede amministrare bene insieme, in Veneto come in altre Regioni e in tante città, e non vuole vederci litigare. I temi sono gli stessi...». Le soluzioni mica tanto.
«Ci sono dei distinguo, né più e né meno come ci sono sempre stati nei grandi partiti tra le correnti, che non sono il male ma il sale della politica».
E Lega Italia sia, quindi.
«Sarei contenta se ci fosse una semplificazione dei rapporti tra noi e la Lega. Basta inutili prove muscolari, facciamo un partito unico, a vocazione maggioritaria, di governo. L’Italia non è più quella del 1994 e neppure quella dell’11 settembre 2001; è spaccata a metà, Nord e Sud viaggiano a due velocità e parliamoci chiaro, il Nord se l’è preso la Lega e il Sud se lo sono presi i Cinque Stelle. In un quadro come questo, come ci poniamo, che assetto ci diamo?».
Dicono che l’elettorato moderato non voterebbe mai un partito a trazione salviniana.
«Il nostro elettorato di riferimento, il famoso “ceto medio”, non c’è più. E se c’è, non ci vota. Di che stiamo parlando?». Quali sono le ragioni del declino?
«Sono due. La prima è che il nostro messaggio politico non è stato adeguato alle nuove esigenze di cui le parlavo». Insomma, è vecchio. «Sì, è vecchio».
La seconda...
«È che, come al solito, abbiamo messo al centro dell’azione e dell’attenzione solo Berlusconi, che come sempre ha fatto il possibile e l’impossibile ma non può più bastare. Sul territorio ci sono tante forze ma le stiamo dilapidando: lei sa quanti quadri bravissimi del partito ci stanno abbandonando per la Lega? Salvini ha iniziato a fare incetta al Sud, sta risalendo al Centro e presto arriverà al Nord».
Se non si dà loro una chance, come accaduto con le liste delle Politiche, c’è di che capirli. Che ne pensa dei parlamentari all’ennesima legislatura pluricandidati qui e lì?
«Non parlo delle persone ma del metodo: è stato totalmente disatteso il messaggio di cambiamento dato da Berlusconi un anno fa, quando chiese metà volti della società civile e metà volti del territorio. Io stessa avevo avanzato dei nomi, non li hanno manco presi in considerazione». Ritiene che Forza Italia le
abbia mancato di rispetto nella querelle sulla candidatura a sindaco di Vicenza?
«Sì. A me personalmente ma anche ai tanti che da subito avevano manifestato consenso attorno al mio nome. Il danno è stato fatto all’immagine del partito. Dobbiamo riprenderci Vicenza, che in questi dieci anni è stata amministrata da uno bravo, Variati, uno che è riuscito a mettere la città al centro della scena politica nazionale da presidente delle Province. Per quattro volte sono stata eletta in Regione, dicono sia brava come assessore, mi sono messa a disposizione per quello che sarebbe stato un approdo naturale per me. E invece niente. Con un danno doppio, se vuole, perché è chiaro che io qui sono un tappo. In Forza Italia è tutto bloccato da anni, anche per questo il partito non cresce. E intanto a Vicenza il centrodestra resta diviso e rischiamo di perdere». Non teme di essere messa alla porta?
«E perché mai? Dico quel che penso, ci metto la faccia e la firma e sto raccogliendo un malumore che, in tutta onestà, non pensavo fosse così forte e diffuso. Molti, anche ai vertici, la pensano come me, ma non hanno il coraggio di dirlo. Mettere a tacere il dissenso vorrebbe dire perdere l’occasione per una riflessione profonda, per togliere il partito dal binario morto in cui si è infilato. Riportiamo un po’ di verità e di normalità in Forza Italia».