Pozzi e la solitudine di Cassandra
Al Camploy il monologo interpretato dall’attrice con il contributo di Massimo Fini
Nell’ambito della prosa in abbonamento ottavo e ultimo appuntamento al Teatro Camploy, stasera alle 20.45, con la rassegna L’Altro Teatro. In programma «Cassandra site specific», monologo diretto e interpretato da Elisabetta Pozzi con musiche originali di Daniele D’Angelo, drammaturgia della stessa Pozzi con il contributo di Massimo Fini. Lo spettacolo, che grande successo avevo riscosso alla scorsa Estate Teatrale Veronese, è prodotto dal Teatro Scientifico - Teatro/Laboratorio nell’ambito del progetto Femminiletrapassatopresente ideato da Isabella Caserta.
Pensato come un site specific che ogni volta «abita» i luoghi che lo ospitano adattandosi a essi, è uno spettacolo mutante e cangiante. Elisabetta Pozzi ha lavorato molte volte sul personaggio di Cassandra, sempre scoprendone sfumature e significati. Figlia di Ecuba e Priamo, re di Troia, Cassandra è una delle figure più profondamente tragiche del mito greco. Fu sacerdotessa nel tempio di Apollo, che, secondo la versione più nota, per guadagnare il suo amore, le donò la dote profetica. Cassandra però rifiutò di concedersi a lui: adirato, il dio le sputò sulle labbra e con questo gesto la condannò a restare sempre inascoltata.
Cassandra è quindi il simbolo di una conoscenza sconfinata ma inutile, ed è relegata a una solitudine tragica. Il testo s’ispira al mito antico e moderno, da Omero, Euripide e Seneca a Christa Wolf, Wislawa Szymborska e Ghiannis Ritsos e racconta la storia della profetessa troiana sottolineandone la grande modernità. L’epilogo, che si avvale del contributo di Massimo Fini, vede la profetessa leggere il futuro dell’uomo moderno, incapace di porsi dei limiti, intrappolato nella tela che si è costruito e ormai condannato a restarne prigioniero. Daniele D’angelo ha creato per lo spettacolo un accompagnamento musicale originale: suoni e musica che si fondono con il testo.
Elisabetta Pozzi si è formata alla scuola del Teatro di Genova. Ha iniziato a recitare adolescente interpretando piccoli ruoli in diversi spettacoli, fino al debutto, a fianco di Giorgio Albertazzi che la scelse come protagonista, ne Il fu Mattia Pascal, pièce tratta dall’omonimo romanzo di Luigi Pirandello. Ha affrontato un universo di personaggi femminili particolarmente complessi, portandoli in scena grazie a regie tese a valorizzarli incentrando spesso l’intero dramma o l’azione scenica su di loro. Per le sue interpretazioni è stata insignita di quattro Premi Ubu, due premi della critica e il Premio E. Duse. Per il cinema interpreta varie pellicole tra cui «Maledetto il giorno che t’ho incontrato» di Carlo Verdone grazie al quale ha ricevuto un David di Donatello nel 1992 come miglior attrice non protagonista.