Vigna di Lugana, storia che diventa libro (e mostra alla Biblioteca Capitolare)
Il colore dorato dei campi e quello dei canneti negli specchi d’acqua del Garda. Tutto nella terra di Lugana ricorda quel vino che nelle zone a sud del lago di Garda si beveva e si dava in dono all’imperatore e che è stato valorizzato negli anni dall’intuizione dello scrittore (ed esperto di enogastronomia, e tanto altro ancora) Luigi Veronelli e soprattutto dalla famiglia Zenato, che dal 1960 gestisce una cantina a San Benedetto di Lugana, frazione di Peschiera del Garda. Di questo vino dalla spiccata mineralità oggi si producono 15 milioni di bottiglie, in gran parte destinate all’estero (si arrivano a punte del 70-80 per cento). Veronelli e la famiglia Zenato hanno capito che, contrariamente a quello che era sempre successo, questo non è un vino da bere a pochi mesi dalla vendemmia ma ha nel sua Dna la proprietà di essere longevo e di maturare negli anni. Il Trebbiano di Lugana, vitigno autoctono che ne è alla base, è sempre stato radicato nel territorio a sud del lago di Garda.
Al vino, al suo territorio e alla famiglia che da più di 50 anni lo coltiva è stato dedicato un libro in italiano e inglese («Nell’oasi della Lugana l’anima di Zenato», edizioni Biblos, 211 pagine, 30 euro), che è stato presentato ieri nella Biblioteca Capitolare alla presenza del sindaco Federico Sboarina che ha portato i saluti «di una città - ha detto - che ha l’Arena e il centro storico il suo fulcro ma che non può prescindere dal territorio che lo circonda». All’incontro erano presenti gli autori della pubblicazione, lo storico Bruno Avesani, il giornalista Cesare Pillon e Francesco Radino, fotografo da cinquant’anni, autore delle immagini del libro che sono state stampate per la mostra fotografica inaugurata ieri sera e aperta fino al 25 aprile in Capitolare. Le immagini, quasi dei dipinti, nell’intenzione dell’artista, «trasmettono emozioni che dagli occhi arrivano fino al cuore».
L’incontro, introdotto dal prefetto della Capitolare monsignor Bruno Fasani e moderato dal caporedattore centrale del Corriere della
Sera Luciano Ferraro, ha rappresentato un’occasione per raccontare la storia di un territorio che per secoli è stata una «selva lucana» un bosco sacro, circondato da monasteri di cui rimangono i toponimi San Benedetto e Santa Cristina.
Il vino, come ha ricordato Ferraro, citando Veronelli, «porta con sé la sua anima. E quello nato dalle mani di chi possiede la terra è migliore». E la famiglia Zenato possiede questa terra praticamente da sempre. Per Nadia Zenato, che col fratello Alberto porta avanti la cantina fondata dal padre Sergio, «questo libro e questa mostra celebrano una terra che negli anni Sessanta papà percorreva come ambasciatore e interprete. Volevamo condividere le emozioni di questo territorio che, non a caso, nel libro abbiamo chiamato oasi, dove si trova l’anima della nostra famiglia». Questo è il quarto volume dei libri dedicati al territorio scaligero pubblicati da Biblos e voluti dalla famiglia veronese.
Nadia Zenato «Volevamo condividere le emozioni di questo territorio che nel libro chiamiamo oasi»