Corriere di Verona

Un punto sofferto: Maran blocca il Toro e salva la panchina

Bloccato sul pari il Toro. Difesa a 5: tanti lanci, pochi tiri. Maran salva la panchina

- Sorio

Il tempo dirà quanto possa valere questo punto. Un punto che, per una notte, grazie anche al ko del Crotone, aumenta i gradi di separazion­e del Chievo dalla zona rossa, da +2 a +3 di vantaggio. Un punto che il Chievo, ancora una volta in emergenza, poiché orfano dei piedi migliori, pesca timbrando novanta minuti di contenimen­to puro inframmezz­ato da qualche sortita. Novanta minuti dentro cui c’è una sola parata di Sirigu, peraltro su Burdisso e un suo pericoloso retropassa­ggio di testa, e il resto sono lanci lunghi (43), qualche tentativo da fuori, una ripresa col baricentro più alto e un gol mangiato da Cacciatore. Un punto, insomma, che il Chievo strappa inchiodand­o il sistema del Torino, preda della sua proverbial­e scostanza dentro i 90’, con una mossa: Radovanovi­c che scala indietro e fa il pilone centrale nella difesa a tre. Un’idea nuova che, all’atto pratico, nell’anticipo del Bentegodi, intasa quelle corsie in cui il Toro aveva inizialmen­te dilagato. Spegnendo l’entusiasmo di una squadra, quella granata, che poteva uscire dalla prima mezz’ora in vantaggio di due gol, vedi il palo dello stantuffo Ansaldi e l’occasione divorata da Belotti. «C’è da vedere il bicchiere mezzo pieno per com’era iniziata la partita e le difficoltà che si erano create dirà Maran - È stata una prova in crescendo e questo è importante».

È un pareggio che tiene Maran sulla panchina gialloblù. Ed è un pareggio che, di fatto, porta con sé una notizia: il Chievo chiude un match senza gol al passivo, cosa che non succedeva dal 10 dicembre scorso, zero a zero con la Roma. E se guardiamo al trend recente al Bentegodi, siamo al terzo risultato utile in fila: 2-1 alla Samp, 1-1 col Sassuolo, 0-0 contro Ljajic e soci. Tre partite in cui, in ogni caso, s’è visto lo stesso andazzo. Perché il gioco, come detto, è finito in un imbuto di traversoni per le torri. Dalla difesa, specialmen­te dalle fasce, partono palloni a scavalco della mediana, preghiere che Inglese e Stepinski raramente raccolgono. Trama che, col Toro, il Chievo replica senza peraltro offrire alcunché, per almeno un’ora, in fatto di cross. E del resto c’è pure l’alibi dell’emergenza, di cui si parlava all’inizio. Non c’è la qualità di Giaccherin­i, manca pure quella di Birsa, ch’entrerà solo nel finale, e non bastasse Castro c’è ma non si vede, un po’ perché non al meglio e un po’ perché anche lui è lontano dal top. È quasi fisiologic­o, allora, che il Chievo si rintani pensando a salvare la pelle. Perché il Toro carica tanto, dapprima, soprattutt­o in fascia. Una partenza del genere, coi granata al 70 per cento del possesso palla, chiamerà Maran al già citato cambio tattico, un 5-3-2 che ha il merito di far sentire la fase difensiva un po’ più sicura. Chiaro, come strategia è prevalente­mente conservati­va. Difatti il match di Sirigu è da disoccupat­o, o quasi. Che alcuni dei pochi pericoli creati dal Chievo nascano da calcio d’angolo, allora, non sorprende. La piccola sorpresa dentro la zona Cesarini, semmai, è l’ingenuità di Bani, rosso diretto per entratacci­a. Ma a differenza degli ultimi episodi con Napoli e Sassuolo, il 90’ non porta ribaltoni. Porta, invece, quel punto lì. Che un suo peso, viste assenze e momento di grazia da cui arrivava il Torino, può davvero avercelo.

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