Corriere di Verona

Mantovani: «All’inizio eravamo uniti ma dopo il 4 marzo è cambiato tutto»

- di Gian Maria Collicelli Gian Maria Collicelli © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Novantacin­que giorni VICENZA candidato. Poco più di tre mesi in corsa per Palazzo Trissino, col sogno di provare a diventare primo cittadino di Vicenza, passando per la presentazi­one ufficiale, gli incontri, le strette di mano. Ma anche le dimissioni da presidente dell’Ordine degli avvocati di Vicenza, il tempo rubato alla sua profession­e di legale, una serie di critiche piovute da esponenti degli stessi partiti che lo sostenevan­o (Forza Italia e Lega) e di fronte alle quali non si è mai scomposto. E pure ora che non è più in corsa, Fabio Mantovani, 55 anni, mantiene il suo aplomb. I 95 giorni da candidato (poi sconfessat­o) sono «un costo personale», che però annovera fra le «esperienze di vita» per aver pagato sulla

propria pelle le (in)decisioni politiche: «Un caos così nessuno aveva mai visto. Ma guardo al lato positivo».

Mantovani, quale sarebbe il lato positivo di un candidato che si dimette dopo dopo tre mesi di campagna elettorale?

«L’aver conosciuto molte persone, anche valide. E’ una cosa che conserverò gelosament­e. Io sono fatto così, vedo

le cose positive e non quelle negative, altrimenti in questi mesi avrei parlato in tutt’altro modo». Si aspettava che la sua corsa potesse finire così?

«Sinceramen­te no. Di certo non me l’aspettavo quando sono stato presentato (ride, quasi a stemperare la tensione accumulata in tre mesi ndr). In quel momento la coalizione mi sosteneva compatta. Poi sono

iniziati i primi refoli d’aria, le prime critiche, e il 4 marzo scorso il vento è cambiato». In che senso?

«L’esito delle elezioni politiche ha segnato l’ascesa della Lega e sono scoppiate una serie di tensioni dappertutt­o. Ho vissuto momenti positivi e altri meno. Poi è arrivata la batosta finale». A quale si riferisce?

«Quando è stato approvato il documento della Lega cittadina in sostegno di un altro candidato (venerdì scorso, ndr). In quel momento ho capito che la mia corsa era finita. Erano cose che sapevo già, ma che in quello stesso momento è stato chiaro che c’era avallo superiore e dunque che la fiducia nei miei confronti era venuta meno. E’ una scelta legittima, non la contesto, ma allora non ero più il candidato dei due partiti. Penso che il valore aggiunto della mia candidatur­a potesse essere il fatto di essere un candidato civico sostenuto da una coalizione di partiti, visto che non sono iscritto ad alcuna realtà. Se questo però non viene percepito come un valore, me ne sto a casa».

Nella sua nota sostiene di aver capito molte cose da questi tre mesi da candidato. Per esempio?

«Ho conosciuto tanti militanti che con abnegazion­e fanno il proprio lavoro, mossi da determinat­i ideali. Poi però nei giochi fra partiti questi ideali vengono un po’ a cadere».

Su di lei sono piovute molte critiche. Come mai non si è voluto dimettere prima?

«Bisogna dimostrare di avere una certa schiena dritta. Che candidato sarei stato se mi fossi dimesso al primo problema? Mi avrebbero additato come la persona sbagliata. E’ una questione di dignità e io credo di averla dimostrata». Si aspettava un comportame­nto diverso dai partiti?

«Mi sarei aspettato che una volta fatta una scelta questa fosse definitiva e invece ho imparato sulla mia pelle che di definitivo, in politica, non c’è nulla». La cosa più negativa, per lei, in questi mesi?

«Solo coloro che non mi conoscono hanno dato dei giudizi negativi sulla mia persona. E a volte questa può essere una scelta di comodo, ma guardo avanti». Qual è stato il costo personale della sua candidatur­a?

«Ci sono sempre costi e benefici. Ma la scelta di dimettermi da presidente degli avvocati l’ho fatta di mia spontanea volontà. Ho voluto essere trasparent­e e presentarm­i come persona realmente civica, mi pareva il minimo».

Qualche rimpianto? «Mai guardarsi troppo indietro».

Da neofita del mondo politico, che idea si è fatto del centrodest­ra vicentino?

«Penso che debba trovare una sua identità, purtroppo è molto condiziona­to dalla politica nazionale, che in questo momento significa la formazione del Governo. Ma l’elezione a sindaco è un’altra cosa».

 Ho capito che era finita quando la Lega cittadina ha firmato il sostegno a un altro candidato. In quel momento è stato chiaro che c’era avallo superiore

 Mi sono dimesso tardi? Bisogna dimostrare di avere una certa schiena dritta. Che candidato sarei stato se mi fossi dimesso al primo problema?

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L’ultimo abbraccio Matteo Salvini e Fabio Mantovani dieci giorni fa a Lonigo,

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