Competence center da 10 milioni Un terzo dei fondi dai partner privati
Il piano: utili per 1,3 milioni in 3 anni. Dughiero: «Non sarà come Veneto Nanotech»
PADOVA Si parte. Il consiglio di amministrazione dell’Università di Padova ha approvato ieri la delibera con cui autorizza l’ateneo a far da capofila alla costituzione del Competence Center chiamato Smact (sta per «Social network, mobile platforms & Apps, advanced analytics and big data, cloud e
internet of things») e a trasmettere la domanda al ministero per lo Sviluppo economico. Non appena si avrà il via libera di Palazzo Chigi, dunque, il sistema che mette in rete le università e i centri di ricerca triveneti nell’ambito della concretizzazione del programma «Industria 4.0» nel Nordest italiano, lo Smact sarà il riferimento dei Digital Innovation Hub e comincerà a lavorare.
Per sommi capi, cioè, a fornire servizi di consulenza alle imprese intenzionate ad accelerare sul piano della digitalizzazione per un periodo sperimentale di tre anni, in cui di fatto lo stesso Smact si potrà considerare una Startup, mentre, nei progetti, dal quarto anno in poi sarà impresa matura ed autonoma. Il piano economico-finanziario indica un costo totale nel triennio di 10,8 milioni di euro di cui 4,6 ci si attende corrisposti a fondo perduto dal Ministero. I partner privati individuati, le cui identità saranno note nelle prossime ore (e che vengono chiamati «provider tecnologici» per le capacità di fornire supporti particolarmente evoluti nel trasferimento di know how) aggiungeranno altri 3,6 milioni in denaro e attraverso i servizi offerti e, infine, le università e i poli di ricerca, ossia i dieci «partner pubblici»( fra cui, oltre agli atenei, ci sono anche la Fondazione Bruno Kessler di Trento, l’Istituto di Fisica nucleare di Padova e la Scuola superiore di studi avanzati, di Trieste ) collaboreranno con 900 mila euro.
L’«Università di Padova, in considerazione del suo ruolo di leader scientifico e di capofila del progetto della sua dimensione e delle sue competenze nelle tecnologie in ambito Industria 4.0 – si legge nella delibera - può impegnarsi a cofinanziare Smact fino ad un importo massimo di 100 mila euro l’anno». In sostanza la parte di stipendio dei 73 docenti di 7 dipartimenti che dedicheranno al competence center il 10% del tempo. Se tutti gli impegni fossero confermati lo schema prevede per il competence center un utile cumulativo di 1,3 milioni di euro in tre anni.
A gestirlo, spiega Fabrizio Dughiero, il prorettore che ha seguito dall’inizio la partita di Industria 4.0, sarà un cda di cinque componenti (per legge dimensione massima di un board per compagini miste pubblico-private) in cui due saranno in rappresentanza dei privati. Per quanto riguarda la struttura operativa, aggiunge, «pensiamo ad una organizzazione molto snella che sappia gestire una rete di università. Non carrozzoni da 50 dipendenti ma, al massimo, 5-7 persone. Oltre ad eventuali altri addetti che si aggiungerebbero se il lavoro dovesse crescere più del previsto. Personale specifico che avrà contratti con retribuzioni in parte fisse e in parte variabili sulla base dei risultati portati».
Nessuna analogia, assicura Dughiero, con la sventurata esperienza di Veneto Nanotech: «Allora si usarono i finanziamenti pubblici per acquistare strutture e strumentazioni e assumere decine di dipendenti senza poi riuscire a rendere profittevole la macchina, perché non si cercò quasi di andare sul mercato a cercare clienti. Il nostro caso è opposto: quello che ci serve lo abbiamo già e non ci limiteremo certo ad aspettare che arrivi qualcuno a chiedere i nostri servizi». Oltre alla struttura fissa, lo Smact potrà contare su un Comitato tecnico scientifico per le attività «verticali» di orientamento, formazione e ricerca e di rapporti con i partner industriali.