Corriere di Verona

INFRASTRUT­TURE IL DOPPIO ERRORE

- di Paolo Costa

E’ stato presentato a Roma qualche giorno fa il volume (A. Bergantino et al., Connettere

l’Italia) che documenta «visione del futuro, programmi, progetti e risorse, investite e impegnate» che hanno segnato i tre anni di gestione Delrio del Ministero delle Infrastrut­ture e Trasporti. Esercizio esemplare di rendiconta­zione democratic­a dell’attività di un ministero che ogni giorno si occupa sia della produzione delle infrastrut­ture sia della gestione del loro sottoinsie­me rilevante per la mobilità di persone e merci. Il libro documenta il tentativo di cambiare - ancora una volta - le regole del gioco (nuovo codice degli appalti), di «connettere l’Italia», rivedendo il parco progetti infrastrut­turali prioritari (project review) e di conquistar­si, nonostante i vincoli di finanza pubblica, quote crescenti di risorse necessarie a rendere più sostenibil­e il trasporto in Italia: con la «cura del ferro» (più treno meno strada) e con la «cura dell’acqua» (più trasporto marittimo). Moltissime cose buone. Tessere eccellenti, che però si combinano in un mosaico che non lo è altrettant­o, per i difetti tipici di una casa costruita dal tetto, anziché dalle fondamenta, per l’urgenza, si diceva, di far ripartire i cantieri e, non si diceva, di esercitare una sorta di «sovranismo di fatto», poi rimasto orfano della mancata approvazio­ne del referendum costituzio­nale del 4 dicembre 2016. E’ un dato di fatto che i cantieri non siano ripartiti e che il nuovo codice degli appalti si sia dimostrato intempesti­vo e sovraccari­cato di obiettivi. Intempesti­vo, perché il cambio di cavalli - la sostituzio­ne delle vecchie regole - in mezzo al guado non poteva non rallentare l’attraversa­mento del fiume della «grande recessione». Cavalli del nuovo codice ai quali è stato poi chiesto di caricarsi del compito sia di semplifica­re il procedimen­to sia di farlo divenire più impermeabi­le alla corruzione: obiettivi sacrosanti, ma difficilme­nte perseguibi­li confondend­o nell’Anac la regolazion­e degli appalti con la lotta al malaffare. Il risultato è che oggi ogni appalto viene trattato come fonte potenziale di corruttela da combattere eliminando ogni discrezion­alità anche «da buon padre di famiglia» delle stazioni appaltanti comunque con appesantim­enti burocratic­i. Urge correzione radicale. Ma, passando dal metodo al merito, apprezzabi­le il voler «connettere l’Italia». Ma «quale Italia?» e «quali connession­i?» Domande alle quali si continua a dare risposte - priorità infrastrut­turali - più adatte all’Italia di ieri che a quella proiettata al 2030.

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