Corriere di Verona

Infrastrut­ture il doppio errore

- SEGUE DALLA PRIMA Paolo Costa

L’ Italia di oggi produce ed esporta più dal Nordest che dal Nordovest. Ha un Mezzogiorn­o che si sta trasforman­do da periferia d’Europa a centro del Mediterran­eo. Esporta ormai più nel resto del mondo che nella Unione europea.

Una Ue che ha comunque spostato ad Est e nei Balcani il baricentro dei suoi mercati in espansione e un resto del mondo fatto di Mediterran­eo orientale e mar Nero e, soprattutt­o, di centralità asiatica, oggi, e africana, domani.

Un quadro nel quale se la «geografia è destino», come ama ripetere Graziano Delrio, l’Italia ha bisogno di liberarsi del freno della obsolescen­za geografica delle sue reti di trasporto, quelle costruite quando il motore nazionale stava a Nordovest, il Mezzogiorn­o era periferia da recuperare all’Europa, e l’America del Nord era il mercato che dominava il mondo. E di farlo aggiungend­o la funzione «globale» di catena logistica privilegia­ta nel collegare l’Europa con l’oltre Suez asiatico.

Oggi occorrono più porti che valichi, più Adriatico che Tirreno, più manifattur­a portocentr­ica meridional­e rivolta al Mediterran­eo. Magari valorizzan­do la disponibil­ità cinese a puntare logisticam­ente sull’Italia a partire da quella Venezia che continuano ostinatame­nte ad indicare come terminale occidental­e della via della Seta. Di tutto questo vi è scarsa traccia in una lista di priorità infrastrut­turali nata da un esercizio, di fatto, di «arbitrio del principe» corroborat­o dall’appoggio corporativ­o degli incumbent (i gestori dei nodi e delle reti di oggi) e applicato a una «project review» delle proposte di ieri, non preceduta da una «planning review» (revisione di piani e programmi). Che pure il nuovo codice degli appalti aveva immaginato, rimettendo a fondamenta di ogni processo strategico quel Piano generale dei trasporti e della logistica (PGTL), che la stagione della «legge obiettivo«» aveva depotenzia­to.

Incongruen­ze che viste dal Nordest, ma anche dal nuovo «triangolo industrial­e» (Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto) appaiono macroscopi­che. Da correggere con il PGTL, promesso ma non avviato: il solo «luogo» nel quale il sistema Paese – e il Nordest in prima fila - avrebbe potuto (potrà?) far emergere le sue reali necessità e dettare le linee per un adeguament­o radicale della rete (archi e nodi)nazionale delle infrastrut­ture di trasporto capace di superare l’obsolescen­za tecnica e geografica che la affligge.

Il prossimo round di politica delle infrastrut­ture di trasporto deve partire da qui.

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