Infrastrutture il doppio errore
L’ Italia di oggi produce ed esporta più dal Nordest che dal Nordovest. Ha un Mezzogiorno che si sta trasformando da periferia d’Europa a centro del Mediterraneo. Esporta ormai più nel resto del mondo che nella Unione europea.
Una Ue che ha comunque spostato ad Est e nei Balcani il baricentro dei suoi mercati in espansione e un resto del mondo fatto di Mediterraneo orientale e mar Nero e, soprattutto, di centralità asiatica, oggi, e africana, domani.
Un quadro nel quale se la «geografia è destino», come ama ripetere Graziano Delrio, l’Italia ha bisogno di liberarsi del freno della obsolescenza geografica delle sue reti di trasporto, quelle costruite quando il motore nazionale stava a Nordovest, il Mezzogiorno era periferia da recuperare all’Europa, e l’America del Nord era il mercato che dominava il mondo. E di farlo aggiungendo la funzione «globale» di catena logistica privilegiata nel collegare l’Europa con l’oltre Suez asiatico.
Oggi occorrono più porti che valichi, più Adriatico che Tirreno, più manifattura portocentrica meridionale rivolta al Mediterraneo. Magari valorizzando la disponibilità cinese a puntare logisticamente sull’Italia a partire da quella Venezia che continuano ostinatamente ad indicare come terminale occidentale della via della Seta. Di tutto questo vi è scarsa traccia in una lista di priorità infrastrutturali nata da un esercizio, di fatto, di «arbitrio del principe» corroborato dall’appoggio corporativo degli incumbent (i gestori dei nodi e delle reti di oggi) e applicato a una «project review» delle proposte di ieri, non preceduta da una «planning review» (revisione di piani e programmi). Che pure il nuovo codice degli appalti aveva immaginato, rimettendo a fondamenta di ogni processo strategico quel Piano generale dei trasporti e della logistica (PGTL), che la stagione della «legge obiettivo«» aveva depotenziato.
Incongruenze che viste dal Nordest, ma anche dal nuovo «triangolo industriale» (Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto) appaiono macroscopiche. Da correggere con il PGTL, promesso ma non avviato: il solo «luogo» nel quale il sistema Paese – e il Nordest in prima fila - avrebbe potuto (potrà?) far emergere le sue reali necessità e dettare le linee per un adeguamento radicale della rete (archi e nodi)nazionale delle infrastrutture di trasporto capace di superare l’obsolescenza tecnica e geografica che la affligge.
Il prossimo round di politica delle infrastrutture di trasporto deve partire da qui.