Corriere di Verona

Virtus a due punti dalla promozione «Tornare in C era il mio chiodo fisso»

Il presidente-allenatore Fresco: «Giocheremo al Gavagnin, il mio tempio»

- di Francesco Barana

«Quattro anni fa retrocedem­mo VERONA dalla C2 alla D per un punto. Da allora ho vissuto con un chiodo fisso: tornare tra i profession­isti».

Gigi Fresco sospira. Un po’ è lo jogging – il presidente-allenatore della Virtus di Borgo Venezia sta corricchia­ndo per le strade di San Felice Extra mentre ci richiama – ma molto sono i pensieri. A tinte chiare di un’attesa emozionant­e.

La sua Virtus, a due giornate dalla fine del girone C della serie D, è prima a +5 dal Campodarse­go. Il sogno anelato è a un passo. L’obiettivo agognato è lì a mezzo centimetro: «Mettiamola così, ora possiamo buttarlo via solo noi questo campionato». E questa volta, dovesse essere promozione, sarà più bello di cinque anni fa, quando la Virtus raggiunse la storica C2 attraverso i play off. «Questa volta sarebbe serie C unica, dunque la vecchia C1. Se me lo aspettavo? Ci speravo, ma non eravamo i favoriti. Nel girone avevamo corazzate come l’Arzignano Chiampo e il Campodarse­go. E noi abbiamo perso i nostri due grandi acquisti: Trinchieri, infortunat­o da dicembre a oggi, e Momentè del Modena, che era già nostro e non siamo riusciti a tesserare. Per il resto non abbiamo fatto pazzie. La verità è che i ragazzi stanno compiendo un’impresa fantastica». In queste ore nella testa di Fresco, 57 anni, che in Borgo Venezia è nato e vive, rimbalzano aneddoti, ricordi, immagini: «Penso a mia madre, 83 anni, che per tanti anni mi ha supportato facendo la cuoca in ritiro, la mia segretaria e lavando e rappezzand­o le maglie. Penso ai miei collaborat­ori storici, il vicepresid­ente De Paolis e il ds Zuppini. E penso ai ragazzi retrocessi immeritata­mente quattro anni fa. Ringrazio loro e Mirko Zatacchett­o, un dirigente che ha dato tanto per noi. Ecco, questa promozione sarà dedicata a loro».

Fresco è un’anomalia ed è il primo a saperlo. Caso forse unico di presidente che è anche allenatore. Caso raro di presidente-patron che non è imprendito­re. Ed è lì che il paragone con il Chievo della Paluani non regge: «Loro sono un modello, ma noi non abbiamo mai avuto quella forza. E loro arrivarono in C2 da ripescati».

Eppure in quel lontano 1982, quando l’allora ventunenne Fresco prese in mano i destini della Virtus, il disegno era già chiaro: «Eravamo in terza categoria e il mio obiettivo era arrivare nei profession­isti». Altra anomalia: per 25 anni, comprese le prime stagioni di serie D, la filosofia della Virtus è stata l’autarchia modello Athletic Bilbao. Squadre costruite da ragazzi del vivaio, nati e cresciuti in Borgo Venezia. «Oggi non è più possibile – dice Fresco – ma vogliamo comunque rimanere noi stessi e non diventare come gli altri. Prenda il nostro settore giovanile, rimane un fiore all’occhiello. Per me sarebbe più vantaggios­o comprare due giocatori anziché investire lì, ma non è il mio modo di pensare». La serie C non spaventa: «Siamo strutturat­i per rimanerci, non siamo una società ballerina. E a differenza di quattro anni fa potremo giocare al Gavagnin, rinnovato e ristruttur­ato. Quella è casa nostra. È’ il mio piccolo tempio».

Fresco Non siamo una società ballerina Strutturat­i per restare tra i «pro»

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In azione Alla Virtus manca un punto per andare in C
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