Virtus a due punti dalla promozione «Tornare in C era il mio chiodo fisso»
Il presidente-allenatore Fresco: «Giocheremo al Gavagnin, il mio tempio»
«Quattro anni fa retrocedemmo VERONA dalla C2 alla D per un punto. Da allora ho vissuto con un chiodo fisso: tornare tra i professionisti».
Gigi Fresco sospira. Un po’ è lo jogging – il presidente-allenatore della Virtus di Borgo Venezia sta corricchiando per le strade di San Felice Extra mentre ci richiama – ma molto sono i pensieri. A tinte chiare di un’attesa emozionante.
La sua Virtus, a due giornate dalla fine del girone C della serie D, è prima a +5 dal Campodarsego. Il sogno anelato è a un passo. L’obiettivo agognato è lì a mezzo centimetro: «Mettiamola così, ora possiamo buttarlo via solo noi questo campionato». E questa volta, dovesse essere promozione, sarà più bello di cinque anni fa, quando la Virtus raggiunse la storica C2 attraverso i play off. «Questa volta sarebbe serie C unica, dunque la vecchia C1. Se me lo aspettavo? Ci speravo, ma non eravamo i favoriti. Nel girone avevamo corazzate come l’Arzignano Chiampo e il Campodarsego. E noi abbiamo perso i nostri due grandi acquisti: Trinchieri, infortunato da dicembre a oggi, e Momentè del Modena, che era già nostro e non siamo riusciti a tesserare. Per il resto non abbiamo fatto pazzie. La verità è che i ragazzi stanno compiendo un’impresa fantastica». In queste ore nella testa di Fresco, 57 anni, che in Borgo Venezia è nato e vive, rimbalzano aneddoti, ricordi, immagini: «Penso a mia madre, 83 anni, che per tanti anni mi ha supportato facendo la cuoca in ritiro, la mia segretaria e lavando e rappezzando le maglie. Penso ai miei collaboratori storici, il vicepresidente De Paolis e il ds Zuppini. E penso ai ragazzi retrocessi immeritatamente quattro anni fa. Ringrazio loro e Mirko Zatacchetto, un dirigente che ha dato tanto per noi. Ecco, questa promozione sarà dedicata a loro».
Fresco è un’anomalia ed è il primo a saperlo. Caso forse unico di presidente che è anche allenatore. Caso raro di presidente-patron che non è imprenditore. Ed è lì che il paragone con il Chievo della Paluani non regge: «Loro sono un modello, ma noi non abbiamo mai avuto quella forza. E loro arrivarono in C2 da ripescati».
Eppure in quel lontano 1982, quando l’allora ventunenne Fresco prese in mano i destini della Virtus, il disegno era già chiaro: «Eravamo in terza categoria e il mio obiettivo era arrivare nei professionisti». Altra anomalia: per 25 anni, comprese le prime stagioni di serie D, la filosofia della Virtus è stata l’autarchia modello Athletic Bilbao. Squadre costruite da ragazzi del vivaio, nati e cresciuti in Borgo Venezia. «Oggi non è più possibile – dice Fresco – ma vogliamo comunque rimanere noi stessi e non diventare come gli altri. Prenda il nostro settore giovanile, rimane un fiore all’occhiello. Per me sarebbe più vantaggioso comprare due giocatori anziché investire lì, ma non è il mio modo di pensare». La serie C non spaventa: «Siamo strutturati per rimanerci, non siamo una società ballerina. E a differenza di quattro anni fa potremo giocare al Gavagnin, rinnovato e ristrutturato. Quella è casa nostra. È’ il mio piccolo tempio».
Fresco Non siamo una società ballerina Strutturati per restare tra i «pro»