I calciatori «per caso» dell’impresa Virtus
Il Gambia. Il deserto. Un barcone accidentato e raccogliticcio. Il mare. Il futuro da sperare e dopo, casomai, reinventare. Sheika Sibi oggi ha vent’anni e festeggia la storica promozione in serie C della Virtus, da domenica la terza squadra professionistica della città di Verona. Sibi da un paio di stagioni è il portiere del club di borgo Venezia, ma nemmeno tre anni fa era solo uno dei tanti migranti caricati su uno dei tanti barconi della tratta Libia-Lampedusa. «In Libia ci arrivai dopo migliaia di chilometri nel deserto. Lì trovai lavoro per pagarmi il barcone, ma ogni volta che era il mio turno mi rubavano i soldi e dovevo rimandare la partenza», racconta in un italiano ancora un po’ stentato, ma in via di miglioramento. Sibi, sbarcato in Italia ancora minorenne, gode di un permesso di soggiorno per motivi umanitari. Ora, diventando calciatore professionista, gli verrà rilasciato quello per lavoro. Alla Virtus fu segnalato nel 2016 dal centro di accoglienza di Costagrande in accordo con la Prefettura. L’aneddoto lo svela Luigi Fresco, che della società di borgo Venezia è patron, presidente e allenatore: «Ci parlarono di questo ragazzo. Venne da noi e capimmo subito che aveva grandi doti, sebbene non avesse mai giocato seriamente prima. Il resto lo ha fatto il lavoro del nostro preparatore dei portieri Massimo Costa che gli ha affinato la tecnica. Sibi è un portiere forte e un ragazzo d’oro. Le racconto questa: siamo a Belluno, due domeniche fa, per noi è la partita decisiva. Sibi ha un piccolo risentimento muscolare, roba di poco conto, solitamente un calciatore tace sul quel genere di cose. Invece lui me lo fa presente suggerendomi di mettere Riccardo Tosi, l’altro portiere, a sua volta molto forte». Sibi gioca e, per arrotondare, dipinge. Nel frattempo realizza sogni. Diventare professionista non era il solo. Sorride, Sibi: «Presto riabbraccerò mia mamma e i miei fratelli. Non li vedo da quando son partito, da tre anni. Torno in Gambia per qualche settimana, ho messo via qualche soldo per loro e devo scegliere i regali».
Un regalo se l’è fatto anche Domenico Danti, che della Virtus è centrocampista, domenica in gol nel 2-0 al Liventina che ha regalato ufficialmente la C: «Sono un calciatore rinato» sospira. Danti, 29 anni e una lunga carriera in C, ma con puntate anche in B con Vicenza e Reggina, nel 2015 fu squalificato un anno per il famoso Salernitana-Nocerina del 20 novembre 2014, in cui la Nocerina su pressione dei suoi tifosi (a cui era sta vietata la trasferta) fece mancare il numero minimo di giocatori in campo. «Avevo una carriera avviata, ma dopo ho passato momenti tribolati. Ero a terra. Poi la scorsa estate mi ha chiamato il ds Matteo Corradini spiegandomi cos’era la Virtus. All’inizio ero imbarazzato, il Gigi (Fresco, ndr) non vuole essere chiamato mister ma solo Gigi e io non riuscivo ad abituarmi. Poi trovavo strano che lui fosse anche il presidente. Ma devo ringraziarlo, come devo ringraziare l’assistente tecnico Mirko Zatacchetto. La Virtus è una famiglia, Gigi ha impostato la società in questo modo da più di trent’anni e non si snaturerà certo ora. La mia volontà è di restare, non c’è molta differenza tra D e C».
Parla di «gruppo indissolubile cementato dal carisma del Gigi» Federico Maccarone, 24 anni, di Villafranca, difensore per hobby e agente immobiliare di professione: «Stamattina (ieri ndr) dopo la serata di festa ho aperto l’ufficio come al solito. Sdoppiarsi è stressante, già in serie D ti alleni tutti i giorni. In C non cambierà granché sotto il profilo dell’impegno, ma sarà ancora più dura a livello mentale. Ci ho già giocato un anno e mezzo, tra Sud Tirol e Barletta, appena uscito dalla Primavera del Chievo. Allora avevo in testa di fare solo il calciatore. Poi a Barletta successe una brutta storia: mia madre si ammalò e chiesi di andarmene per riavvicinarmi a casa, ma la società scambiò la richiesta per un capriccio. Dalla delusione decisi di smettere e cominciai a lavorare. Poi mi chiamò il Gigi e approdai alla Virtus. Questo è il quarto anno. In C torno volentieri ma solo se sarà con la Virtus, altrimenti resto nei dilettanti. Voglio portare avanti il mio lavoro, che mi inorgoglisce. Molti miei coetanei si sentono già calciatori, io preferisco rimanere con i piedi a terra».