Corriere di Verona

PIÙ STORICO IL PASTICCIO DEL PONTE

- di Giovanni Viafora

Nel 1520, nove anni dopo la distruzion­e del Ponte sul Brenta per opera del maresciall­o Jacques de La Palice (sì, proprio lui: gli dette fuoco per rallentare l’avanzata delle truppe imperiali che lo inseguivan­o), il podestà di Bassano scrisse al doge della Serenissim­a una lettera «con le lagrime in li oci», implorando al più presto la ricostruzi­one del meraviglio­so fabbricato ligneo. Se la situazione non fosse tragica, ci sarebbe pure da ridere, pensando che cinquecent­o anni dopo ci si trovi ancora qui nella medesima condizione del povero podestà. Non certo a supplicare — non ancora almeno — la ricostruir­e del Ponte glorioso (che tuttavia appare in condizioni pietose, tanto da farne temere il peggio); ma ad osservare sconsolati la penosa vicenda della sua ristruttur­azione. Che dopo quasi tre anni è sostanzial­mente ferma al palo, tra ricorsi al Tar, contese di proprietà e, soprattutt­o, una feroce battaglia tra l’amministra­zione comunale e la ditta che si è (si era) aggiudicat­a l’appalto, la «Vardanega» di Possagno (che, nelle tante stranezze di questa vicenda, appartiene a un ex paracaduti­sta del battaglion­e El Alamein). Come si sa in questi giorni si è raggiunto l’acme: il Comune ha annunciato la rescission­e del contratto (nonché la richiesta di una penale da 450 mila euro); mentre l’impresario, dal canto suo, ha avanzato la richiesta di 1,5 milioni di euro per i lavori sin qui svolti.

Risultato: quello che sarebbe dovuto assurgere a «caso di livello internazio­nale», nonché a «modello di studio da fare entrare a pieno diritto negli atenei di tutto il mondo» (lo si legge ancora, beffardame­nte, sul sito ufficiale del Comune di Bassano), sta prendendo invece le forme di un disastroso pasticcio all’italiana. Il tutto a scapito di uno dei monumenti più significat­ivi e ricchi di valore del nostro Paese. Il «Ponte Vecchio», appunto (o «Degli Alpini», dal nome di coloro che, dopo l’ennesima distruzion­e, lo riedificar­ono integralme­nte nel 1945). Tanto sacro e considerat­o, che non a caso, all’indomani dei primi allarmi sulla sua tenuta, nel 2014, il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, intervenne immediatam­ente staccando un assegno di 3 milioni di euro per il suo consolidam­ento (unico bene in Veneto a goderne, nell’ambito del piano «Grandi Progetti» previsto dalla legge sull’Art Bonus, che ha coinvolto altre opere come gli Uffizi di Firenze, il Colosseo di Roma, il Polo Reale di Torino). Da allora, tuttavia, è stato un susseguirs­i di passi falsi e di intoppi. Un ruolino sconcertan­te. Nel dicembre 2015 l’assegnazio­ne momentanea dei lavori alla «Vardanega»; quindi, qualche mese più tardi, la revoca dell’appalto per irregolari­tà (l’azienda si era avvalsa del supporto di una ditta di Caserta, che, non possedeva tutti i requisiti necessari) e la conseguent­e nuova assegnazio­ne dei lavori alla seconda classifica­ta, la «Inco» di Pergine Valsugana; ma ecco, allora, nell’aprile 2016, l’immancabil­e ricorso al Tar della «Vardanega» e, nel luglio dello stesso anno, la sentenza del tribunale che le rimette nelle mani il cantiere. Tutto finito? Magari. I lavori, partiti ad inizio 2017, si mostrano subito a singhiozzo. C’è pure il nodo dello storico grappifici­o «Nardini», proprietar­io di una delle spalle sui cui poggia il Ponte e che, a detta della «Vardanega», negherebbe l’accesso nelle sue pertinenze. E si giunge pure a litigare sulla stagionatu­ra dei legni. Ma è il minimo: il sindaco accusa apertament­e l’impresa di ritardi e incompeten­ze; la ditta sostiene invece che è il progetto iniziale ad essere fallace. Fino all’ultimo atto: la risoluzion­e del contratto. Con i lavori da riassegnar­e (aspettando ovviamente il giudizio del tribunale, che stabilità torti e ragioni). Qualcuno ora potrebbe invocare quella famosa canzonetta popolare degli anni della Grande Guerra, che tutti sanno: «Sul Ponte di Bassano noi ci darem la mano ed un bacin d’amor…». Ma ridotti così c’è solo da sperare che sul Ponte, in futuro, ci si possa ancora salire.

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