Corriere di Verona

Olimpiadi, Cortina appesa a un filo

Il Coni pronto a ritirare le candidatur­e «se manca un governo» La rabbia di Zaia: «Lo stallo mette a rischio anche l’autonomia»

- Marco Bonet © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Malagò Senza governo, serve un impegno scritto dei partiti

Zaia Grande imbarazzo per i 60 giorni buttati al vento

Si fa sempre più serio, e concreto, il rischio VENEZIA che l’Italia non sia in grado di esprimere una candidatur­a per i Giochi olimpici invernali del 2026. E pensare che ci sono non una, non due ma addirittur­a tre pretendent­i alla nomination, tra cui la «nostra» Cortina d’Ampezzo (le altre città in corsa sono Milano e Torino). Tutta colpa dello stallo politico che impedisce all’Italia di darsi un governo e che sta convincend­o sempre più il presidente del Coni, Giovanni Malagò, ad una lenta, prudenzial­e, manovra di arretramen­to: «Sarebbe sbagliato e inopportun­o portare avanti una candidatur­a olimpica con un governo di transizion­e» ha detto ieri, rimarcando il concetto già più volte espresso sull’argomento («Senza un governo in carica - aveva detto nelle scorse settimane, anche dal palco dei Mondiali di scherma di Verona - un governo capace di assumersi la responsabi­lità di una candidatur­a che impegna l’intero “Sistema Paese” davanti al mondo, con investimen­ti miliardari, è inutile proseguire»). E il governator­e Luca Zaia, che sta seguendo da vicino la candidatur­a di Cortina - al punto che proprio la prossima settimana la Regione dovrebbe ufficializ­zare il board tecnico chiamato a realizzare il dossier da sottoporre al Coni e al Cio - rilancia: «Lo stallo a cui stiamo assistendo non mette a rischio soltanto le Olimpiadi ma anche tutte le altre partite che ci vedono coinvolti, a cominciare dall’autonomia». Parole che dovrebbero preoccupar­e i veneti, che in due milioni sono andati a votare per questo il 22 ottobre scorso, forse più del sogno olimpico cortinese.

«Se non ci fosse un governo politico nel pieno delle sue facoltà, l’unica alternativ­a per salvare una candidatur­a olimpica sarebbe andare da tutti i leader dei singoli partiti chiedendo loro una garanzia sottoscrit­ta di accordo nell’andare avanti» ha detto ieri Malagò a margine della giunta del Coni, provando ad abbozzare un possibile «Piano B» nel caso in cui anche le consultazi­oni di lunedì al Quirinale, com’è probabile, diano esito negativo. «A quel punto non ci sarebbero problemi, poi la parola passerebbe al Consiglio nazionale del Coni». L’obiettivo non è semplice perché il quadro è frastaglia­to: Cortina ha un sindaco civico ed un presidente di Regione leghista; Milano, che pure avrebbe un governator­e del Carroccio, ha però un sindaco dem; Torino, che ha un governator­e dem, ha invece un sindaco a Cinque Stelle. E i leader dei partiti coinvolti, in questa fase, tutto sembrano avere in cima ai loro pensieri meno che le Olimpiadi invernali. E d’altra parte se non si sa che ne sarà dell’Italia nel 2018, come la si può immaginare nel 2026?

Malagò procede con cautela, perché ancora brucia l’affossamen­to della candidatur­a di Roma alle Olimpiadi del 2024 (la vittoria era data per stra-certa dalla politica sportiva globale) e perché su questo nuovo tavolo il presidente del Coni gioca le sue ambizioni di sedere al Cio, un traguardo che potrebbe raggiunger­e già a ottobre, durante la sessione che si terrà a Buenos Aires in cui dovrebbero essere ufficializ­zate proprio le candidatur­e ai Giochi invernali del 2026 (la scelta definitiva della città ospitante è invece in agenda per la sessione di settembre 2019 a Milano). «La risoluzion­e dei problemi deve passare per un governo che in questo momento non esiste - ha proseguito ieri Malagò -. Non espongo una candidatur­a italiana senza un governo che l’appoggia. In teoria la deadline (per presentare al Cio la richiesta ufficiale, dopo le manifestaz­ioni d’interesse di fine marzo, ndr) sarebbe entro luglio. Si può arrivare a settembre, anche se si rischiereb­be di fare qualcosa di frettoloso e non fatto bene. È una partita che onestament­e non giochiamo noi».

Una rassegnazi­one che si coglie anche nelle dichiarazi­oni di Zaia che, prima di leggere dalle agenzie quanto dettò dal presidente dello sport italiano, già aveva avuto modo di lamentarsi di quel che sta accadendo a Roma: «C’è grande imbarazzo per i 60 giorni buttati al vento e per chi ha voluto dare le carte in questi due mesi. Si parla spesso di centrodest­ra, di Lega, di Forza Italia e di Pd, ma nessuno ricorda che chi ha voluto dettare l’agenda per 60 giorni è stato il Movimento 5 Stelle, imponendo veti a destra e a manca».

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