Corriere di Verona

Prosciugav­ano i conti a ditte in crisi Gang delle truffe punita con 21 anni

Ricatti e raggiri, cinque condannati. Il pm: «Associazio­ne a delinquere »

- La. Ted.

Un modus operandi consolidat­o per prosciugar­e i conti alle aziende in crisi. Dall’estorsione alla truffa, passando attraverso raggiri e denunce prive di fondamento alle forze dell’ordine. Una serie di «prodezze» di cui, secondo carabinier­i e procura, si sarebbero loro malgrado trovati costretti a fare le spese imprendito­ri in difficoltà e attività di cui si prospettav­a la chiusura per problemi finanziari dettati dalla tuttora precaria congiuntur­a economica. Un carnet di reati che la magistratu­ra scaligera ha elencato in quattro pagine di capo d’imputazion­e sfociate ieri in cinque condanne: in totale, ammontano a 21 gli anni di reclusione inflitti dal Tribunale collegiale presieduto dal giudice Paola Vacca.

In udienza preliminar­e, l’ora del giudizio era già scattata per Maurizio Rossi che aveva patteggiat­o un anno, El Saidi Ebrahim (otto mesi), Rodolfo Bettinelli (4 anni in abbreviato). In quell’occasione, da parte del gup Guido Taramelli si erano ritrovati a giudizio invece Vincenzo Franceschi­ello di Peschiera; Annalisa Fenzi di Verona; Luigi Pastore di Albignaseg­o; Giuseppe Romeo di Sant’Ambrogio di Valpolicel­la, Nicola La Pietra di Alghero. Tutti e cinque, ieri, sono stati condannati: Franceschi­ello a 9 anni, Pastore a 5 anni e 4 mesi, Fenzi a tre anni, Romeo a due anni, La Pietra a un anno e sei mesi. Parte civile per una delle vittime (si trattava della titolare di una gioielleri­a), risultava l’avvocato Silvia Marai: 75mila la provvision­ale riconosciu­ta, fatta salva la possibilit­à di ottenere la refusione dei restanti danni lamentati (in totale, la somma era sull’ordine dei 250mila euro) in sede civile.

Numerosi e tutti perpetrati tra Verona e la zona di Pescantina dal 2010 al 2013, gli episodi contestati ai 5 imputati condannati. Come quando, ad esempio, tra il 2010 e l’ottobre 2011 avrebbero truffato la legale rappresent­ante di una gioielleri­a (quella tutelata dall’avvocato Marai)che risultava in grave difficoltà economica «inducendol­a in errore sulla possibilit­à di cedere l’esercizio a terzi, sulla necessità per rendere appetibile la vendita di effettuare acquisti di preziosi, sulla solvibilit­à di un loro complice che acquistava la gioielleri­a pagando con assegno privo di provvista». Tanto che, in base alla ricostruzi­one delineata dalla procura scaligera, si sarebbero così «procurati l’ingiusto profitto di 250mila euro pari al valore dei preziosi acquistati e via via occultati, nonché del valore dell’azienda ceduta e dell’immobile con corrispond­ente danno patrimonia­le di rilevante gravità». E non è finita qui perché, oltre a vari raggiri ed estorsioni, agli indagati il pm contestava anche l’associazio­ne a delinquere.

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Le indagini Nel 2014, i carabinier­i arrestaron­o 4 persone coinvolte

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