I killer dell’oste vogliono sconti e libertà
Delitto Castellani, la banda chiede l’abbreviato.Ma il pm: «Agirono senza pietà»
La notte tra il 27 e il 28 settembre 2016, pur di «fare la bella vita in Italia» e comprarsi «una bella macchina», non esitarono a picchiare a morte un indifeso ristoratore di 76 anni. Ieri, alla loro prima «uscita» in tribunale dove li attendeva il via all’udienza preliminare per l’omicidio volontario di Luciano Castellani a Marano di Valpolicella, i sei romeni sotto accusa hanno chiesto per voce dei rispettivi legali sia sconti di pena che, in due casi, addirittura la libertà.
Nella notte tra il 27 e il 28 settembre 2016, pur di «fare la bella vita in Italia» e comprarsi «una bella macchina», non esitarono un attimo a picchiare a morte un indifeso ristoratore di 76 anni.
Ieri mattina, alla loro prima «uscita» in tribunale dove li attendeva l’esordio dell’udienza preliminare per l’omicidio volontario di Luciano Castellani a Marano di Valpolicella, i sei romeni sotto accusa hanno chiesto per voce dei rispettivi legali sia sconti di pena che, in due casi, addirittura la libertà. Davanti al giudice Giuliana Franciosi, che ha poi aggiornato la seduta al mese prossimo, la banda al completo ha infatti avanzato l’istanza per il giudizio con rito abbreviato: assistiti (tra gli altri) dagli avvocati difensori Paolo Pellicini e Federico Lugoboni, gli imputati puntano quindi a ottenere lo sconto di un terzo sull’ammontare delle pene finali. Due di loro (l’unica donna, la sola ai domiciliari, e uno dei cinque detenuti) hanno inoltre sollecitato il gup a concedere la revoca, o comunque l’alleggerimento, delle attuali misure cautelari a loro carico.
Per l’accusa, in aula, è intervenuta ieri il pm Elisabetta Labate, che alla prossima udienza prenderà la parola per prima pronunciando la propria requisitoria. Stando alla sua ricostruzione, i soldi della vittima (il «Ciano») furono l’unico movente della spietata gang romena che, quella notte sfociata un anno e mezzo fa nel sangue, fece irruzione nell’appartamento dell’anziano oste, massacrandolo di botte. Quando scattarono i soccorsi, Castellani giaceva ormai agonizzante sul suo letto, legato, incapace di muoversi, stremato da percosse, bastonate, calci, pugni. Morì poco dopo e la caccia ai colpevoli partì immediatamente. Ma non si trattò di un’indagine agevole, tutt’altro: mesi di intercettazioni e ricerche, per un lavoro che impegnò senza tregua carabinieri e procura. Alla fine, il cerchio si chiuse attorno a quei sei romeni, di cui 5 accusati dell’omicidio volontario e della rapina mortale, più la donna chiamata in causa unicamente per averli spalleggiati. Accuse da ergastolo, quelle contestate a Constantin Negrescu, Ion Nicolae, Marian Florin Suteanu, Florian Diaconu, Eugen Negrescu. Con loro è imputata anche Daniela Bulitete, a cui è contestata la sola rapina. Per il pm, i romeni «hanno usato violenza contro Castellani percuotendolo in più parti del corpo, tra cui volto, collo, capo, legandogli le mani con fascette adesive, rovistando nella sua camera», con una violenza «idonea e diretta in modo non equivoco ad impossessarsi dei beni e denaro». All’anziano ristoratore, già vittima di un assalto criminale mesi prima, «spaccarono le ossa e bloccarono le mani con fascette adesive per impedirne la difesa». Fino ad ammazzarlo senza pietà.