Corriere di Verona

I bersaglier­i a San Donà il più giovane ha 20 anni «Il sogno che si avvera»

- di Mauro Zanutto

SAN DONA’ DI PIAVE (VENEZIA) «Scegliere di essere bersaglier­e significa far parte di una specialità unica al mondo; significa avere prestanza fisica; è una vocazione che si ha da sempre». Lo dice il veneto Luca Mozzato, 20 anni, che nel 2017 ha deciso di arruolarsi volontario nell’11° Reggimento Bersaglier­i di stanza a Orcenico Superiore di Zoppola (Pordenone). E’ uno dei più giovani bersaglier­i a partecipar­e a «Piave 2018», il 66° Raduno nazionale che si concluderà domani a San Donà. Nonostante la giovane età, il ragazzo non ha avuto dubbi sulla propria scelta di vita. La «ferma prefissata» di un anno gli permetterà di partecipar­e ad attività nazionali di sicurezza sul territorio a basso profilo di rischio.

Successiva­mente potrà proseguire per altri due anni e poi scegliere la «ferma prefissata» di 4 anni, solo ultimato questo percorso potrà partecipar­e a tutte le attività dell’esercito. Ma nel frattempo il cuore del giovane di Campagna Lupia palpita per la sua prima adunata nazionale insieme a 20mila bersaglier­i, tra una folla di 100mila persone previste lungo i quattro chilometri di percorso che attraverse­rà il Piave. Pronto per la parata? Ha lucidato il cappello piumato?

«Certo, è un sogno che si avvera, è un orgoglio essere qui come soldato e con i bersaglier­i di ieri, è un orgoglio anche per la famiglia che sarà qui a vedermi».

Ma perché un giovane dovrebbe scegliere l’esercito e perché proprio i bersaglier­i?

«Fare il soldato è sempre stato un mio sogno e la mia famiglia sa bene quanto volessi questa vita, tanto che non ha mai ostacolato questa scelta. Ho scelto i bersaglier­i perché arruolano persone di una certa prestanza fisica, superiore rispetto ad altre specialità. Ebbene, dopo aver superato le prove fisiche per l’arruolamen­to, ho capito che avrei potuto avere l’onore di essere un bersaglier­e».

Quindi oggi, come nella lunghissim­a storia dei bersaglier­i, dovete saper correre veloci? Tutto ciò nonostante guerre sempre più «tecnologic­he»?

«Come nell’idea del fondatore Alessandro La Marmora, nell’Ottocento, i bersaglier­i dovevano svolgere qualsiasi attività anche senza l’aiuto di altre persone, dovevano saper cogliere di sorpresa il nemico e sconfigger­lo. La velocità, il coraggio, la prestanza fisica erano valori imprescind­ibili, che nel tempo si sono mantenuti e ancora oggi distinguon­o il bersaglier­e».

Gli amici o le persone che incontra come rispondono dopo aver saputo che lei è un bersaglier­e?

«Sono un po’ stupiti e alcuni non lo capiscono, ma ripeto: servire la patria è una vocazione che si ha dentro. La specialità del bersaglier­e è unica al mondo, un orgoglio esserlo. E’ un sentimento che ti cresce dentro».

Campagna Lupia confina con Camponogar­a, paese in cui viveva Matteo Vanzan, il lagunare morto a Nassiriya. Lui serviva la patria, oggi non è più tra noi.

«Personalme­nte non lo conoscevo, purtroppo questo rischio fa parte del nostro mestiere. Vorrà dire che, come compaesano, porterò avanti la sua scelta di servire la patria». Punta alla carriera nell’esercito?

«Certo, ma non come ufficiale. Vorrei invece essere un soldato operativo, sul territorio»

Il suo obiettivo?

«Non vedo l’ora di partecipar­e a missioni all’estero. L’ho sempre sognato e adesso che sono bersaglier­e lo desidero ancora di più». Quali mansioni svolge un bersaglier­e?

«Dobbiamo essere veloci sul territorio ed essere buoni tiratori. Usiamo mezzi pesanti da combattime­nto, come il Dardo, ma anche compatti come la Lince, che è un blindato più leggero».

Ha la fidanzata?

«Ancora non c’è ma penso che la mia anima gemella amerà questa profession­e». Davvero non ha rimpianti per la sua decisione?

«No, questa è una scelta di vita e il decalogo nato con il corpo ci rende orgogliosi di essere bersaglier­i. Ci insegna il rispetto, l’obbedienza, l’onore e l’amore per la patria».

Luca Servire la patria è una vocazione che ho da sempre. Un orgoglio e un onore

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