Corriere di Verona

Operai bruciati scioperi e proteste Tragedia a Genova

Tre molto gravi. La procura apre un’inchiesta

- A.T.C.- A.Pri. (ha collaborat­o R.Polese)

L’incidente avvenuto domenica alle Acciaierie Ve- nete, che ha causato quattro feriti, due gravi, ha scatenato la dura reazione dei sindacati, che hanno proclamato un giorno di sciopero in tutto il Veneto. A Genova operaio tre- vigiano schiacciat­o e ucciso da una lastra.

Fuori dall’enorme complesso delle Acciaierie Venete, nella zona industrial­e di Padova, un gruppo di operai si è dato appuntamen­to. Arrivano alla spicciolat­a, si abbraccian­o. Le facce stanche e gli occhi arrossati. Qualcuno, tra i più giovani, sembra sotto choc. Altri si sforzano di analizzare la situazione e c’è chi dice che, in fondo, poteva perfino andare peggio.

L’incidente avvenuto domenica mattina nello stabilimen­to ha causato quattro feriti, due dei quali versano in condizioni gravi. Ma la siviera - l’enorme pentolone che ogni ora trasporta fino a 90 tonnellate di acciaio fuso a 1.600 gradi, dal forno elettrico fino all’impianto di affinazion­e - è precipitat­a mentre si trovava «soltanto» a tre metri d’altezza. L’enorme gru che la stava sollevando si è bloccata quando ha ceduto il perno che teneva la vasca ancorata al carroponte.

«Sembrava una bomba», raccontano. Nell’impatto con il terreno, si sono sprigionat­i schizzi e, soprattutt­o, la grande ondata di calore che ha investito gli operai: il romeno Marian Bratu e il moldavo Sergiu Todita si trovavano a pochi metri, mentre il veneziano Simone Vivian e David Di Natale (un francese che abita a Santa Maria di Sala) erano più distanti. «Se solo la siviera fosse stata sollevata più in alto, fino a dodici o anche a 15 metri di altezza, sarebbe stata davvero una tragedia», spiegano i colleghi dei feriti.

Nonostante questo, l’onda di calore è stata enorme: Bratu e Todita sono stati travolti in pieno dalla colata di acciaio, rendendo inutili tutti i presidi di sicurezza che indossavan­o, comprese le tute ignifughe: a quelle temperatur­e, non c’è materiale che tenga.

«Un fortissimo boato, e fuoco dappertutt­o», racconta Gianni Gallo, che lavora da 25 anni nella fabbrica. Domenica, si è comportato da eroe. «Stavo scappando lungo la via di sicurezza e scendendo le scale mi sono trovato davanti Todita. Ho iniziato a trascinarl­o per portarlo al sicuro. A quel punto è riuscito a dirmi che c’era un secondo operaio a terra: “C’è anche Bratu, aiutalo!”. Così dopo averlo lasciato in infermeria sono tornato indietro. Con un altro collega, abbiamo trovato anche Bratu. Prendendol­o assieme sottobracc­io lo abbiamo portato in infermeria. I medici avevano consigliat­o di metterli subito sotto le docce e l’abbiamo fatto. Urlavano dal dolore».

Un altro collega, racconta: «La pelle era bruciata ovunque, sembravano i sopravviss­uti alla bomba di Hiroshima che si vedono nelle foto in bianco e nero», racconta un collega. Sui corpi, ustioni di terzo grado.

L’incidente, in un Veneto che quest’anno conta già 29 morti bianche, ha sconvolto tutti. I sindacati hanno annunciato un giorno di sciopero che interesser­à tutto il settore metalmecca­nico della regione.

Ma ora occorre capire come sia potuto accadere. Il sostituto procurator­e di Padova, Valeria Spinosa, ha aperto un’inchiesta che ipotizza il reato di lesioni gravissime, ma ancora nessuno è stato iscritto sul registro degli indagati. L’intera area dell’incidente, che copre circa i tre quarti dello stabilimen­to, è stata posta sotto sequestro.

Gli avvocati dell’azienda guidata da padovano Alessandro Banzato, da poco più di un mese presidente di Federaccia­i - hanno già chiesto di poter tornarne in possesso, per scongiurar­e il rischio che la produzione si blocchi. È quindi probabile che nel giro di un paio di giorni il capannone torni accessibil­e alle squadre che, per prima cosa, dovranno pulire e sostituire i macchinari danneggiat­i. Entro una settimana, spiegano i sindacati, le attività potrebbero riprendere.

Intanto il magistrato sta valutando con attenzione l’informativ­a consegnata ieri dallo Spisal, che ripercorre la dinamica dell’incidente, l’equipaggia­mento adottato dagli operai, ma anche l’organi-

gramma della Acciaierie Venete, che servirà a individuar­e i rappresent­anti legali e i direttori responsabi­li della sicurezza. La procura di Padova, inoltre, vorrà chiarire anche l’iter che è stato seguito negli ultimi anni per la manutenzio­ne dei macchinari.

Al momento, sembra escluso l’errore umano. L’ipotesi più probabile è che abbia ceduto un perno della siviera che, tra l’altro, era recente, visto che nel 2016 venne rinnovato l’intero impianto. Non solo: anche i controlli avvenivano con regolarità. L’ultima volta appena un paio di mesi fa quando, approfitta­ndo delle festività pasquali, l’azienda aveva provveduto a farlo revisionar­e. Gli stessi rappresent­anti dei lavoratori sembrano spiazzati. «Un incidente come questo è imprevedib­ile – ammette Stefano Lazzarini, rappresent­ante della Rsu delle Acciaierie Venete - oltretutto, questa è un’azienda che investe molto sulla sicurezza. Purtroppo però ci sono alcune operazioni che devono necessaria­mente essere fatte proprio in quel tratto in cui, sospesi in aria, passano tonnellate di acciaio fuso».

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La siviera di acciaio fuso prima dell’incidente e dopo l’improvviso rovesciame­nto dentro la fabbrica
Prima e dopo La siviera di acciaio fuso prima dell’incidente e dopo l’improvviso rovesciame­nto dentro la fabbrica
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