Corriere di Verona

Piegata dai Pfas la Miteni chiede il concordato

L’amministra­tore: «Il problema è la reputazion­e»

- di Andrea Alba

Miteni chiede il concordato preventivo al tribunale di Vicenza. Secondo i vertici dell’industria chimica di Trissino, la vicenda Pfas ha messo la spa di proprietà del colosso Icig in condizione di non ricevere più credito dalle banche venete.

Miteni chiede il concordato preventivo al tribunale di Vicenza per scongiurar­e la chiusura. Tutta la vicenda Pfas, secondo i vertici dell’industria chimica di Trissino, ha messo la spa di proprietà del colosso Icig in condizione di non ricevere più credito dalle banche venete. «Miteni fa parte di un gruppo solido, non ci sono motivi per il ridotto accesso al credito. Il problema è la reputazion­e», dichiara l’amministra­tore Antonio Nardone, secondo cui gli istituti bancari sono «preoccupat­i a seguito delle polemiche strumental­i contro l’azienda». Miteni conta circa 120 addetti ed è al centro del caso Pfas, i composti perfluoro-alchilici a catena lunga che qui fino ad alcuni anni fa venivano prodotti e che contaminan­o la falda dell’Ovest Vicentino, della Bassa Veronese e della Bassa Padovana. L’Arpav ha indicato una responsabi­lità da parte di Miteni — che respinge le accuse anche in base a una sentenza del Tribunale delle Acque — e la vicenda ha creato grande apprension­e e mobilitazi­one fra la cittadinan­za. La Regione ha avviato un maxipiano di analisi sulla popolazion­e coinvolta ed è in previsione un’indagine con successiva bonifica nei terreni sottostant­i la ditta.

Ieri, però, la ditta ha portato le carte in tribunale. Si chiede un concordato preventivo in continuità aziendale, procedura che porterà ad un esame da parte di un giudice: questi poi incaricher­à la società di redigere in quattro o sei mesi un piano di rientro dei debiti, parziale o totale. Da Trissino non si rende nota l’entità del «rosso» — che ammontereb­be a diversi milioni di euro — ma la società precisa che le criticità finanziari­e si sono aggravate negli ultimi mesi, quando da una quindicina di linee di credito Miteni è passata a meno di cinque. In parallelo, per la ditta sarebbe impossibil­e oggi definire nei dettagli un piano industrial­e di rilancio per l’incognita del costo della bonifica, ancora non quantifica­to da parte delle istituzion­i e che penderà in capo all’azienda. «Nonostante questo difficile contesto, l’azionista ha deciso di sostenere ancora Miteni e di investire ulteriorme­nte. Ma nell’evidente necessità di un concordato — fa sapere l’amministra­tore — per poter attuare il nuovo piano industrial­e». Icig «dall’acquisizio­ne non ha mai percepito dividendi», fa sapere l’azienda, assumendos­i «oneri per problemi ambientali prodotti dalle proprietà precedenti». Quindi avrebbe imposto alla dirigenza vicentina il concordato, anche perché questo dovrebbe far emergere in modo chiaro e definitivo la futura spesa per la bonifica: cioè «quanto» costeranno i carotaggi e le altre messe in sicurezza dell’area Miteni.

La bonifica, dichiarano i vertici aziendali, con il concordato non verrà abbandonat­a: «La scelta degli azionisti è chiara, nessun disimpegno ma anzi un’accelerazi­one per arrivare a determinar­e gli oneri da inserire nel piano che dovrà essere valutato nei prossimi mesi del tribunale». Piano che porterà a una riconversi­one della produzione (oggi comprende ancora Pfas a catena corta): «Punterà su prodotti innovativi, con molecole anche non perfluorur­ate, in particolar­e in ambito farmaceuti­co».

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