Corriere di Verona

Chiama i compagni: «Legata e costretta ad abortire da papà»

- Enrico Presazzi

«Ci vediamo tra una settimana». Ma a Verona, da febbraio, nessuno l’ha più vista. Interrotti i contatti con gli amici e i compagni di classe. Fino a qualche settimana fa. Quando Sara (nome di fantasia) , 20enne di origini pakistane residente da tempo con i familiari in riva all’Adige, ha ripreso a scrivere. Ma quei messaggi arrivati via chat dal Pakistan hanno tutt’altro che rallegrato chi da tempo aspettava sue notizie. Perché adesso compagne di classe e professori temono che la giovane possa andare incontro allo stesso destino di Sana Chema, la 25enne pakistana che viveva a Brescia.

«Ci vediamo tra una settimana». Ma a Verona, da febbraio, nessuno l’ha più vista. Interrotti i contatti con gli amici e i compagni di classe di un istituto scolastico veronese. Fino a qualche settimana fa. Quando Sara (nome di fantasia), 20enne di origini pakistane residente da tempo con i familiari in riva all’Adige, ha ripreso a scrivere. Ma quei messaggi arrivati via chat dal Pakistan hanno tutt’altro che rallegrato chi da tempo aspettava sue notizie. Perché adesso compagne di classe e professori temono che la giovane possa andare incontro allo stesso destino di Sana Chema, la 25enne pakistana che viveva a Brescia ed è stata uccisa dal padre e dal fratello nel villaggio di Mangowal, in Pakistan. Un delitto maturato in ambito familiare, per punire quella giovane che rifiutava il matrimonio combinato con un connaziona­le.

Culture differenti, basate sull’autorità paterna. «Tutto dev’essere fatto in una volta, se no stavolta mio padre uccide pure me», ha digitato sul suo cellulare Sara, scrivendo ad un’amica nei giorni scorsi. Solo l’ultimo di una serie di messaggi da brivido, tra Whatsapp e clip audio. Grida d’aiuto nelle quali la giovane avrebbe persino raccontato di essere stata costretta ad abortire una volta arrivata in Pakistan e poi legata per giorni a una sedia e «sedata» con i medicinali. Perché Sara quando ha preso quell’aereo insieme ai parenti, era incinta. Il frutto di una relazione con un ragazzo veronese che suo padre non avrebbe mai tollerato. E il viaggio in Pakistan, secondo quanto trapelereb­be dalle chat, non sarebbe stato che un tranello per costringer­la ad abortire. Alle amiche, infatti, Sara aveva raccontato che doveva tornare nel suo Paese d’origine per il matrimonio di un fratello e che sarebbe ritornata nel giro di pochi giorni. Invece la sua permanenza a migliaia di chilometri di distanza è durata mesi e mesi.

E non aveva destato troppi sospetti a Verona: non è cosi raro che gli studenti stranieri non rientrino nelle date prestabili­te dai loro viaggi oltreocean­o. Poi hanno iniziato ad arrivare quei messaggi e immediatam­ente è scattato l’allarme. I compagni ne hanno parlato prima tra di loro, poi con qualche professore. Coinvolgen­do anche i media nazionali. E ieri all’Istituto scolastico è arrivata la Digos, che ha preso coscienza della situazione e ha poi ricostruit­o i rapporti tra la ragazza e il padre: sarebbero tesi da tempo. Già l’anno scorso la giovane aveva denunciato il genitore per maltrattam­enti ed era stata ospitata in una casa famiglia. Ma dopo pochi giorni aveva deciso di tornare da mamma e papà.

L’Ufficio scolastico provincial­e nei giorni scorsi ha segnalato quanto accaduto al consolato del Pakistan di Milano, ma al momento non sarebbero arrivate risposte. E l’angoscia di chi ha conosciuto Sara a Verona, aumenta di ora in ora. Perché è impossibil­e, a migliaia di chilometri di distanza, capire quel che sta succedendo nel Paese d’origine della giovane. In città, dove vivono altri parenti, fino a ieri non era stata inoltrata alcuna segnalazio­ne alle forze dell’ordine. Secondo quanto trapelereb­be dai messaggi, il padre le avrebbe ritirato i documenti per impedirle di rientrare. Ed è per questo motivo che Sara avrebbe chiesto alle amiche di «contattare qualche autorità» per andare a prenderla, pagando magari la polizia locale: «Li paghi 15 euro e ti lasciano pure morire». Parole che, oltre a preoccupar­e, lasciano aperti mille interrogat­ivi. Su tutti, il ruolo del fidanzato rimasto a Verona. È stato contattato da lei? Ha presentato denuncia a qualcuno? Intanto tutti sperano di poterla riabbracci­are al più presto.

L’sms all’amica Dovete aiutarmi ma deve venire uno con una certa autorità. Tutto dev’essere fatto in una volta, se no stavolta mio padre uccide pure me

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Il precedente Sana Cheema, la ragazza pakistana residente a Brescia e uccisa nel villaggio nativo

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