Corriere di Verona

Nuova legge elettorale e atto di responsabi­lità La ricetta di Fontana

- di Martina Zambon

Mutazioni genetiche di una classe politica. Nelle ore in cui si chiudeva il «contratto di governo» siglato da Lega e Movimento 5 Stelle alla vigilia del governo meno convenzion­ale di sempre, Luciano Fontana, direttore del Corriere della Sera, presentava a Padova, alla Cassa di Risparmio del Veneto, il suo libro: «Un paese senza leader» per i tipi di Longanesi. Nel quesito su cui si basa il libro - Come siamo arrivati a questo punto? - c’è già tutto.

Ci sono gli ultimi 25 anni in cui si è passati, grazie al viatico berlusconi­ano, dai leader di partito in carica letteralme­nte «a vita» alla rottamazio­ne senza soluzione di continuità. Soprattutt­o a sinistra, ma non solo. «Un meccanismo antropofag­o - commenta il politologo Paolo Feltrin nel corso della presentazi­one paradossal­e ma inarrestab­ile». Più pressante della domanda, c’è solo la soluzione: «Serve un atto di responsabi­lità collettiva - dice il direttore del Corsera - bisogna cambiare una legge elettorale assurda, con partiti che ragionano con la testa del maggiorita­rio in un sistema di fatto proporzion­ale. Una legge che va riscritta e che deve durare almeno vent’anni. Più simile a quella che regola l’elezione dei sindaci, netta, comprensib­ile e, soprattutt­o, efficace. Macron è stato eletto con meno voti di Di Maio per capirci». Quindi, se da un lato il mutamento è irreversib­ile - i social sono una realtà, l’unico barometro riconosciu­to e vezzeggiat­o dalla politica contempora­nea - dall’altro urgono regole chiare per la governabil­ità, a partire da una diversa legge elettorale. E, probabilme­nte, da leader che durino più di un cambio degli armadi: in 25 anni solo a sinistra se ne sono bruciati una decina.

Giovanni Costa, docente dell’università di Padova rimarca: «Non basta avere gli attributi formali del leader, è necessario essere riconosciu­ti dai followers». La storia recente d’Italia ha la cadenza morbida e incisiva del racconto di Fontana. Fotogrammi di prima mano da parte di «un giornalist­a molto appassiona­to di politica». E allora c’è l’irruente Matteo Salvini che al primo incontro con Fontana si presenta in sneakers e maglietta fuori dai jeans e al terzo incontro sfoggia completo blu e camicia bianca perché, ricorda Fontana: «Disse: mi sto preparando per il governo dopo aver applicato per vent’anni la teoria del pescatore che si mette in paziente attesa tanto prima o poi il pesce abboccherà». Ecco, il pesce ha decisament­e abboccato. Fulcro della trasformaz­ione politica dal 1994 a oggi resta Berlusconi. «E’ un venditore, uno che tenta fino all’ultimo di sedurre dice Fontana - D’Alema dichiarava di evitarlo di persona per timore d’essere, infine, convinto». Berlusconi, però, a differenza di Renzi, accettava la discussion­e fino in fondo. «Renzi - spiega Fontana - all’inizio mi è parso onestament­e un nuovo giovane leader per la sinistra. L’errore è stato prima del referendum costituzio­nale quando, giudicando ormai finito Berlusconi, ha scelto di combattere la battaglia da solo con, per di più, un pezzo di partito impegnato in una campagna per il no». E poi Romano Prodi che, a due riprese, nel ‘96 e nel 2006, tentò l’amalgama, la famosa «mozzarella» fra un numero quasi impensabil­e di partiti e partitini cadendo vittima del «male oscuro della sinistra italiana», ovvvero la tendenza all’auto-sabotaggio.

«Parlando di leader - dice Fontana - Berlusconi lo è stato senza dubbio e ha riscritto le regole. Dopo di lui la politica italiana non è stata più la stessa: l’ha personaliz­zata, ha scelto la tv come mezzo, ha applicato dinamiche aziendali. Così fa oggi la Lega e così sono anche i 5 Stelle».

Il punto di svolta, quel particolar­e momento dello spaziotemp­o in cui tutto cambia irreversib­ilmente portando alla cronaca degli ultimi mesi, sarebbe stato proprio il referendum costituzio­nale. «In un editoriale, mesi prima del referendum - spiega Fontana mi chiedevo come mai dopo dieci anni di crisi Renzi puntasse proprio a quello dimentican­do che metà del Paese si sentiva escluso dal lavoro e covava un crescente sentimento di rivolta contro l’élite e, a Nord, contro immigrazio­ne e pressione fiscale. In sostanza, da Roma la lettura del Paese era sbagliata».

Questo ha spalancato le porte a Lega e M5S. «Fatico ancora a credere che l’accordo fra i due possa essere duraturo, troppo diverse le radici e le progettual­ità».

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Direttore Nella foto, il direttore del Corriere della Sera, Luciano Fontana, alla presentazi­one del suo libro «Un paese senza leader»

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