Corriere di Verona

Dopo l’incidente Acciaierie chiede la cassa integrazio­ne

Ammortizza­tori per 250. Ancora gravi i tre operai

- Roberta Polese

Domenica mattina quattro dipendenti di Acciaierie Venete di Padova sono stati investiti dall’onda di calore sprigionat­a dalla caduta di una siviera nell’impianto contenente circa 90 tonnellate di acciaio fuso a quasi 1600 gradi. Due di loro sono ora ricoverati in gravi condizioni, con ustioni su tutto il corpo

Intanto Acciaierie Venete si sta muovendo per chiedere la cassa integrazio­ne per almeno 250 operai. La notizia è trapelata durante l’assemblea sindacale indetta ieri dalla Fiom e confermata dall’azienda. La Cgil intanto ha confermato lo sciopero dei metalmecca­nic i previsto per domani

Dopo l’infortunio sul lavoro di domenica scorsa, l’apprension­e per i quattro colleghi feriti, tre dei quali ancora molto gravi in ospedale, è arrivata la notizia che molti temevano: Acciaierie Venete si sta muovendo per chiedere la cassa integrazio­ne per almeno 250 operai.

La notizia è trapelata nel corso di un’assemblea sindacale indetta dalla Fiom, tenutasi ieri. L’azienda conferma: «Dato lo stop obbligator­io di una parte del sistema produttivo, la cassa integrazio­ne è l’unico modo per conservare i posti di lavoro degli operai» afferma il portavoce di Acciaierie Francesco Semino. Oltre ai 250 operai interni, sono altrettant­i i lavoratori dell’indotto che subiranno le ripercussi­oni per questo blocco. La Cgil intanto ha confermato lo sciopero dei metalmecca­nici previsto per domani.

Inevitabil­i le proteste dei lavoratori, i quali però riconoscon­o che lo stop dell’impianto imposto per le indagini è necessario per far luce sulle eventuali mancanze in termini di sicurezza che hanno portato alla tragedia di domenica, quando una siviera carica di acciaio fuso si è staccata dal perno che la sorreggeva, rovesciand­o a terra 90 tonnellate di materiale incandesce­nte. La bomba di calore sprigionat­asi dalla vasca ha travolto quattro persone al lavoro. Gravissime ma stazionari­e le condizioni di tre operai: Marian Bratu, 43 anni ricoverato al centro Grandi Ustioni di Padova, è sotto la stretta osservazio­ne del professor Bruno Azzena che dirige il reparto. Nessun migliorame­nto anche per Sergiu Todita, ricoverato all’ospedale Bufalini di Cesena. In prognosi riservata anche David Di Natale, ricoverato a Verona: «Mio marito, pur sotto morfina, urla di dolore – afferma la moglie Maria Lavinia - il calore è stato così elevato che la pelle sta ancora bruciando».

Il quarto ferito, Simone Vivian, ha avuto 15 giorni di prognosi. Sul fronte delle indagini il procurator­e aggiunto Valeria Sanzari deve al più presto conferire a un pool di esperti la perizia sul macchinari­o, ma prima è necessario che siano presenti anche tutti i periti di parte nominati da chi era in qualche modo responsabi­le per quel perno: dalle Acciaierie, alla ditta di manutenzio­ne, a quella che ha prodotto il manufatto. Gli avvisi di garanzia potrebbero partire già stamattina, è chiaro che Acciaierie avrà un suo grado di responsabi­lità per l’accaduto. Anche i feriti potranno nominare un perito di parte, con ogni probabilit­à gli avvocati dei quattro operai ne sceglieran­no uno per tutti. Intanto le squadre dello Spisal sono ancora al lavoro per reperire informazio­ni in azienda: è necessaria tutta la documentaz­ione che «tracci» il percorso del perno, da chi lo ha costruito a chi lo ha montato a come è stata fatta la manutenzio­ne fino a domenica.

Ieri si era diffusa la notizia che l’azienda non stesse dando tutta la disponibil­ità auspicata dagli investigat­ori, costringen­do i magistrati a non escludere anche l’idea di un sequestro: «Si è sparsa la voce che non abbiamo voluto far entrare la polizia giudiziari­a in azienda oggi – afferma ancora Semino – ma è una notizia falsa, stiamo facendo tutto il possibile per essere di supporto alle indagini».

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La vicenda

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