Dopo l’incidente Acciaierie chiede la cassa integrazione
Ammortizzatori per 250. Ancora gravi i tre operai
Domenica mattina quattro dipendenti di Acciaierie Venete di Padova sono stati investiti dall’onda di calore sprigionata dalla caduta di una siviera nell’impianto contenente circa 90 tonnellate di acciaio fuso a quasi 1600 gradi. Due di loro sono ora ricoverati in gravi condizioni, con ustioni su tutto il corpo
Intanto Acciaierie Venete si sta muovendo per chiedere la cassa integrazione per almeno 250 operai. La notizia è trapelata durante l’assemblea sindacale indetta ieri dalla Fiom e confermata dall’azienda. La Cgil intanto ha confermato lo sciopero dei metalmeccanic i previsto per domani
Dopo l’infortunio sul lavoro di domenica scorsa, l’apprensione per i quattro colleghi feriti, tre dei quali ancora molto gravi in ospedale, è arrivata la notizia che molti temevano: Acciaierie Venete si sta muovendo per chiedere la cassa integrazione per almeno 250 operai.
La notizia è trapelata nel corso di un’assemblea sindacale indetta dalla Fiom, tenutasi ieri. L’azienda conferma: «Dato lo stop obbligatorio di una parte del sistema produttivo, la cassa integrazione è l’unico modo per conservare i posti di lavoro degli operai» afferma il portavoce di Acciaierie Francesco Semino. Oltre ai 250 operai interni, sono altrettanti i lavoratori dell’indotto che subiranno le ripercussioni per questo blocco. La Cgil intanto ha confermato lo sciopero dei metalmeccanici previsto per domani.
Inevitabili le proteste dei lavoratori, i quali però riconoscono che lo stop dell’impianto imposto per le indagini è necessario per far luce sulle eventuali mancanze in termini di sicurezza che hanno portato alla tragedia di domenica, quando una siviera carica di acciaio fuso si è staccata dal perno che la sorreggeva, rovesciando a terra 90 tonnellate di materiale incandescente. La bomba di calore sprigionatasi dalla vasca ha travolto quattro persone al lavoro. Gravissime ma stazionarie le condizioni di tre operai: Marian Bratu, 43 anni ricoverato al centro Grandi Ustioni di Padova, è sotto la stretta osservazione del professor Bruno Azzena che dirige il reparto. Nessun miglioramento anche per Sergiu Todita, ricoverato all’ospedale Bufalini di Cesena. In prognosi riservata anche David Di Natale, ricoverato a Verona: «Mio marito, pur sotto morfina, urla di dolore – afferma la moglie Maria Lavinia - il calore è stato così elevato che la pelle sta ancora bruciando».
Il quarto ferito, Simone Vivian, ha avuto 15 giorni di prognosi. Sul fronte delle indagini il procuratore aggiunto Valeria Sanzari deve al più presto conferire a un pool di esperti la perizia sul macchinario, ma prima è necessario che siano presenti anche tutti i periti di parte nominati da chi era in qualche modo responsabile per quel perno: dalle Acciaierie, alla ditta di manutenzione, a quella che ha prodotto il manufatto. Gli avvisi di garanzia potrebbero partire già stamattina, è chiaro che Acciaierie avrà un suo grado di responsabilità per l’accaduto. Anche i feriti potranno nominare un perito di parte, con ogni probabilità gli avvocati dei quattro operai ne sceglieranno uno per tutti. Intanto le squadre dello Spisal sono ancora al lavoro per reperire informazioni in azienda: è necessaria tutta la documentazione che «tracci» il percorso del perno, da chi lo ha costruito a chi lo ha montato a come è stata fatta la manutenzione fino a domenica.
Ieri si era diffusa la notizia che l’azienda non stesse dando tutta la disponibilità auspicata dagli investigatori, costringendo i magistrati a non escludere anche l’idea di un sequestro: «Si è sparsa la voce che non abbiamo voluto far entrare la polizia giudiziaria in azienda oggi – afferma ancora Semino – ma è una notizia falsa, stiamo facendo tutto il possibile per essere di supporto alle indagini».