Regione, lo «Zaiatellum» è legge
Approvata la svolta: scatta il super premio di maggioranza. I grillini pungono il governatore Ok all’incompatibilità tra assessori e consiglieri. Dimezzato il tetto per le spese dei partiti
Il consiglio regionale ha approvato ieri VENEZIA lo Zaiatellum, la nuova legge elettorale del Veneto voluta dal presidente Luca Zaia per «migliorare la governabilità» della Regione. Due le novità di ieri. La prima è l’approvazione dell’incompatibilità tra la carica di consigliere regionale e quella di assessore. L’opposizione attacca: «Così si aumentano i costi». La seconda novità riguarda il dimezzamento del tetto di spesa applicato ai partiti per la campagna elettorale.
Con 31 voti favorevoli (il centrodestra allargato a Veneto Civico), 13 contrari (Pd, Movimento Cinque Stelle e Leu) e 1 astenuto (Moretti Presidente), il consiglio regionale ha approvato ieri lo Zaiatellum, la nuova legge elettorale del Veneto voluta dal presidente Luca Zaia per «migliorare la governabilità» della Regione, mentre per le opposizioni tutto sarebbe stato studiato dalla Lega con l’unico scopo di garantirsi il controllo di Palazzo Ferro Fini di qui all’eternità. Nel corso del dibattito, curiosamente vista la situazione politica nazionale, Zaia è stato duramente contestato dai «neo alleati» del Movimento Cinque Stelle, che hanno innalzato cartelli con la sua foto e la scritta: «Chi l’ha visto?», stigmatizzandone l’assenza in un momento delicato qual è l’approvazione della legge elettorale (la sua presenza in aula era stata sollecitata anche dal dem Graziano Azzalin).
Due le novità di ieri. La prima è l’approvazione dell’incompatibilità tra la carica di consigliere regionale e quella di assessore regionale, che costringerà gli eletti eventualmente chiamati a far parte della giunta ad abbandonare il proprio scranno a favore del primo dei non eletti. Non si tratta di dimissioni, che avrebbero finito per mettere gli assessori in soggezione rispetto al presidente (che togliendo loro le deleghe li avrebbe potuti rispedire a casa in un minuto, privandoli del lavoro e dello stipendio), ma di una sospensione dall’incarico, che vede il primo degli eletti subentrare soltanto come «supplente» (per cui, in caso di insanabile contrasto nell’esecutivo, l’assessore può abbandonare la giunta e tornare ad accomodarsi in consiglio, come da volontà del popolo elettore). Un codicillo che secondo Piero Ruzzante di Leu costerà alle casse della Regione 5 milioni di euro a legislatura, visto che dallo stipendio dell’assessore-consigliere si passerà allo stipendio dell’assessore e del consigliere (gli assessori sono dieci). Una cifra contestata dal relatore della legge, il leghista Marino Finozzi: «Parliamo di un aumento di spesa di 780 mila euro l’anno, già oggi il presidente può nominare fino al 50% di assessori esterni».
L’incompatibilità è stata prevista anche tra la carica di assessore regionale e consigliere comunale, così da evitare favoritismi verso i municipi coinvolti nel doppio incarico, una norma che scatterà però soltanto dal 2020 e dunque non sarà applicata all’assessore al Turismo Federico Caner, candidato alle amministrative di Treviso (il dem Andrea Zanoni, ricordando la norma approvata la settimana scorsa che ha invece rimosso l’incompatibilità tra consigliere regionale e consigliere comunale, consentendo così ai leghisti Riccardo Barbisan e Roberto Ciambetti di presentarsi a Treviso e Vicenza e a Sergio Berlato di Fratelli d’Italia di presentarsi ad Adria, parla di «regole del gioco cambiate in corsa»).
La seconda novità riguarda invece il dimezzamento del tetto di spesa applicato ai partiti per la campagna elettorale, «nell’ottica del contenimento dei costi della politica». Spiega Finozzi: «Oggi ci sono tre tetti diversi: quello per il singolo consigliere, 38 mila euro
e 0,061 euro ad elettore della provincia di riferimento; 38 mila euro e 0,061 euro ad elettore della regione per il presidente; 1 euro ad elettore della regione per il partito. In quest’ultimo caso parliamo di circa 4 milioni, moltissimo. Si è deciso di dimezzare la cifra a 0,5 euro per dare un segnale, anche se è bene ricordare che non si tratta di soldi pubblici».
Confermate le altre novità già approvate la scorsa settimana: il premio del 60% dei seggi per chi supera il 40% dei voti (nel 2015 Lega e Lista Zaia, da sole, arrivarono al 41%), la rimozione del limite di due mandati per i consiglieri, la possibilità per il presidente di candidarsi in tutte le province così da sfruttarne «l’effetto traino», la doppia preferenza di genere, il voto in giornata unica, dalle 7 alle 23. «Con questa legge ci adeguiamo alla legge dei sindaci, chi vince ha il 60% dei seggi - ha detto Zaia, anche se a dire il vero l’adeguamento è stato parziale perché la sua maggioranza ha rigettato tutte le proposte sul ballottaggio - non vedo lo scandalo. Il limite dei due mandati? Il consiglio ha deciso in piena autonomia». Replica il M5S: «Questo è un Win For Life della Lega per garantirsi poltrone, stipendi e potere». Per Stefano Fracasso del Pd, invece, è «una legge dannosa perché dà l’impressione agli elettori che in consiglio si facciano leggi per l’autoconservazione».