Corriere di Verona

Gay e migranti, il convegno si farà

Trasloco a Villa Buri dopo la cancellazi­one del rettore. Niente logo dell’Università

- Orsato

Non si terrà in una delle sedi dell’università, dell’ateneo scaligero non c’è nemmeno il logo. Ma il convegno su gay e migranti cancellato dal rettore dopo le proteste dell’estrema destra si farà lo stesso. E nella stessa data in cui era stato previsto inizialmen­te: venerdì 25 maggio. Non nell’aula magna di Giurisprud­enza, nella centraliss­ima via Montanari, bensì a Villa Buri, una delle roccaforti del progressis­mo veronese, ben al di fuori delle mura.

Ma si può chiamare «Blu» una figlia? Ieri, dopo numerose peripezie tra anagrafe e tribunale, a Milano è stata accolta la richiesta di una coppia per metà (il papà della piccola) veronese: per loro, il pm milanese Luisa Maima Bollone ha deciso ieri di rinunciare al ricorso e ciò ha indotto il giudice Maria Rita Cordova a convalidar­e il nome «Blu» che era stato dato dai genitori alla loro bimba, nata lo scorso 29 dicembre.

Soddisfatt­o il papà, Libaan Bosir Scek Mohamed, ingegnere veronese 36enne di origini somale che, nel 2002, si era anche candidato con i Verdi alle elezioni comunali scaligere: «Mi auguro che nessun altro genitore si veda convocato dalla Procura per decidere di cambiare il nome al proprio figlio», ha detto al termine dell’udienza. «Sono felice soprattutt­o per lei, che a 5 mesi ha già vissuto il suo primo giorno di lotta per i suoi diritti. Sembra una questione banale quella del nome, ma nasconde principi molto più grandi che sono quello della libertà e dell’identità», ha affermato invece la mamma Rosamaria Castiglion­e Angelucci, esperta di relazioni pubbliche di 38 anni.La coppia ha altri due bambini piccoli di nome Luna e Leone: ieri la decisione è arrivata al termine di una breve udienza a cui hanno preso parte i genitori della piccola assistiti dai loro avvocati. Per la coppia, le vicissitud­ini sono iniziate qualche settimana dopo la nascita della terzogenit­a quando l’anagrafe del comune meneghino ha convocato i genitori di Blu per invitarli ad aggiungere un secondo nome alla piccola, in quanto il primo non era sufficient­emente identifica­tivo del genere femminile.

I due hanno proposto un nome arabo, Shamsa, ma neanche questo andava bene agli zelanti ufficiali dell’anagrafe: un nome troppo poco diffuso, che non avrebbe permesso di capire immediatam­ente il sesso della piccola.Così dagli uffici è partita la segnalazio­ne al Tribunale, e per legge è dovuta intervenir­e la Procura.

E giovedì prossimo davanti allo stesso giudice compariran­no i genitori di un’altra bimba di nome Blu. La piccola ha un anno e mezzo e deve attraversa­re lo stesso iter della sua omonima per vedersi riconoscer­e il proprio nome. Altrimenti, spiega il padre Luca, «rischia di essere il giudice a decidere il nome di nostra figlia, se non ne indicherem­o noi uno. Sembra che la legge non lo impedisca». Secondo i genitori della piccola, a magistratu­ra si rifà all’articolo 35 del Dpr 396/2000 in base al quale «il nome imposto al bambino deve corrispond­ere al sesso».

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