Prodi: «Partiti tradizionali in crisi, solo un’Europa più forte può salvarci»
Cinquecento battimani, un applauso prolungato e insistente per accogliere l’ex presidente del Consiglio, ex numero uno europeo, l’uomo della Democrazia Cristiana di sinistra che, nell’immaginario collettivo di tanti, evidentemente resta ancora un rassicurante punto di riferimento. Romano Prodi ieri sera è stato accolto a Vicenza calorosamente da centinaia di persone che, in un quadro politico del tutto inedito, forse lo vedono come uno dei pochi punti di riferimento rimasti.
«Vorrei poter dire che l’Europa sta dando una risposta all’euroscetticismo, ma non è così». Il professore bolognese, nell’incontro organizzato nell’ambito del Festival Biblico (il titolo era «Presente e futuro dell’Europa»), partecipato dal sociologo Ilvo Diamanti e dal direttore del Corriere del Veneto Alessandro Russello, non ha lasciato spazio a facili ottimismi. L’ex premier ha parlato soprattutto della politica dell’Unione Europea, rimanendo fuori dai confini nazionali. «Abbiamo ancora di fronte i due “pistoni” Germania e Francia che battono per conto loro, l’una leader nella politica economica e l’altra leader nella politica estera. Io spero veramente che arrivi di nuovo l’ora di un’Europa unita: ma non la vedo nel presente».
Al direttore Russello, che ha incalzato il professore sulla moneta unica europea «da cui qualcuno oggi, compreso il governo nella prima bozza del “contratto”, propone l’uscita», l’ex presidente dell’Unione ha replicato ricordando quelli che anticamente erano considerati i due pilastri dello Stato nazionale: il battere moneta e l’avere un esercito. «Se noi europei non li mettiamo insieme non esistiamo più. L’euro era il grande passo in avanti per arrivare a un’unione: poi gli europei hanno bocciato la proposta di costituzione e sono tornati agli stati nazionali. Se torniamo indietro – ha sottolineato Prodi – rimaniamo schiavi delle grandi potenze. Se andiamo avanti possiamo avere un grande ruolo nel mondo: l’Europa è numero uno nel Pil, più degli Usa, e numero uno nelle esportazioni, eppure non contiamo nulla. Se vogliamo contare dobbiamo stare assieme, non a metà. Avevamo sperato nel presidente francese Emmanuelle Macron, arrivato cantando l’inno europeo, invece ha bombardato la Siria senza nemmeno parlare con la Germania. Se andiamo avanti così ci autodistruggiamo».
Ilvo Diamanti ha evidenziato l’estraneità dai modelli tradizionali della nuova situazione politica. «E’ la rivolta delle periferie. Prima che in Italia è stata anticipata ovunque, dagli Usa di Donald Trump alla Francia di Marine Le Pen. E’ in crisi il modello di democrazia rappresentativa: non è più considerata tale, c’è il desiderio di saltarla». A tratti, il professore ed ex campione del centrosinistra non è riuscito a non parlare di politica italiana. «L’Italia è in grande tempesta. Vedremo cosa succederà, la democrazia deve rinnovarsi per sopravvivere – ha avvertito - ma la crisi dei partiti tradizionali è fortissima: la gente vota per chi propone la flat tax, cioè il grande guadagno di chi ha i soldi, è un assurdo. Ai Paesi europei, persino alla Germania, servono leggi elettorali che garantiscano maggioranze stabili».
Prodi Moneta ed esercito unici, solo così l’Ue può esistere
Diamanti Assistiamo alla rivolta delle periferie, la democrazia è in crisi