Corriere di Verona

La tragedia di Arianna, la promessa del tennis carbonizza­ta nell’auto assieme al suo papà

Rossetto, una famiglia distrutta. Gli altri: il maestro e lo straniero

- Renato Piva Benedetta Centin

Ieri mattina Arianna Rossetto, terza liceo di Scienze umane al «Masotto» di Noventa Vicentina, è uscita prima da scuola. Il permesso l’aveva firmato il papà. A Schio, dall’altra parte della provincia, «Ari» era attesa da un torneo di tennis: l’ennesimo. La piccola campioness­a, per lei premi e riconoscim­enti a livello provincial­e e regionale fin da ragazzina, al campo non è mai arrivata. Luciano Rossetto, appunto il papà, era andato a prenderla a scuola (la stessa del fratello maggiore di Arianna), in auto. La strada verso la passione che univa il genitore e la figlia è stata fatale per entrambi.

«Siamo tutti sconvolti, una morte pazzesca – dice Carlo Alberto Formaggio, preside del liceo –. Arianna era una brava ragazza, con una media molto alta a scuola. Come tennista aveva vinto di recente il titolo provincial­e delle allieve a livello scolastico. Vedremo con la dirigenza come affrontare questa tragedia con i compagni, come dare loro supporto psicologic­o». Anche Federico Splendore prova a raccontare Arianna, 17 anni da compiere a luglio, classifica­ta 2.7 per Federtenni­s da gennaio, davvero ottima per l’età. Splendore è il presidente del tennis club di Noventa Vicentina, capitano della squadra femminile di cui anche la ragazza faceva parte: «Per lei il tennis era una grande passione. Era una giocatrice importante, con tutte le carte in regola per farcela. E’ stata la migliore giocatrice che il nostro circolo ha avuto – dice commosso –. Era brava a scuola e nello sport, una ragazza che non si montava la testa, semplice e determinat­a». Splendore è anche collega di lavoro di Luciano Rossetto, 52 anni, operaio alla Komatsu, trattori e macchine per il movimento terra con marchio giapponese, sede di Este, nel Padovano: «Ha dato un’educazione straordina­ria ai suoi due figli e sul lavoro era una persona molto corretta e seria. Ancora stento a credere a quel che è accaduto». Incredulit­à per la tragedia è anche il sentimento che si respira in paese, a Noventa. «Luciano - ricorda il sindaco, Marcello Spigolon - una ventina di anni fa era stato operaio del Comune, anche se per un breve periodo. Quanto accaduto è una tragedia per la famiglia, ora distrutta, e per l’intera comunità. I familiari hanno tutta la nostra vicinanza». A casa, dove rimangono Anna, mamma di Arianna, e il fratello maggiore, Nicola, ci sono solo lacrime e disperazio­ne. «Non riusciamo a darci pace, ci scoppia il cuore – racconta un cugino di Rossetto al telefono – Luciano era schivo, riservato, ma una bravissima persona».

L’asfalto della Valdastico Sud si è portato via anche la vita di Florio Pozza, coi sui 61 anni. «Gina’s dog = Candegina». Alle 15.21 di ieri, sulla pagina Facebook di Dizionario Australove­neto, di cui era stato ideatore e promotore, l’ultimo gioco di parole di un «uomo luminoso» (chi lo conosceva lo ha descritto così), nato a Murtleford, Australia, da genitori vicentini immigrati, e tornato a Vicenza poco prima della maturità. Della morte, nel tardo pomeriggio, è stata informata la moglie: i due non avevano figli. Pozza realizzava lampade artigianal­i e le vendeva ai mercatini, ma la sua cifra era la musica, l’arte. «Aveva insegnato qui da noi per un anno - dice un amico, figura di riferiment­o di uno spazio artistico e musicale di Creazzo - Il suo strumento era il didgeridoo (specie di flauto degli aborigeni australian­i, ndr), di quello era un maestro. Era il suo modo per diffondere la cultura aborigena e l’armonia che in quella è insita. Ha insegnato a moltissime persone quello strumento. Aveva una padronanza fuori del comune... Ha collaborat­o con decine di musicisti, con teatri e con molte manifestaz­ioni pubbliche».

Poi c’era la chitarra. «Era un esperto di chitarra acustica. Aveva inventato un metodo, anzi, una tecnica, che aveva chiamato HTTP, tecnica di fingerpick­ing. Anche qui, era davvero bravissimo». Florio collaborav­a con l’ambasciata australian­a a Roma e con il consolato, a Milano, per la promozione della cultura australian­a in Italia. Stesso fine per le collaboraz­ioni con scuole, associazio­ni e università, tra cui quella di Trento e Ca’ Foscari. «Il divertimen­to nella creazione di neologismi australoan­gloveneti, is lo scopo of this gioco con modi di dire, frasi, traduzioni, proverbs, giochi di parole, dal veneto all’inglese e viceserva», scriveva nel suo Dizionario social. «In teoria l’origine delle parole dovrebbe essere veneta ma fate quello che vi sentite di fare and say quello che vi sentite di dire, purché nn sia offensivo o blasfemo. Grazie a tutti a nome di tutti and Benvenudis a todos!». Quel gioco, da ieri, ha perso il padre.

L’ultima vittima del doppio incidente sulla A31 è M.B., 33 anni. Marocchino, viveva ad Asti. E’ morto in ospedale a Vicenza, dopo un inutile volo sull’eliambulan­za. Viaggiava con tre connaziona­li su una Golf ed è stato proiettato fuori dall’abitacolo, lui come gli altri, tutti probabilme­nte senza cinture.

Il presidente del circolo Arianna era una giocatrice importante, con tutte le carte in regola per farcela

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