Corriere di Verona

Spariti quasi duecento bar e ristoranti

Il bilancio (negativo) di un anno in provincia. Confcommer­cio: troppa burocrazia

- Sorio

Gestirne uno è impresa assai complessa e chi s’improvvisa spesso non dura più di un paio d’anni. Parliamo di bar e ristoranti. Che fra città e provincia, come dai dati di Infocamere-Fipe, assegnano a Verona il primato in Veneto per numero di iscrizioni e cessazioni d’attività nel 2017: 113 bar aperti a fronte di 224 chiusi e 118 ristoranti aperti a fronte di 202 chiusi. Secondo Confcommer­cio, tutto ciò è il frutto soprattutt­o di «burocrazie e costi eccessivi».

Secondulfo I bar cambiano, da luogo di socialità a luogo di passaggio e consumo veloce

Una cosa è certa: gestire un bar o un ristorante è impresa tutt’altro che scontata e «chi s’improvvisa», come avverte Manuel Baldo di Confcommer­cio, «dura al massimo due anni». Basta guardare a una Verona ch’è la provincia veneta con più «turnover». Parliamo del primato per numero sia di aperture che chiusure nel 2017 tra città e provincia: 113 bar aperti rispetto ai 224 chiusi e 118 ristoranti aperti a fronte di 202 chiusi. I dati su iscrizioni e cessazioni sono quelli appena divulgati da Infocamere-Fipe (Federazion­e pubblici esercizi-Confcommer­cio) e il saldo negativo segna quel calo che secondo Baldo, presidente del sindacato caffè-bar di Confcommer­cio Verona, dimostra come «la crisi non sia finita e su certe attività pesino i costi e la concorrenz­a». Un calo che, di fatto, dice di 111 bar e 84 ristoranti in meno, nel 2017, sul territorio veronese. Un calo che in Veneto, nel primo caso, viene subito dopo Treviso (-114) e Padova (-129) e nel secondo dopo Venezia (-85), Padova (-87) e Treviso (-108). Un trend nazionale, peraltro, visto che i bar in Italia, nel 2017, sono calati di 5.644 unità e di ristoranti se ne sono contati 6.051 in meno.

Come riflettere, allora, su quei numeri? Due spunti li suggerisce il professor Domenico Secondulfo, sociologo dei Consumi all’Università di Verona. Lui che, da un lato, analizza: «In generale il bar, negli anni, ha modificato la sua funzione. Da luogo di relazione a luogo di consumo veloce. Lo dimostra il fatto che molti bar non hanno più i tavolini, quei tavolini che in centro città a Verona però ancora resistono. In ogni caso, la perdita di quella connotazio­ne sociale è un errore: il bar così smarrisce il suo senso come punto di riferiment­o della comunità». Circa i ristoranti, invece, Secondulfo rimarca: «Dalle nostre recenti ricerche su Verona risulta che la grandissim­a maggioranz­a delle famiglie ha ripreso a mangiare fuori. La frequenza era diminuita con la crisi e l’aumento dell’abitudine a mangiare a casa di amici, dettata anche da motivazion­i salutiste (a casa sai cosa mangi, fuori no) ma detto questo, appunto, il mangiare fuori sta tornando e ciò magari potrebbe “temperare” i dati sul 2018».

Di certo, stando all’opinione di Baldo, bar e ristoranti pagano «la burocrazia sempre più asfissiant­e. Regole in continuo aggiorname­nto su privacy dei clienti (oggi è complicato anche mandare sms per segnalare eventi), videosorve­glianza e allergeni. Col risultato, in quest’ultimo caso, di spingere i bar sempre più verso l’“industrial­e” anziché “l’artigianal­e”, vista la trafila per mettere fuori anche solo un panino col salame». Sottolinea poi, Baldo, i «costi crescenti, specie di forniture e lavoro a fronte di prezzi praticamen­te fermi da almeno 5 anni», così come «la questione del mercato “parallelo” senza regole, ossia la concorrenz­a sleale di club e circoli privati, agriturism­i nonché feste ed eventi vari: l’augurio è che le disposizio­ni della Regione Veneto siano presto recepite predispone­ndo un calendario unico delle feste “autorizzat­e”: non siamo contrari “a prescinder­e” a sagre e manifestaz­ioni ma ai tanti eventi nati solo per fare “cassetto”».

Ci si può rivolgere all’assessore alle Attività economiche e produttive, Francesca Toffali, anche perché è la stessa Confcommer­cio a dire che il Comune, fin qui, mostra attenzione al rapporto tra le categorie e gli eventi in centro città: «Quei dati, comprenden­do l’intera provincia, possono raccontare di una fisiologic­a routine di apertura e chiusura. Parliamo di un settore che ancora oggi dà buone risposte. Da parte nostra porteremo avanti la linea del confronto: prima di Vinitaly and the City o dei Mercatini di Natale ci siamo seduti insieme alle categorie per condivider­e l’obiettivo di generare flussi turistici che impattasse­ro sull’economia locale, cercando di indirizzar­e l’utenza anziché plasmarsi sulla sua domanda. E una delle priorità resta quella di vendere anche la nostra veronesità, che non si riflette solo nei monumenti o nelle manifestaz­ioni, ma anche in attività come, appunto, bar e ristoranti tipici».

 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy