Credito, dubbi per il piano giallo-verde «E no al modello del territorio»
De Poli Non credo allo schema dell’istituto basato sulle relazioni di prossimità
Il primo avvertimento, sulla stretta attualità politica, viene dal docente emerito della Bocconi Giorgio Brunetti, che stronca il paragrafo del contratto di governo LegaCinque Stelle dedicato alle banche, che rimette in discussione non solo il bail-in, la risoluzione delle banche caricato sugli azionisti, e le regole di stabilità degli accordi di Basilea, approvate tra l’altro in un ambito più ampio dell’Ue. Mentre, su un piano più operativo, ci pensa Matteo De Poli, docente di diritto dell’economia a Padova e specialista di norme bancarie, a stroncare le operazioni-nostalgia: «Non credo più nel modello della banca del territorio, nelll’istituto basato sulle relazioni di prossimità. È stato un’altra forma di capitalismo di relazione, che aveva fatto bene; ma poi abbiamo visto com’è finita. Nella stagione del digitale e delle valutazioni oggettive, costruite anche sugli algoritmi, le banche non hanno vantaggi a radicarsi in territori ristretti sulla base delle relazioni. Sarà la sopravvivenza di reti di qualità a garantire la prossimità con i clienti. In un’alleanza con digitale e Fintech, che permetteranno di allargare, oltre le banche, a soggetti come la Sace o le assicurazioni il novero di chi farà credito».
Che la questione del rapporto tra banche e imprese, nel Veneto che sta sperimentando le difficoltà prodotte dall’onda lunga della liquidazione di Veneto Banca e Popolare di Vicenza, sia centrale, non c’è dubbio. Com’è però altrettanto chiaro, per gli esperti chiamati ieri a convegno a Treviso da Leonardo & Co, la società di consulenza che ha tra i suoi partner Gianni Mion, che la soluzione non può passare per un ritorno al passato. Al contrario, il Veneto che patisce la restrizione del credito all’indomani della caduta delle ex popolari dovrà abituarsi all’idea di moltiplicare gli sforzi per inventare nuove strade. Che potrebbe poi essere il modo per dimostrare che in fondo non tutto il male vien per nuocere.
«Il Veneto sta vivendo una scarsità d’offerta di credito. Ma a questo punto cercarlo fuori dai canali bancari sarà una condizione del successo ha detto senza mezzi termini Pietro Braicovich di Leonardo -. Magari anche rafforzando il capitale con partner industriali, soluzione che poi ha il risultato di migliorare l’accesso al credito bancario».
Il punto è che rovesciare il paradigma tradizionale sul fronte finanziario non può esser un fatto superficiale e chiama in causa la necessità di rivedere lo stesso modello d’impresa. Lo ha fatto ben presente Giovanni Gajo, decano dei finanzieri d’impresa, con la sua Alcedo Sgr: «Noi non forniamo solo finanza: insieme a questa proponiamo modelli di gestione. E le imprese in Veneto hanno necessità di liberarsi di schemi vecchi. Abbiamo nel curriculum 150 operazioni, tutte a Nordest; e credo di poter dire che la mentalità è ancora chiusa. C’è bisogna di una mentalità di avere soci, di creare una cultura delle aggregazioni. Quanto ha mostrato Luxottica con Essilor può essere replicato anche tra imprese di 3050 milioni di ricavi».