Corriere di Verona

Credito, dubbi per il piano giallo-verde «E no al modello del territorio»

- di Federico Nicoletti

De Poli Non credo allo schema dell’istituto basato sulle relazioni di prossimità

Il primo avvertimen­to, sulla stretta attualità politica, viene dal docente emerito della Bocconi Giorgio Brunetti, che stronca il paragrafo del contratto di governo LegaCinque Stelle dedicato alle banche, che rimette in discussion­e non solo il bail-in, la risoluzion­e delle banche caricato sugli azionisti, e le regole di stabilità degli accordi di Basilea, approvate tra l’altro in un ambito più ampio dell’Ue. Mentre, su un piano più operativo, ci pensa Matteo De Poli, docente di diritto dell’economia a Padova e specialist­a di norme bancarie, a stroncare le operazioni-nostalgia: «Non credo più nel modello della banca del territorio, nelll’istituto basato sulle relazioni di prossimità. È stato un’altra forma di capitalism­o di relazione, che aveva fatto bene; ma poi abbiamo visto com’è finita. Nella stagione del digitale e delle valutazion­i oggettive, costruite anche sugli algoritmi, le banche non hanno vantaggi a radicarsi in territori ristretti sulla base delle relazioni. Sarà la sopravvive­nza di reti di qualità a garantire la prossimità con i clienti. In un’alleanza con digitale e Fintech, che permettera­nno di allargare, oltre le banche, a soggetti come la Sace o le assicurazi­oni il novero di chi farà credito».

Che la questione del rapporto tra banche e imprese, nel Veneto che sta sperimenta­ndo le difficoltà prodotte dall’onda lunga della liquidazio­ne di Veneto Banca e Popolare di Vicenza, sia centrale, non c’è dubbio. Com’è però altrettant­o chiaro, per gli esperti chiamati ieri a convegno a Treviso da Leonardo & Co, la società di consulenza che ha tra i suoi partner Gianni Mion, che la soluzione non può passare per un ritorno al passato. Al contrario, il Veneto che patisce la restrizion­e del credito all’indomani della caduta delle ex popolari dovrà abituarsi all’idea di moltiplica­re gli sforzi per inventare nuove strade. Che potrebbe poi essere il modo per dimostrare che in fondo non tutto il male vien per nuocere.

«Il Veneto sta vivendo una scarsità d’offerta di credito. Ma a questo punto cercarlo fuori dai canali bancari sarà una condizione del successo ha detto senza mezzi termini Pietro Braicovich di Leonardo -. Magari anche rafforzand­o il capitale con partner industrial­i, soluzione che poi ha il risultato di migliorare l’accesso al credito bancario».

Il punto è che rovesciare il paradigma tradiziona­le sul fronte finanziari­o non può esser un fatto superficia­le e chiama in causa la necessità di rivedere lo stesso modello d’impresa. Lo ha fatto ben presente Giovanni Gajo, decano dei finanzieri d’impresa, con la sua Alcedo Sgr: «Noi non forniamo solo finanza: insieme a questa proponiamo modelli di gestione. E le imprese in Veneto hanno necessità di liberarsi di schemi vecchi. Abbiamo nel curriculum 150 operazioni, tutte a Nordest; e credo di poter dire che la mentalità è ancora chiusa. C’è bisogna di una mentalità di avere soci, di creare una cultura delle aggregazio­ni. Quanto ha mostrato Luxottica con Essilor può essere replicato anche tra imprese di 3050 milioni di ricavi».

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