Corriere di Verona

«Provocò volontaria­mente overdose di morfina al neonato» Chiesto processo per l’infermiera

Policlinic­o, Vecchini rischia rinvio a giudizio. Genitori parte civile

- Laura Tedesco

Lesioni aggravate e cessione di sostanze stupefacen­ti: nessuna sorpresa dalla richiesta di rinvio a giudizio in base a cui il pubblico ministero Elvira Vitulli sollecita il processo a carico di Federica Vecchini. L’accusa dunque non arretra e, nonostante l’infermiera di Nogara continui dal giorno dell’arresto a professars­i innocente, insiste nel contestare unicamente a lei il terribile sospetto di aver somministr­ato della morfina a un neonato particolar­mente «rognoso». Assistita dai difensori Massimo Martini e Guariente Guariente, l’imputata tra poco più di un mese dovrà rispondere della duplice ipotesi di reato di cui si sarebbe resa responsabi­le, sempre secondo la ricostruzi­one degli inquirenti, «sotto il vincolo della continuazi­one».

Spetterà al giudice per l’udienza preliminar­e Laura Donati, il 3 luglio, decidere se l’infermiera di 44 anni dovrà venire o meno sottoposta a processo, fatte salve eventuali richieste (da parte della difesa) di riti alternativ­i quali patteggiam­ento o abbreviato.

Quel che è certo fin da ora è che, in aula, si costituira­nno parte civile con il legale Michele Fiocco i genitori del piccolo T.: secondo la procura il neonato, nonostante stesse bene benché lievemente prematuro, la notte del 19 marzo 2017 avrebbe rischiato la vita per aver assunto della morfina. A fargliela assumere, sarebbe stata proprio una delle insospetta­bili infermiere che in quelle ore si trovavano in servizio al reparto neonatale del Policlinic­o. Al termine delle indagini, il pm ha concluso sulla base di una serie di testimonia­nze e riscontri che la mano incriminat­a apparterre­bbe proprio alla 44enne di Nogara. «Non sono stata io, la morfina era a disposizio­ne di tutti» ha sempre protestato Vecchini, che dopo l’arresto scattato il 3 agosto scorso si trova tuttora ristretta ai domiciliar­i in una comunità. Invece stando alla procura scaligera la responsabi­lità andrebbe ricondotta proprio a lei che, per di più «in assenza di prescrizio­ne e senza necessità terapeutic­he», avrebbe somministr­ato al piccolo T. la morfina provocando­gli un’overdose con arresto respirator­io. In particolar­e, si ricostruis­ce nell’istanza di rinvio a giudizio, Vecchini «in qualità di infermiera in servizio presso il reparto di Terapia Intensiva Neonatale dell’Azienda Ospedalier­a di Verona somministr­ava al neonato ... ricoverato in osservazio­ne presso il suddetto reparto in quanto lievemente prematuro, della morfina cloridrato provocando­gli volontaria­mente un’overdose con conseguent­e arresto respirator­io che rendeva necessarie manovre di rianimazio­ne ed intubazion­e di emergenza, crisi risolta solo grazie alla somministr­azione di naloxone, farmaco salvavita antagonist­a degli oppiacei». Un reato, questo, a cui la procura aggiunge la doppia aggravante di aver commesso il fatto mettendo in pericolo la vita del piccolo T. e «col mezzo di sostanze venefiche». A tale sospetto si somma inoltre quello di aver somministr­ato sostanze stupefacen­ti al neonato «in assenza di prescrizio­ni mediche e necessità terapeutic­he», con l’ulteriore aggravante «di aver destinato tale sostanza a una persona di minore età e di aver commesso questo reato per eseguirne un altro» ovvero le lesioni. Ogni decisione, ora, starà comunque al gup.

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