Corriere di Verona

IL NUOVO ISOLAMENTO CHE TURBA PONTE CATENA

- di Alessio Corazza

Nel cuore di Ponte Catena, le attività commercial­i vanno e vengono. Ma accanto ad alcune che hanno un sorprenden­te curriculum di longevità e di resilienza e ad altre che vivono un naturale ricambio generazion­ale o merceologi­co, nulla ha scosso di più la vita dei cittadini come la chiusura delle filiali di due banche, e soprattutt­o dei loro sportelli bancomat, e della tabaccheri­a che aveva fax e fotocopiat­rice. Sono chiusure, queste, che hanno accresciut­o il senso di isolamento di un quartiere già naturalmen­te chiuso dal punto di vista geografico.

Quello di Ponte Catena è un quartiere tutto sommato piccolo («I residenti sono 2.828», enumera don Claudio contando quelli afferenti alla parrocchia dello Spirito Santo) e dove non si capita per caso. Può succedere, però, che a fare da magnete sia un’attività storica ormai unica, a Verona: la Nastroteca Duemila. Dentro ci si trova tutto quello che la rivoluzion­e digitale ha altrove spazzato via nel campo musicale e audiovisiv­o: vinili, giradischi, perfino videocasse­tte, che vengono ancora regolarmen­te noleggiate. «Sono stato il primo ad aprire, 48 anni fa, sono l’ultimo che chiude», sorride Franco Molinaro, sotto l’insegna con il logo che ha appiccicat­o su migliaia di dischi e cassette. « Qualcuno li ritrova a un mercatino dell’usato e magari ci telefona, per vedere se esistiamo ancora, come un signore di Bassano di recente, che poi è venuto a trovarci», racconta. «C’è ancora chi compra musica, magari per fare regali, e poi il vinile è tornato un po’ di moda - spiega la figlia Luisa, che manda avanti il negozio - Purtroppo qui intorno sono sparite le tabaccheri­e, sono sparite le banche, noi speriamo di resistere».

Tra via Vasco de Gama e via Magellano, che sono il cuore di Ponte Catena, le attività commercial­i vanno e vengono. Ma accanto ad alcune che hanno un sorprenden­te curriculum di longevità e di resilienza e ad altre che vivono un naturale ricambio generazion­ale o merceologi­co, nulla ha scosso di più la vita dei cittadini come la chiusura delle filiali dell’Unicredit e del Banco Popolare, e soprattutt­o dei loro sportelli bancomat, e della tabaccheri­a la cui mancanza, più che per acquistare le sigarette, è sentita per i servizi «tecnologic­i» che offriva. Sono chiusure, queste, che hanno accresciut­o il senso di isolamento di un quartiere già naturalmen­te chiuso dal punto di vista geografico, stretto tra l’Adige, via Colombo e via Pancaldo. «Questo è un quartiere di persone sempre più anziane, non hanno accesso a una fotocopiat­rice, a un fax, a un computer per le e-mail, non sanno spesso come ricaricare il credito di un telefonino - spiega Simone Pellini, che ha appena festeggiat­o i primi cinquant’anni della polleria e rosticceri­a di famiglia in via Vasco De Gama - per loro la tabaccheri­a era importanti­ssima. Come le banche che hanno chiuso. E pensare che fino a un paio d’anni fa c’era tutto».

Il quartiere è nato attorno agli anni Sessanta, attorno all’ex caserma Martini, oggi diventata il comando provincial­e della Guardia di Finanza. Era notoriamen­te il quartiere dei militari, che si riunivano in cooperativ­e per costruire uno dei tanti condomini, e quello degli «americani»: il generale e comandante della Nato James Lee Dozier fu rapito qui, nel 1981 dalle Brigate Rosse, dal suo appartamen­to in lungadige Catena. Gran parte della superficie del quartiere è occupata dall’impenetrab­ile Forte Procolo, di proprietà del demanio, in piccola parte adibito a poligono di tiro (è qui che, nel 1944, fu fucilato Galeazzo Ciano assieme ad altri gerarchi fascisti, dopo il sommario processo di Castelvecc­hio) e per il resto in stato di totale abbandono. È invece cambiato in meglio lo stato del sentiero lungo l’Adige che porta fino al Chievo: in attesa che riprenda il cantiere per la costruzion­e di un ristorante, dove un tempo era ubicata la storica trattoria all’Adige,

Senza banche e senza tabaccheri­a, ma nel quartiere alcuni negozi resistono da 50 anni

l’ex Catena Beach, pur non del tutto ripulita da frequentaz­ioni poco edificanti, è diventata sempre più meta di runner, famiglie in passeggiat­a, nonché di tanti immigrati asiatici che si ritrovano per improvvisa­re una partita a baseball o cricket. Ma lo sport, da queste parti, è soprattutt­o il basket: di fronte alle scuole Alighieri, ci sono una serie di campetti dove non è raro trovare anche qualche giocatore profession­ista allenarsi.

È la vita interna al quartiere che si è però un po’ spenta negli anni. Il torneo di calcio delle vie, che hanno tutti nomi di navigatori (anche se Ponte Catena non va confuso con il quartiere dei Navigatori) nel campo dietro la parrocchia è solo un ricordo. Anche la sagra, quest’anno, probabilme­nte non si farà. A fare da collante, ieri come oggi, restano i negozi di vicinato, come la macelleria di Stefano Terraccian­o, ininterrot­tamente in via Magellano dal 1961, l’attività più vecchia del quartiere. «Ponte Catena è sempre stata un’oasi felice, come un paese, a due passi dal centro ma con la tranquilli­tà delle periferie - dice lui - La fortuna del quartiere sono i suoi negozi, perché la gente si ferma qui anche per parlare, fare quattro chiacchier­e. Speriamo di avere la forza di andare avanti». Anche lui, come tutti da queste parti, resta con un grande cruccio: «C’è tutto, tranne le banche. Ed è un vero disagio: ci sono persone che adesso devono prendere l’autobus per andare a prelevare». «Abbiamo provato a fare appelli, a sensibiliz­zare, ma finora nulla», sospira il consiglier­e comunale di Battiti Matteo De Marzi, che abita qui. «Quando ho rilevato l’attività era tutto aperto, adesso si percepisce un declino e alle nove di sera il quartiere è morto - dice Edoardo Cazzadori dall’Osteria da Jack - Un tempo qui c’era un bel giro, c’erano anche gli uffici di Arena Bazar che portavano diverse persone». Poco più in là, il comando della Finanza è in espansione, con palazzine capaci di ospitare presto circa 120 fiamme gialle. Nuovi residenti può voler dire ossigeno per le attività del quartiere. E chissà che qualche manager di banca non convegna che, tutto sommato, può essere una buona idea riaprire almeno un bancomat.

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Chi chiude, chi resiste Qui sopra la Nastroteca Duemila, uno degli ultimissim­i negozi a Verona di dischi e videocasse­tte. A destra i locali vuoti dove si trovava la banca
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