L’ABORTO E IL RECORD DI OBIETTORI
La 194 ha 40 anni, un’età che impone un serio bilancio sui risultati dell’introduzione di questa legge combattuta, approvata, sottoposta a referendum e confermata, che ha permesso di ricorrere legalmente, in Italia, all’interruzione volontaria di gravidanza. Pensata sia per abbattere gli orrori dell’aborto clandestino sia per contrastare il ricorso all’aborto come forma di controllo delle nascite, sancisce di fatto il diritto delle donne a gestire il proprio corpo. Non a piacimento, s’intende: infatti la legge prevede vari vincoli, ma l’ivg non deve diventare un calvario, come avviene in alcune regioni fra cui in particolare il Veneto, ove il numero degli obiettori, medici anestesisti o paramedici, supera il 70% nelle strutture pubbliche, con punte massime del 100% in alcune località, dove i sindacati han dovuto attivarsi per impedire la violazione delle legge italiana. Le domande che ancora si pongono sono fondamentalmente due: perché le donne non riescono a evitare l’aborto, dati i mezzi anticoncezionali a disposizione? E perché una così alta percentuale di sanitari ricorre all’obiezione? In realtà l’aborto è molto diminuito dopo la legge, anche se non del tutto sconfitto: per motivi di salute psicofisica, eugenetici, economici, per età (troppo giovane o troppo anziana) e altro ancora. Benché la decisione sia quasi sempre dolorosa e provochi in chi si sente costretta a prenderla una ferita non facilmente rimarginabile.
Oggi le giovani e i giovani sono più informati di un tempo, ma l’educazione sessuale è ancora scarsa e consente che si verifichino gravidanze indesiderate: indesiderate perché la maternità non è un obbligo, ma una scelta e un impegno. L’obiezione dei sanitari può essere invece determinata da legittimi motivi etico-religiosi, da meno legittimi motivi di carriera o perfino dall’ipocrisia dei «cucchiai d’oro» che cercano di dirottare le richiedenti verso strutture private. Per la Chiesa, si sa, l’aborto è tuttora considerato peccato grave. Fin qui poco di nuovo, a parte il calo verticale degli aborti cui abbiamo fatto cenno. Relativa novità è invece la «pillola del giorno dopo», cui si può ricorrere per un semplice sospetto dopo un rapporto non protetto.
E che funziona tanto meglio quanto prima viene assunta (da 12 a 24 ore), ma può essere attiva anche cinque giorni dopo il rapporto sessuale. In gran parte dei paesi europei l’acquisto di questo anticoncezionale d’ emergenza è libero per tutte. In Italia solo per le maggiorenni, mentre le minori devono ottenere la ricetta da un consultorio, dal medico di base, dal pronto soccorso o dalla guardia medica. Tuttavia ci sono stati dei casi surreali di donne che han dovuto girare una decina di strutture. In un consultorio, una ragazza s’è sentita dire: «Ma cosa combinate nel fine-settimana?» , e un’altra: «Prima le mamme, le altre aspettino». Non basta. Capita che si assista anche a confusioni lessicali, come quando si definisce «pillola abortiva» quella del giorno dopo, che non procura affatto l’aborto ma ritarda o blocca l’ovulazione ed è inefficace se la gravidanza è già in atto… (Quindi non va confusa con la Ru-486). Ma c’è chi vorrebbe farla rientrare nell’ambito della legge 194, sottoponendo le richiedenti a tutti i controlli previsti in caso di richiesta di aborto. Confusione voluta per distogliere la donna dal farne uso? Confesso che il sospetto c’è.