Dal Pd ai Cinque Stelle: partiti in piazza a Verona
Due piazze, due modi diversi e inconciliabili VERONA di intendere la Costituzione e di difenderla, in quello che è già un antipasto di campagna elettorale: a Verona, il giorno dopo la crisi politica e istituzionale a Roma, con la rinuncia all’incarico di presidente del consiglio di Giuseppe Conte per il veto del presidente della Repubblica Sergio Mattarella all’euroscettico Paolo Savona all’Economia, e con lo spettro di nuove elezioni che si avvicina inesorabilmente, Partito democratico e Movimento Cinque Stelle sono i primi a chiamare a raccolta i propri sostenitori, con un passaparola corre su Facebook e su Whatsapp.
C’è un simbolismo nella scelta dei luoghi, ancor prima che in quella degli slogan, che la dice lunga sulla natura dei due sit-in. Il Pd convoca la sua gente nella piazza dell’Indipendenza, sotto la statua di Garibaldi a cavallo: ci si compatta attorno all’idea di un nuovo Risorgimento o, per usare le parole della consigliera regionale Orietta Salemi, su quella di un «piano di liberazione nazionale che metta assieme tutte le forze moderate del Paese». I Cinque Stelle scelgono invece la Piazza dei Signori, a pochi metri di distanza, dove ha sede la Prefettura, ovvero l’emanazione dello Stato sul territorio. Hashtag: #AlziamoLaTesta, sottointeso di fronte a Mattarella.
Già, Mattarella. È in sua difesa che circa ducento esponenti e simpatizzanti del Pd si danno appuntamento nel tardo pomeriggio, brandendo tricolori e pure un vessillo europeo. La deputata Alessia Rotta ha fatto shopping poco prima in un negozio di bandiere del centro: «Quelle europee erano finite, mi hanno detto che ne hanno ordinate altre ma che sono già prenotate». «Vogliamo portare la nostra solidarietà al Presidente della Repubblica sottoposto ad un attacco vile, mentre non ha fatto altro che difendere la Costituzione», esordisce il segretario cittadino Luigi Ugoli. Nessuno ha portato un megafono, bisogna urlare per farsi sentire: «In campagna elettorale ci sarà da una parte chi difenderà l’Italia, le sue conquiste, il suo ruolo in Europa, e chi vuole uscire dalla Casa comune magari per allearsi con Putin», tuona il deputato Vincenzo D’Arienzo. Il collega Diego Zardini conviene: «Siamo dalla parte dell’Europa, che ci ha portato 70 anni di pace e prosperità». Oggi pomeriggio il Pd si riunirà nella sua sede regionale a Padova per lanciare una serie di manifestazioni analoghe, in tutto il Veneto (ce n’è già in agenda una a Belluno, sabato).
Partecipazione simile, ma età media ben più bassa nella piazza a Cinque Stelle, dove le bandiere del Movimento sono preponderanti rispetto alla manciata di tricolori. Il mantra è lo slogan lanciato dallo staff nazionale: «Il mio vota conta». «E invece - esordisce il consigliere comunale Alessandro Gennari - conta di più quello al Grande Fratello o al festival di Sanremo di quello delle elezioni. Ma se gli italiani ora ci daranno un plebiscito nessuno potrà fermare il governo del cambiamento». «Mi sembra un balletto, una presa in giro», dice la deputata Francesca Businarolo che si descrive «delusa», «incazzata» dagli sviluppi romani e ci mette pure una punta di complottismo: «Perché Cottarelli è tornato tre mesi fa dall’America?». Arriva anche Mattia Fantinati, altro deputato veronese e coautore di parte del contratto di governo con la Lega: «Volevo venire qui a raccontarvi dell’inizio del cambiamento, volevo arrivare qui col sorriso. E invece Mattarella da garante si è trasformato in giocatore. Ma noi al governo ci andremo, magari non oggi, ma ci andremo». A evocare Savona, la personalità che ha fatto saltare il banco, ci pensa la consigliera comunale Marta Vanzetto: «Mattarella ha ingoiato di tutto col governo passato, ma Savona, che andava a tutelare gli ultimi e voleva ridiscutere i trattati europei non andava bene. Sono attonita».
Zardini (Pd) Siamo dalla parte dell’Europa, che ci ha portato 70 anni di pace e prosperità