Brazzale: «Una nuova Yalta per dire addio all’Euro»
Per fortuna che VICENZA produce burro. Perché Roberto Brazzale, patron dell’omonimo gruppo caseario vicentino (circa 150 milioni di euro di fatturato), sull’Europa non le manda a dire. Piuttosto ruvido, diciamo. Per esempio, basta nominargli Beethoven per fargli partire l’invettiva (Battiato gli preferiva l’insalata, ma qui siamo ben oltre). «Gli europei sono inclini ad anteporre le istanze idealistiche ed etiche alla concretezza dell’economia — sbotta l’imprenditore— Vogliono sentire l’Inno alla Gioia con la mano sul cuore; ma la verità è che il loro progetto è solo un grande flop. L’Euro è come il comunismo: fallito perché va contro la logica. Non funziona». E dire che Brazzale, qualche soldo da parte ce l’ha. Come pure qualche finanziamento aperto con le banche. Ma va dritto, nonostante il terremoto che potrebbe provocare (anche per lui) un’uscita dall’Euro: «Gli squilibri in realtà esistono già — afferma —. Il problema quindi non è uscire dall’Euro, ma restarci ancora; perché più tardi si affronterà la questione del superamento della moneta unica, più saranno le difficoltà che si incontreranno. E invece rinviare è quello che sta facendo Mario Draghi, che continua ad indebitare il nostro Paese. La Bce da almeno cinque anni è rimasta la sola a sostenere il debito pubblico italiano». Brazzale canta fuori dal coro. «La verità è che i miei colleghi imprenditori non sono informati. È dal 1997, cioè da quando è stata introdotta la parità, che il Pil non cresce. L’Euro è stato un azzardo, compiuto sulla scommessa incosciente della convergenza». Quindi? «La questione — dice — va oltre l’Italia, la Germania e pure il governo del cambiamento. Ci vuole una nuova Yalta tra i fondatori dell’Euro per sancire la fine di questo progetto»