Corriere di Verona

Palloncini per l’addio a Chiara Il papà: «Sei stata un folletto, portavi il sole nella nostra casa»

- E.P.

Di fronte a loro, fermi sul sagrato della chiesa di Borgo Santa Croce, la bara ricoperta di rose bianche. Tra le mani un palloncino bianco al quale avevano annodato un bigliettin­o con un pensiero per la loro amica, da lanciare in cielo. E, accompagna­ti da un lungo applauso di tutta la folla presente, hanno salutato così, per l’ultima volta, Chiara Pajola, la giovane di 18 anni, morta mercoledì scorso in ospedale dopo dieci giorni di agonia. Stretti tra di loro, occhi lucidi, gli amici avevano sperato fino all’ultimo. Ed è stato a loro che papà Paolo si è rivolto, prendendo la parola al termine della cerimonia: «Ho pensato per un attimo se potessi tornare indietro e mi sono domandato: “Vorrei rimetterla al mondo nonostante tutto il dolore che proviamo adesso”. Sì, mi sono risposto e non una ma altre dieci, cento e mille volte perché Chiara ci ha fatto stare bene molto più di quanto ci stia facendo stare male ora. Con lei era facile litigare ma era altrettant­o facile fare la pace. Mi diceva “ok papi, scusa, facciamo la pace che la vita è troppo corta per stare tristi”. E così, ragazzi, oggi piangiamo ma da domani riprendiam­o a fare un sorriso perché la vita è veramente troppo corta». Quella di Chiara si è spezzata dopo dieci giorni di coma nel reparto di Terapia Intensiva dove era stata ricoverata a seguito del volo nel vuoto dal tetto della stazione della funicolare di Castel San Pietro, la sera dello scorso 15 maggio. Un’imprudenza di fronte agli occhi della sua amica migliore, Cecilia («per lei era come una sorella» ha ricordato il padre). Papà Paolo, mamma Micaela e il fratello maggiore Federico le sono rimasti vicino fino all’ultimo e, alla fine, hanno deciso di donare i suoi organi proprio come aveva chiesto lei. «Era sempre pronta a sfidare tutto e tutti ha ricordato ancora il padre , persino la morte, anche parlandone. Come quella volta che eravamo insieme in auto e mi ha detto “sai che figata se potessi dare il mio cuore ad un altro” o ancora “papà, quando morirai ti farò cremare e poi mi fumerò le tue ceneri così rimarrai sempre dentro di me”». Don Gianluca, nel corso dell’omelia, ha voluto ricordare la fiaba di Andersen della piccola fiammifera­ia: «Noi oggi qui insieme siamo la luce di quei fiammiferi che hanno riscaldato la piccola protagonis­ta». Anche il fratello, come ha ricordato papà Paolo, le ha rivolto un pensiero: «Una delle ultime cose che le ha detto quando era in coma in ospedale è stata “dovunque tu sia, fagli vedere come ci si diverte”. Perché lei era così, sempre contenta. Sembrava un folletto e come diceva nonna Pia, quando entrava in casa, portava il sole».

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Chiara si è spenta dopo 10 giorni

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