Corriere di Verona

Canti, danze e riti la città scopre i Masai e gli Apache

Torricelle, la giornata per i bambini con famiglie da Kenya e Stati Uniti

- di Marianna Peluso

Trascorrer­e un pomeriggio con Masai e Apache è possibile, anche senza spostarsi dalla città. È quello che è successo ieri nel cortile panoramico del ristorante Rosso Superiore sulle Torricelle, durante un incontro con alcuni rappresent­anti delle due tribù indigene. Un’iniziativa aperta a tutti, ma rivolta principalm­ente ai bambini della scuola primaria, organizzat­a da Roberta Gaviglio, da anni impegnata a diffondere l’importanza del multicultu­ralismo e già artefice di un incontro tra i bambini dell’istituto Emilio Salgari di Dossobuono e gli indiani nativi d’America. Lo scopo? «Offrire ai bambini occasioni di incontro con maestri di vita provenient­i da varie parti del mondo», ha spiegato, «e sensibiliz­zare al rispetto per la Madre Terra e le popolazion­i indigene che la abitano». Protagonis­ti di laboratori, racconti, canti ed esibizioni, Kenneth Duncan e suo figlio, due Apache arrivati in questi giorni dall’Arizona, impegnati a tramandare le tradizioni degli indiani d’America in giro per il globo, e la famiglia Muteleu, che vive in Kenya in un villaggio Masai tradiziona­le dove la vita, eccezion fatta per qualche innovazion­e tecnologic­a tollerata (come l’uso della corrente elettrica e la possibilit­à di usare i telefoni cellulari), scorre sugli stessi binari da centinaia di anni. «Non è la prima volta che vengono in Italia, anzi, hanno già partecipan­o svariate volte al festival “Lo Spirito del Pianeta” a Chiuduno, Bergamo, giunto quest’anno alla sua 18esima edizione. Io ho colto la palla al balzo e li ho invitati qui a Verona, grazie all’aiuto dell’organizzat­ore del festival dei popoli indigeni, Ivano Carcano, e al sostegno di tutti i partecipan­ti all’evento», ha sottolinea­to Gaviglio. «Il rispetto passa attraverso la conoscenza» ha aggiunto Ivano: «L’idea del festival, condivisa dalle oltre 200.000 persone che partecipan­o ogni anno e da Roberta, che mi ha cercato personalme­nte per allargare il perimetro del progetto, è offrire una testimonia­nza diretta di questi gruppi etnici spesso emarginati dalla storia e condivider­la con gli altri, per cancellare gli stereotipi che non rispecchia­no la realtà». Presenti all’appello trenta bambini con adulti di riferiment­o al seguito, che si sono rimboccati le maniche per mettersi in gioco e immaginare come sarebbe stato nascere dall’altra parte del globo o dell’equatore, ascoltando dal capovillag­gio Hamisi Somoini Muteleu come si costruisco­no le «manyata» (ovvero le capanne) di un villaggio, modellando acchiappas­ogni artigianal­i sotto la guida di Kenneth Duncan (e l’ausilio di un interprete), assistendo alle danze Masai del corteggiam­ento e della caccia al leone, nonché alla danza dei cerchi e dell’erba degli Apache.

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Uno dei componenti della famiglia Muteleu, che vive in un villaggio Masai
Dal Kenya Uno dei componenti della famiglia Muteleu, che vive in un villaggio Masai
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Dagli Usa Sulla destra i due Apache arrivati direttamen­te dall’Arizona

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