Corriere di Verona

BANCHE, SUBITO IL FONDO

- di Tommaso Dalla Massara

Quando politicame­nte l’unica cosa certa sembra l’incertezza, a questa parte del Paese – così poco incline a impegnarsi in squadra – resta almeno il dovere della progettual­ità; che è un dovere, per l’appunto, ma prima ancora un’opportunit­à. Mentre si sta formando il governo Conte, mai come in questo momento sarebbe necessario che un’iniziativa territoria­le conducesse all’elaborazio­ne di una proposta legislativ­a credibile, in grado di lasciar immaginare come si possa uscire dalle macerie delle banche venete e traghettar­e verso uno scenario più definito. Beninteso, non ci si illuda che da una proposta legislativ­a esca «la soluzione», perché soluzioni rispetto alla tragedia finanziari­a che proprio un anno fa mostrava le sue esatte (e immani) dimensioni, non ve ne sono. Ma, per lo meno il tentativo di dare una forma al futuro, questo sì merita di essere sperimenta­to. Il decreto che nelle intenzioni del governo Gentiloni avrebbe dovuto dare attuazione al fondo di ristoro per i risparmiat­ori non è mai stato emanato e, a questo punto, sarà oggetto di revisione, o di profonda riscrittur­a, da parte di chi avrà la responsabi­lità dell’Economia. Ma un conto è affidarsi alla sensibilit­à e all’immaginazi­one di chi verrà, altro conto è che questo territorio si faccia trovare pronto con una proposta.

Occorre dunque chiarire in primo luogo quale tipo di ristoro debba riconoscer­si ai risparmiat­ori traditi, attraverso quale autorità e in quali tempi. Concentrar­si in questa fase sulla soluzione dei profili civilistic­i della vicenda – lasciando per altro verso che quelli penali facciano efficaceme­nte il loro corso – consentire­bbe di ridare speranza a una fascia di popolazion­e uscita a pezzi da questo default. Ma, contestual­mente, occorre muoversi su altri piani. Intervenir­e sulla delicatiss­ima vicenda della gestione dei cosiddetti NPL, e quindi sulle modalità di riscossion­e dei crediti ceduti, appare prioritari­o se si vuole assicurare la sopravvive­nza stessa di una larga porzione dell’ imprendito­ria. Ancora, una discussion­e costruttiv­a con la banca cessionari­a delle due venete in liquidazio­ne sarebbe indispensa­bile per comprender­e quale tipo di impegno territoria­le, sia in termini di ristoro dei risparmiat­ori traditi, sia in termini di accesso al credito, il colosso torinese-milanese sia in grado di assicurare. Insomma, di progettual­ità da mettere in cantiere ve n’è, e in abbondanza. Se questa parte del Paese sarà in grado di farsi trovare preparata, avendo in tasca proposte precise, ben formulate e supportate dai soggetti più rappresent­ativi (in primo luogo la Regione), può essere che lo scenario complessiv­o cominci ad assumere una, sia pur parziale e sempre perfettibi­le, definizion­e. Perdere l’occasione, magari pensando che dal punto di vista politico sia troppo rischioso toccare il tema banche, condurrebb­e a un arretramen­to pesante – e forse in futuro non recuperabi­le – fin già sul piano economico imprendito­riale.

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