BANCHE, SUBITO IL FONDO
Quando politicamente l’unica cosa certa sembra l’incertezza, a questa parte del Paese – così poco incline a impegnarsi in squadra – resta almeno il dovere della progettualità; che è un dovere, per l’appunto, ma prima ancora un’opportunità. Mentre si sta formando il governo Conte, mai come in questo momento sarebbe necessario che un’iniziativa territoriale conducesse all’elaborazione di una proposta legislativa credibile, in grado di lasciar immaginare come si possa uscire dalle macerie delle banche venete e traghettare verso uno scenario più definito. Beninteso, non ci si illuda che da una proposta legislativa esca «la soluzione», perché soluzioni rispetto alla tragedia finanziaria che proprio un anno fa mostrava le sue esatte (e immani) dimensioni, non ve ne sono. Ma, per lo meno il tentativo di dare una forma al futuro, questo sì merita di essere sperimentato. Il decreto che nelle intenzioni del governo Gentiloni avrebbe dovuto dare attuazione al fondo di ristoro per i risparmiatori non è mai stato emanato e, a questo punto, sarà oggetto di revisione, o di profonda riscrittura, da parte di chi avrà la responsabilità dell’Economia. Ma un conto è affidarsi alla sensibilità e all’immaginazione di chi verrà, altro conto è che questo territorio si faccia trovare pronto con una proposta.
Occorre dunque chiarire in primo luogo quale tipo di ristoro debba riconoscersi ai risparmiatori traditi, attraverso quale autorità e in quali tempi. Concentrarsi in questa fase sulla soluzione dei profili civilistici della vicenda – lasciando per altro verso che quelli penali facciano efficacemente il loro corso – consentirebbe di ridare speranza a una fascia di popolazione uscita a pezzi da questo default. Ma, contestualmente, occorre muoversi su altri piani. Intervenire sulla delicatissima vicenda della gestione dei cosiddetti NPL, e quindi sulle modalità di riscossione dei crediti ceduti, appare prioritario se si vuole assicurare la sopravvivenza stessa di una larga porzione dell’ imprenditoria. Ancora, una discussione costruttiva con la banca cessionaria delle due venete in liquidazione sarebbe indispensabile per comprendere quale tipo di impegno territoriale, sia in termini di ristoro dei risparmiatori traditi, sia in termini di accesso al credito, il colosso torinese-milanese sia in grado di assicurare. Insomma, di progettualità da mettere in cantiere ve n’è, e in abbondanza. Se questa parte del Paese sarà in grado di farsi trovare preparata, avendo in tasca proposte precise, ben formulate e supportate dai soggetti più rappresentativi (in primo luogo la Regione), può essere che lo scenario complessivo cominci ad assumere una, sia pur parziale e sempre perfettibile, definizione. Perdere l’occasione, magari pensando che dal punto di vista politico sia troppo rischioso toccare il tema banche, condurrebbe a un arretramento pesante – e forse in futuro non recuperabile – fin già sul piano economico imprenditoriale.