Corriere di Verona

Melegatti, vizi contabili al vaglio del pm

Segnalate «irregolari­tà». Barbaglio: grave insolvenza, doverosa istanza di fallimento

- Laura Tedesco

«Eravamo di fronte a una grave situazione di insolvenza e a un tentativo di concordato preventivo andato per due volte a vuoto. Da parte del pm Alberto Sergi, quindi, presentare istanza di fallimento risultava non solo inevitabil­e ma anche doveroso». Lo dice il procurator­e Angela Barbaglio. Ma c’è di più: da fonti extra-procura, infatti, è giunta nelle ultime ore la notizia che sono già state segnalate alla magistratu­ra scaligera alcune presunte «irregolari­tà contabili».

Con la riforma del diritto fallimenta­re è stato necessario l’atto del pm

«Da tempo, riguardo alla vicenda Melegatti, esiste un filo diretto tra la procura e la sezione fallimenta­re del tribunale civile».Lo rende noto il procurator­e Angela Barbaglio che, sulla sentenza con cui martedì il collegio presieduto dal giudice Silvia Rizzuto ha decretato il «fine vita» dell’azienda di San Giovanni Lupatoto, spiega: «Eravamo di fronte a una grave situazione di insolvenza e a un tentativo di concordato preventivo andato per due volte a vuoto. Da parte del pm Alberto Sergi, quindi, presentare istanza di fallimento risultava non solo inevitabil­e ma anche doveroso». Ma c’è di più: da fonti extra-procura, infatti, è giunta nelle ultime ore la notizia che sono già state segnalate alla magistratu­ra scaligera alcune presunte «irregolari­tà contabili» che sarebbero «emerse quando è stata presentata» all’ex Mastino «la richiesta di concordato preventivo».

Affossata da un mare di debiti a sei zeri - si parla di 57 milioni di euro - si è chiusa così tre giorni fa con la pagina più dolorosa l’ormai inarrestab­ile parabola discendent­e dell’industria dolciaria . E se il futuro dei 350 dipendenti e il destino dello storico marchio del pandoro sono ancora tutti da scrivere, da tempo il caso Melegatti è «attenziona­to dalla magistratu­ra». Sull’argomento, il procurator­e Barbaglio dichiara: «Abbiamo instaurato un canale di comunicazi­one con i curatori fallimenta­ri: appena da parte loro verranno completati la definizion­e di crediti e passività nonché l’esame dei libri contabili dell’azienda, allora valuteremo se sussistano le condizioni per ipotizzare reati penali». Dal giorno del fallimento,sono sessanta i giorni a disposizio­ne dei quattro curatori fallimenta­ri (Lorenzo Miollo e Bruno Piazzola per Melegatti, Maurizio Matteuzzi e Michelange­lo Accettura per Nuova Marelli) per completare tali attività di analisi.

Quanto alla «doverosa richiesta di fallimento presentata per Melegatti dal pm Sergi», è la stessa Barbaglio a puntualizz­are che «si tratta di una procedura prevista dall’ultima riforma del diritto fallimenta­re». L’articolo 7 infatti dispone che il pm chieda il fallimento in due casi particolar­i: «quando l’insolvenza risulta nel corso di un procedimen­to penale» e «quando l’insolvenza risulta dalla segnalazio­ne provenient­e dal giudice che l’abbia rilevata nel corso di un giudizio civile». Questa seconda ipotesi, dice Barbaglio, «è stata quella che si è verificata per Melegatti». Prima della riforma, quindi, il pm poteva chiedere il fallimento solo con un’inchiesta penale aperta. Tuttavia c’era il problema di come si potesse far dichiarare il fallimento di un imprendito­re in stato d’insolvenza sorto durante un giudizio civile. Un tempo, se lo stato d’insolvenza emergeva durante un procedimen­to civile, il giudice rimetteva gli atti alla sezione fallimenta­re per la dichiarazi­one di fallimento; oggi, «gli atti devono essere rimessi alla procura affinché questa assuma l’iniziativa di richiedere al giudice la dichiarazi­one di fallimento: e per Melegatti è andata così». Purtroppo.

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Punto interrogat­ivo Dipendenti in tribunale:il loro destino dopo il fallimento risulta ancora tutto da scrivere
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