L’Hellas di Setti e la difficile convivenza tra conti in regola e successi sul campo
Bilancio in regola e risultato sportivo, una convivenza difficile. È così in senso ampio nel calcio, lo è in maniera chiara per il Verona della gestione di Maurizio Setti. Il presidente aveva fissato una priorità chiara per la stagione appena conclusasi con una malinconica retrocessione in B: i conti davanti a tutto. In attesa di verificare, nei tempi tecnici previsti, l’esito della conduzione economica dell’Hellas (che sul piano sportivo ha visto ieri il coreano Lee entrare nei 23 ufficiali per il Mondiale) basta seguire le tracce del passato per comprendere come i Verona migliori sul campo abbiano cozzato con perdite consistenti in termini di denaro.
La promozione del 2013 fu ottenuta a suon di grandi colpi di mercato, con una squadra costruita per vincere che salì in A investendo in estate e inverno. Al 30 giugno la perdita totale fu di 5 milioni 347 mila 543 euro. Erano i tempi delle «vacche grasse», di un Setti arrembante che si era affidato all’abilità di Sean Sogliano per allestire una rosa di alto livello e a Giovanni Gardini per organizzare la conduzione societaria, obiettivi raggiunti a costo di un «rosso» marcato. Così l’Hellas nel 2013-2014 si esaltò fino a giocarsi il «pass» per l’Europa League. Si salvò facile godendosi campioni sublimi, da Jorginho – ceduto a gennaio al Napoli – a Toni, Iturbe, Romulo. In quel caso, tuttavia, i riscontri agonistici andarono a braccetto con quelli di cassa, visto che l’attivo fu pari a 5 milioni 276mila 760 euro. Attenzione, però, a un particolare determinante per leggere in modo appropriato questi dati: l’Hellas, quell’anno, concluse la vendita del marchio, una soluzione di maquillage contabile diffusa tra le società di calcio che portò a un’entrata di 15 milioni 980mila euro. Non ci fosse stata questa manovra (non più replicabile), l’esito a bilancio sarebbe stato ben diverso. Nel 2014-2015, il Setti-ter, sempre basato sul binomio Sogliano-Gardini, condusse a una nuova salvezza con poche apprensioni.
Qualcosa stava cambiando, tuttavia, nella visione del proprietario dell’Hellas. La perdita di 6 milioni 922mila 605 euro registrata a fine esercizio fu il punto di svolta. Si aprì una fase diversa. L’esigenza del risultato sportivo fu sorpassata dal bisogno di conseguire quello economico. Tant’è, chiuso il rapporto con Sogliano, Setti si affidò come ds a Riccardo Bigon, sempre con il supporto di Gardini. Il 30 giugno 2016 il recupero a bilancio c’era stato, seppure non in termini massicci (731mila 704 euro), ma il Verona era franato in B. Non ci fosse stato il «paracadute» da 25 milioni introdotto a marzo per tutelare le retrocesse, la continuità aziendale sarebbe andata in frantumi, nella migliore delle ipotesi. La risalita immediata è arrivata in sincronia con la spending review attuata da Filippo Fusco, che ha avvicinato i conti al pareggio, con un segno meno da 216mila 684 euro e il taglio di molte pendenze.
Il Verona è tornato in A, ma la politica di risparmio non ha funzionato. Non ci sono stati investimenti sufficienti nelle due sessioni di mercato stagionali, l’organico non ha mai mostrato di essere all’altezza. Quando, nei prossimi mesi, sarà reso noto il risultato economico per l’esercizio che si chiuderà il 30 giugno, è presumibile che emerga che l’Hellas avrà ottenuto perlomeno il pari di bilancio, ma ora serve ricostruire per inseguire il core business di un club: vincere. Farlo seguendo una linea di oculatezza è fondamentale per mantenere i conti al sicuro, ma le vicende agonistiche non possono più essere prescindibili.