Melegatti, l’obiettivo è venderla subito
I curatori puntano alla gara entro luglio. E sono già 15 le aziende interessate a rilevarla
La crisi di Melegatti, VERONA dichiarata fallita la scorsa settimana dopo 124 anni di storia, potrebbe trovare una soluzione entro il mese di luglio. Secondo quanto emerso dall’assemblea dei lavoratori che si tenuta ieri, sui tavoli dei curatori fallimentari infatti sarebbero già state depositate una quindicina di manifestazioni di interesse. Tra esse non mancherebbero le aziende veronesi del settore dolciario, ma anche Hausbrandt e il fondo De Shaw & Co.
Cedere le aziende in VERONA tempi rapidi cercando di tutelare al meglio i lavoratori. Sono questi gli obiettivi dei curatori fallimentari di Melegatti (Bruno Piazzola e Lorenzo Miollo) e di Nuova Marelli (Maurizio Matteuzzi e Michelangelo Accettura) che sembrano preferire la cessione delle due aziende nel più breve tempo possibile, piuttosto che tentare la strada dell’esercizio provvisorio.
La scelta è determinata dal fatto che questa seconda opzione appare difficilmente realizzabile senza più alcun fido bancario, con la difficoltà di riannodare i rapporti con fornitori e distributori e tenendo conto che l’eventuale campagna di Natale (per la stessa natura del prodotto) sarebbe pagata ad inizio 2019. L’insieme di queste criticità ha fatto propendere i 4 curatori per la cessione rapida delle aziende (preferibilmente insieme), prima che il marchio perda valore. E secondo quanto emerso dall’assemblea dei lavoratori che si tenuta ieri, l’obiettivo è di arrivare alla cessione di Melegatti entro il mese di luglio. Di fatto i compratori non sarebbero un problema visto che sui tavoli dei curatori sarebbero già state depositate una quindicina di manifestazioni di interesse. Tra esse non mancherebbero le aziende veronesi del settore dolciario, ma anche Hausbrandt, il fondo De Shaw & Co. (cioè gli ultimi soggetti che hanno tentato il salvataggio di Melegatti) e altri fondi di investimento. Per accelerare i tempi, la strategia dei curatori sarebbe quella di cedere le aziende fallite senza passare dall’affitto del ramo d’azienda, scelta che, oltre a rallentare i tempi di acquisizione, potrebbe avvantaggiare determinati pretendenti rispetto ad altri. Invece, vendendo direttamente sarebbe più facile valutare l’offerta migliore (di base la preferenza è per chi acquista Melegatti e Nuova Marelli insieme) senza trascurare però l’obiettivo di assicurare il miglior ristoro ai creditori. Quindi non va escluso che l’ipotesi possa essere quella di accettare la maggiore offerta economica, nel caso in cui le due aziende siano cedute separatamente.
Il mantenimento dei livelli occupazionali è, poi, un altro fattore verso il quale sia il tribunale che le organizzazioni sindacali sono particolarmente sensibili e che, di sicuro, inciderà sulle scelte dei curatori.E proprio per affrontare il tema della tutela dei lavoratori, martedì prossimo 12 giugno, è stato convocato un tavolo con l’assessore regionale al Lavoro Elena Donazzan e con Veneto Sviluppo. Va definita la strategia per assicurare un adeguato ammortizzatore sociale ai 70 dipendenti rimasti in questo periodo di passaggio. La cassa integrazione scadrà a fine mese e il tavolo tecnico servirà per capire, anche insieme al ministero dello Sviluppo economico, se ci sono i margini per poter accedere alla cassa integrazione straordinaria. Apposite valutazioni si stanno facendo anche con l’Inps.Nel frattempo, i senatori di Liberi e Uguali hanno presentato una interrogazione al ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico Luigi Di Maio per chiedere se non ritenga opportuno convocare urgentemente le parti interessate alla vicenda di Melegatti per assumere i provvedimenti opportuni per salvaguardare l’occupazione dei lavoratori. «I dipendenti dell’azienda – scrivono i senatori di Leu – tra diretti e lavoratori stagionali, sono 350 e nonostante il fallimento, alcuni sono entrati ugualmente nello stabilimento per prendersi cura del lievito madre, uno degli ingredienti fondamentali per il prodotto core business dell’azienda: il pandoro. Un prodotto che dal 1894 ha il vanto di essere assolutamente originale, simbolo di una storica tradizione italiana e orgoglio del made in Italy».
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