Tute, caschi, invenzioni Rossi e Agostini aprono il nuovo museo Dainese «Grazie per l’airbag» Il fondatore e i campioni celebrano una storia aziendale
Il ricordo
Rossi ricorda il suo scetticismo: «Per me la tuta era sacra, ora ne ho capito il valore»
Tutto inizia con una «Vespa» e un paio di pantaloni a righe scoloriti chiusi in una teca che portarono in lungo e in largo per l’Europa un giovane vicentino assieme a tre amici, nel ‘68. Da quel viaggio, un Vicenza-Londra e ritorno passando per Amsterdam, Bruxelles, Parigi, nacque l’idea di crearsi un futuro progettando e costruendo abbigliamento per piloti. E dunque va da sè che quei due oggetti siano i primi cimeli di un museo-archivio che l’azienda ha voluto dedicare a quel giovane vicentino e alle sue idee, che col tempo arrivarono a vestire pure gli astronauti. Cioè a Lino Dainese, fondatore e storico patron della Dainese spa, l’azienda di Vicenza famosa nel mondo per vestire piloti di motociclismo (e non solo).
È lui stesso a inaugurare il «Dainese archivio», uno spazio museale gestito dalla società ma ideato e voluto dall’ex-patron, che nel 2014 ha ceduto la proprietà al fondo di investimento del Bahrein «Investcorp». Il fondatore è rimasto in azienda come azionista di minoranza, ma nel frattempo la Dainese, con sede a Vicenza, ha continuato la sua marcia che dura dall’anno di nascita, nel 1972: «Il nostro core business rimane il settore del motociclismo - dichiara l’amministratore delegato, Cristiano Silei - ma siamo molto attivi anche in altri sport, dallo sci al ciclismo, dall’equitazione alle vela, inoltre siamo stati a fianco dell’agenzia spaziale europea nella missione “Proxima”, quindi il nostro obiettivo è continuare a espanderci nei diversi settori di attività». Lo sviluppo dell’eccellenza vicentina si tocca con mano nei 900 metri quadrati del nuovo archivio-museo, aperto ieri in via straordinaria e che suona come un tributo stesso alle invenzioni del suo fondatore: lo spazio, accessibile alle visite del pubblico dal prossimo 27 luglio, è una carrellata di innovazioni, studi, sviluppi, con decine di caschi, 500 tute usate dai piloti professionisti, prodotti per sci e pure per lo spazio. È però un archivio di idee più che di documenti, basati su un principio: «La bellezza è un concetto fondamentale per fare impresa» dichiara Dainese.
Si passa quindi dalle prime tute realizzate per i piloti di motociclismo alla creazione delle protezioni (le «tartarughe» vestite da chi corre in moto), dagli studi del volto per realizzare caschi su misura e fino all’invenzione dell’airbag per proteggere i piloti, nata da una vacanza al mare: «Durante un’immersione vent’anni fa spiega il fondatore - ho utilizzato l’aria per gonfiare la tuta e da lì ho pensato che quel sistema potesse anche proteggere fuori dall’acqua». Intuizioni, che si sono tradotte nel corebusiness di un’azienda da oltre 180 milioni di euro di fatturato e che negli ultimi tre anni ha assunto 150 persone, fra cui molti giovani. Nel Dainese archivio c’è molta moto, fra cui una collezione di 500 tute «rovinate» dai piloti perché oggetto di cadute e che sono state studiate dai tecnici dell’azienda, ma c’è anche altro: l’airbag è stato allargato anche alle tute da sci (nei giorni scorsi il museo è stato visitato pure dalla campionessa olimpica di sci Sofia Goggia), c’è l’abbigliamento quotidiano e pure il vestiario degli astronauti grazie alla collaborazione fra Dainese e l’Agenzia spaziale europea, che ha portato alla nascita delle bio-tute del futuro: «L’archivio rappresenta una tappa importante - dichiara Silei - ed è l’espressione della visione che quest’azienda ha avuto fin dall’inizio, cercando di anticipare il futuro, costruire quel che non c’è per portarlo nel mondo quotidiano». Ieri, nei locali-museo di via dell’Economia 64, a Vicenza, anche due volti noti: Valentino Rossi e Giacomo Agostini. Il presente e il passato del motociclismo italiano a celebrare la storia del marchio vicentino: «Nella lista delle invenzioni e delle sorprese di Dainese - dichiara Rossi, testimonial ventennale di Dainese - la più grande è senza dubbio l’airbag per le tute dei piloti. La prima volta che me l’hanno proposto ero scettico, per me la tuta è un oggetto sacro e guai a modificarla, ma questo sistema ha salvato molte delle mie ossa e oggi lo usano tutti alle gare». E a rimarcare il concetto c’è pure Agostini: «Avrei voluto che quella tecnologia si potesse utilizzare anche ai miei tempi osserva l’ex-pilota - perché ho visto molti miei colleghi subire gravi danni per cadute che oggi, invece, generano meno problemi».