Il triangolo del Nord e la Confindustria che ci arriva divisa in due
Verona e Vicenza scelgono l’autonomia. Ma se Venezia apre a Padova-Treviso cambia tutto
La fusione tra Padova e Treviso, che ha ambizioni nazionali nell’alleanza con Milano e Bologna. La clamorosa presa di distanza di Confindustria nazionale. E quelle di Verona e Vicenza che studiano lo scenario che s’apre con il prossimo passo annunciato di Assindustria Veneto verso Venezia e Rovigo. Riuscirà il fragile equilibrio confindustriale regionale a resistere alla bomba innescata da Assindustria Veneto? Domanda d’obbligo, il giorno dopo l’assemblea fondativa di venerdì a Marghera.
Perché è chiaro che mentre al Palaexpo si discute di come collegare il Nordest al nuovo Triangolo industriale, l’esito è che il Veneto delle Confindustrie ci arriva, al solito, spaccato a metà. Ad est con lo scenario di un rapido riallineamento intorno alla Patreve, ad ovest con la scelta di Verona e Vicenza di confermare l’autosufficienza. Disconoscendo il valore strategico del creare la seconda territoriale italiana, collegata a Milano e Bologna, e riducendolo alla creazione di servizi all’altezza su scala provinciale, prima evidentemente insufficienti: «Non sentiamo la necessità di aggregazioni - ha detto venerdì al Corriere il presidente di Confindustria Verona, Michele Bauli -. Siamo la quarta territoriale d’Italia e i nostri iscritti sono soddisfatti dell’associazione e dei servizi».
Lo schema di fondo in cui tutto si muove è quello di due anni fa della presidenza nazionale, del Veneto diviso tra Vincenzo Boccia e Alberto Vacchi, con Vicenza-VeronaVenezia per il vincitore e Treviso-Padova per lo sconfitto. Scontro che si solidifica. Perché non è uno schieramento tattico, ma lo schema di funzionamento tipico in Veneto di Confindustria, di fronte alle partite nazionali. Treviso, fa la prima mossa; Vicenza, l’altra grande regionale, scommette i propri voti dalla parte opposta. Gli altri a schierarsi: Padova di solito su Treviso e Verona in cerca della posizione migliore per far fruttare la sua forza. Se si guarda alla candidatura di Nicola Tognana alla presidenza del 2004, da cui uscì in realtà la presidenza di Federmeccanica di Massimo Calearo che schierò Vicenza con Luca di Montezemolo, la logica è quella.
Ma i veleni stavolta non si riassorbono. Rispetto ad allora è passata la crisi. A Nordest con i fallimenti di un intero sistema bancario e delle aziende, con il tragico corollario dei suicidi tra gli imprenditori, ricordato a Marghera dal presidente di Assolombarda, Carlo Bonomi. Ha messo alle corde un modello, ridotto gli iscritti delle associazioni, i soldi per farle funzionare. Costringendo, Confindustria compresa, a inseguire l’efficienza delle strutture e a porsi domande sull’efficacia della propria rappresentanza, in un mondo cambiato e senza più i soldi di prima per i salotti buoni, le relazioni e i valzer di poltrone.
Ma forse è proprio questo scenario tutto nuovo a far immaginare che la partita messa in moto da Assindustria Veneto possa avere stavolta esiti ben più radicali. Lo mostra più di un elemento. Intanto l’opposizione del presidente nazionale Boccia, che si sapeva avrebbe disertato Marghera, pur se Treviso e Padova hanno scelto di tenere la cosa sotto traccia. Assenza comunque impossibile da non notare, anche per il collegamento telefonico che ha chiuso l’assemblea in cui Boccia ha parlato di tutto tranne che della fusione Padova-Treviso. Presa di distanza per un’operazione vissuta come nata e cresciuta nel campo avversario. La prova del nove è l’assenza fisica a Marghera di un qualsiasi rappresentante del Nazionale, almeno di uno dei vicepresidenti, come succede di solito nelle assenze per causa di forza maggiore.
La questione, a questo punto, è quanto l’opposizione alla macchina messa in moto a Marghera possa bastare. Qui bisogna guardare a chi al Palaexpo c’era. Come Vincenzo Marinese, presidente di Confindustria Venezia Rovigo, che ha già dato espliciti segnali d’apertura all’operazione. «Bello vedere tanti imprenditori identificarsi in Confindustria, esprimere entusiasmo e appartenenza in un’operazione che mette l’impresa al centro - dice il giorno dopo -. Non mi è piaciuta l’interpretazione che vuole il presidente Boccia distante: la sua è stata una testimonianza piena di contenuti. E a Marghera non ho sentito cose diverse da quelle che ha detto lui». Come a dire: ha poco senso prender male un’operazione che esprime le stesse posizioni.
Oltre gli aspetti diplomatici, è chiaro che l’avvicinamento tra Assindustria Veneto e Confindustria Venezia Rovigo è dato per inevitabile. E lo stesso meccanismo della fusione Padova Treviso, con organi paritetici che non rispecchiano il peso immediato delle due associazioni, potrebbe facilitare aggregazioni ulteriori. Pur se probabilmente servirà più tempo rispetto alle previsioni più ottimistiche che danno tutto già fatto entro il primo anno di presidenza Finco. Più tempo, per ragionare con gli iscritti e preparare il terreno. Evitando lo spettro del 2008, in cui il matrimonio annunciato tra Treviso e Venezia naufragò. Ma anche rispetto ad allora, forse, la crisi ha cambiato tutto.
E se alla fine il secondo passo si facesse? Tra l’altro con Venezia che esce dagli schieramenti dello scontro BocciaVacchi? Chiaro, lo scenario cambierebbe radicalmente. «A Confindustria Veneto spetta coordinamento e promozione di posizioni comuni fra le territoriali. Competenze e servizi sui territori sono invece compito delle associazioni territoriali», ha detto il presidente di Confindustria Veneto, Matteo Zoppas, alla vigilia di Marghera. Già, ma che succede se l’ambito locale coincide con una larga fetta di quello regionale, come sarebbe per un’Assindustria Veneto, che già ora parla con Milano e Bologna, estesa tra Padova, Treviso, Venezia e Rovigo? Quale ruolo a quel punto per Confindustria Veneto, già indebolita dall’assetto scelto dopo la riforma Pesenti?
E ancora: che posizione assumerebbero Confindustria Vicenza e Verona? L’autosufficienza basterebbe? O Assindustria Veneto che si allarga le spingerebbe ad esempio a tentare accordi tra loro? A Marghera Verona era rappresentata dal direttore, Rita Carisano; Vicenza dal presidente Luciano Vescovi e da numerosi imprenditori. Proprio Vicenza aveva rotto con Padova e Treviso lo schema dei servizi in comune in Sistema aperto, di fatto accelerando la fusione Padova-Treviso. «Operazione positiva per loro», dice il presidente nazionale dell’Ucimu, Massimo Carboniero. «Significativo passo in avanti, che poteva essere subito inclusivo. Dalla prospettiva del Cuoa mi spiace non esserci - aggiunge il presidente della scuola per manager di Altavilla, Federico Visentin -. Ma è il segno della fatica delle aggregazioni che sperimentiamo anche nelle nostre aziende, intorno a questioni tecniche e personali. Ma il passo resta».
Marinese A Marghera una iniziativa bellissima Visentin Aggregazioni faticose. Ma il passo resta