L’artista Rubino Quando la vita è un fumetto
L’artista nato in Sicilia ma cresciuto a Verona Dall’amicizia con Manara all’Eataly Word a Bologna Poi il cinema e le sculture. «E quella volta che dal libro di Guccini scomparvero le mie vignette»
I l ghigno sotto i baffi: la faccia è quella di uno che non si prende troppo sul serio, al punto che sul serio non prende nemmeno te. Gran virtù. Francesco Rubino la vita se l’è disegnata nella sfera di artista eclettico.
Tipi Veronesi è una nuova proposta del Corriere di Verona. Il senso dell’iniziativa è quella di raccontare, attraverso la storia di personeggi più o meno famosi, l’evolversi della nostra città. Uno sguardo al passato rivolto al futuro, affidato alla penna del nostro collaboratore Lorenzo Fabiano. Per eventuali segnalazioni scrivere a corrierediverona@rcs.it o a lorenzo.fabiano@me.com
Il ghigno sotto i baffi: la faccia è quella di uno che non si prende troppo sul serio, al punto che sul serio non prende nemmeno te. Gran virtù. Francesco Rubino la vita se l’è disegnata nella sfera di artista eclettico. Lui è un po’ di tutto: fumettista, pittore, scultore, attore, persino velista per caso come vedremo.
La sua storia parte 58 anni fa dalla Sicilia, dalle alture di Leonforte nei pressi di Enna, dove il padre conduce un’attività legata alla lavorazione del ferro. Papà fa fagotto e trasferisce famiglia e impresa a Verona, in Borgo Venezia. Francesco ha appena cinque anni. L’adolescenza fatta di motorini, festine, amicizie, su tutte quella di una vita con i Gatti di Vicolo Miracoli e Diego Abatantuono, ma è il disegno la sua passione; nei giorni del Liceo Artistico l’atelier del professor Carlo Veneri è la sliding door del suo destino: «Conobbi Milo Manara ed entrai a far parte della sua squadra. Ci trasferimmo a Milano. Passavamo le serate al Capolinea ad ascoltare Jannacci» dice.
Con Milo indirizza il talento verso il fumetto: «All’epoca curavo la terza pagina sul Quotidiano dei Lavoratori». Francesco è tuttavia alla ricerca di uno stile tutto suo. La svolta avviene nel 1976: «Avevo conosciuto Francesco Guccini grazie a Bonvi. Nel 1980 demmo vita a Gnicche, brigante maremmano dell’800: Francesco si occupava della sceneggiatura, io disegnavo. Lo pubblicammo in un pocket allegato a Linus». Rubino intraprende il suo percorso ispirandosi al maestro Hugo Pratt, i suoi fumetti sono pubblicati in Francia su A
Suivre: «Veniva un incaricato a ritirarli a casa mia a Verona».
Attratto da Andy Warhol, inizia a dipingere e si guadagna una buona fama: le sue rappresentazioni dei pacchetti di Marlboro arredano salotti chic a Verona e non solo. Gli si aprono pure le porte del cinema. Dopo la prima esperienza
Il viaggio a New York
All’arrivo, invece di “terra!”, urlai “Ponte!” non appena mi sbucò davanti quello di Verrazzano
da aiuto operatore per «Arrivano i miei» di Nini Salerno nel 1981, nel 1992 «Non chiamarmi Omar» (tratto da un racconto di Altan) diretto da Staino ha un cast d’eccezione: Ornella Muti, Stefania Sandrelli, Corinne Clery, Elena Sofia Ricci, Barbara D’Urso, Gastone Moschin, Gianni Cavina, e Vinicio Capossela nelle vesti di attore e compositore: «Ebbi la parte del commissario Gerace, rigorosamente siciliano. Il film fu presentato fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia». Tra una pellicola e l’altra, alla fine degli anni ‘90 Rubino vorrebbe tornare alle origini: «L’idea era di rendere a fumetti un libro di Jorge Amado. Ma proprio in quegli anni il fumetto entrò in crisi, e non se ne fece nulla. Così nel 2000 mi ritrovai scenografo all’Odeòn di Parigi». L’amicizia col padre di Slow Food, Carlin Petrini, è solida sin dagli anni Settanta: grazie a lui incontra Oscar Farinetti, che nel 2011 per le celebrazioni dell’Unità d’Italia lo vuole con sé a bordo di «7 Mosse per L’Italia», iniziativa nata da un blog cui aderiscono personalità del mondo della cultura, spettacolo, impresa, cucina, con l’intento di sviluppare sette punti chiave per il futuro del nostro paese. Partenza il 25 aprile da Genova approdo il 2 giugno a New York, comandante Giovanni Soldini: «Io non so nemmeno nuotare. Ero lì ad illustrare la regata. All’arrivo a New York mi mandarono a prua per lanciare il grido “Terra! Terra!”. Nella nebbia urlai “Ponte! Ponte!” non appena mi sbucò davanti il Ponte di Verrazzano» ricorda divertito.
Manca solo la scultura, presto accontentati: la sua Nike è esposta all’Expo di Milano (unico artista veronese presente). Ora apre le ali al Fico Eataly World di Bologna. Il fumetto è però il primo amore che mai si scorda. A Lucca Comics Francesco ripropone con Guccini il brigante Gnicche. Da lì parte l’idea di farne un libro, «Vita e Morte del Brigante Bobini detto Gnicche» all’interno di «Magnifici Malfattori. Storia Illustrata dei Briganti Toscani» (Baldini+Castoldi); sennonché non tutto fila liscio: «Alla presentazione alla Feltrinelli di Bologna, sfogliandolo mi accorsi che del fumetto non vi era traccia. Francesco stava parlando, io lo guardai e gli feci: “Dopo ti dico una cosa. Vai pure avanti...”, non lo volevo agitare. Lui non capiva, finché non glielo dissi tra le risate del pubblico presente. Un banale malinteso, lo hanno già ristampato» se la ride.
Tutto normale per chi nella vita ha scelto l’ironia quale fedele compagna di viaggio.