Corriere di Verona

Uccisa in casa, la verità del figlio «Ma quale storia di amanti mamma era stata minacciata»

I familiari di Fernanda: «Tutto si basa sulle parole di quell’assassino, che non sono credibili»

- Enrico Presazzi

«Ma quale amante e amante? Ma quale relazione segreta? Alla sua età?». Paolo e la moglie Sabrina non ci stanno a veder «infangata» la memoria di Fernanda Paoletti, la pensionata di 77 anni ritrovata morta nella sua abitazione di via Unità d’Italia lo scorso 4 giugno. Uccisa con un cordino stretto al collo da Pietro Di Salvo, ex operaio di 72 anni arrestato dalla squadra mobile e reo confesso: ai poliziotti avrebbe detto di aver litigato con l’anziana perché lei avrebbe voluto rendere pubblica una loro presunta relazione. Un movente passionale che Paolo Antonini e Sabrina Tomelleri contestano con fermezza. E non solo per il fatto che, a ritrovarla senza vita, quella maledetta sera, sono stati loro due; ma soprattutt­o perché non possono accettare che a descrivere Fernanda siano «le parole di un assassino». Dell’uomo che si è portato via per sempre la mamma di Paolo. «Macché amante - ripete all’infinito l’uomo -. Mia mamma non aveva nemmeno il tempo per una nuova relazione, era sempre a prendersi cura da un suo cugino disabile che vive in Zai». Facile pensare a una «difesa d’ufficio» da parte di un figlio che non sapeva niente di quell’amicizia tra due persone anziane che si erano conosciute su Facebook. Ma allora perché? È la domanda a cui la coppia in primis, ma anche la procura e la polizia, sta cercando risposta. Scavando nelle vite di Fernanda e Pietro, in quel rapporto nato online circa un anno fa. Qualche idea alternativ­a, il figlio se l’è fatta. Ma quando proviamo a chiedere qualcosa, si trincera dietro il più assoluto silenzio: dalla polizia è arrivato l’ordine di tacere. E allora si ritorna a cercare di ricostruir­e le tappe di quell’amicizia sfociata nella tragedia. È Sabrina a riannodare i nodi della memoria: «Fernanda ogni giorno si vedeva con mia madre e a lei aveva confessato di aver conosciuto un uomo. Ma niente relazioni o robe simili: ogni tanto lui andava a prendere il caffé da lei. mia madre le chiedeva chi fosse, lei rispondeva che non avrebbe avuto senso rivelarle il nome, perché tanto non poteva conoscerlo. E spiegava di aver incontrato questa persona su Internet - ricorda Sabrina -. A noi non aveva detto niente, anche perché spesso io e mio marito la criticavam­o per le continue amicizie strette su Facebook. Le dicevamo che avrebbe potuto incontrare qualche malintenzi­onato e probabilme­nte per questo motivo non aveva il coraggio di dirci nulla». Ma con la consuocera, invece, si sarebbe confidata. «Mia madre ha detto che questo uomo che era arrivato persino a minacciarl­a - prosegue la nuora della vittima -. Ma non ci è ancora bene chiaro il perché».

Perché un amico avrebbe potuto voler del male a quella donna che aveva sempre fatto del bene a tutti. Proprio come ha ricordato Paolo mercoledì, in chiesa a San Michele, per l’ultimo saluto alla mamma. Quando ha imbracciat­o la chitarra e le ha dedicato una canzone di Fabrizio De André: «Lei era una che faceva del bene a tutti». Dopo aver accudito con amore fino all’ultimo il marito Luigi Domeneghet­ti (sposato in seconde nozze), aveva continuato a fare volontaria­to a Casa Serena e ogni giorno andava in Zai dal cugino da assistere. «Si dava il cambio con la sua amica Giovanna. È stata lei a fare il nome di quell’uomo alla polizia - ricordano Paolo e Sabrina -, ma non ha mai detto che fossero amanti o cose del genere». Anche perché, a sentire chi le stava più vicino, Fernanda non avrebbe nemmeno avuto il tempo per una relazione. «È stato detto che si incontrava­no ogni lunedì mattina, ma io lo posso smentire perché spesso il lunedì mattina la incontravo al Borgo - prosegue Sabrina -. E poi a casa non ci stava mai. Perché la mattina andava dal cugino, la sera prendeva un aperitivo con noi e con mia madre e poi andava a dare il cambio a Giovanna. Non dormiva nemmeno in via Unità d’Italia perché si fermava dal cugino». E i pensieri corrono immediatam­ente a quella maledetta serata. «Ero al bar con mia moglie e mi ha chiamato Giovanna per chiedermi dove fosse mia mamma. Lei non rispondeva al cellulare. Allora siamo andati a cercarla a casa: non rispondeva. Ci aveva detto che la sua vicina di casa sapeva dove teneva il secondo mazzo di chiavi, in cantina e così abbiamo chiesto alla signora di apririci». Di fronte a loro, le gambe di Fernanda. «Io ho iniziato a urlare, non capivo più nulla racconta il figlio -. Una scena del genere la vedi solo nei film. Ho provato a rianimarla, con le forbicine del beauty di Sabrina ho tagliato il cordino. Terribile, terribile».

Una vicenda da ricostruir­e

Lei si era confidata con la consuocera ma raccontava di un’amicizia, non di un rapporto clandestin­o. E non è vero che si vedevano ogni lunedì mattina

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Paolo Antonini, figlio di Fernanda Paoletti, uccisa il 4 giugno
Rabbia Paolo Antonini, figlio di Fernanda Paoletti, uccisa il 4 giugno

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