Corriere di Verona

«Carmen» in Arena L’opera di Bizet e lo spirito spagnolo

- di Giorgio Benati

Adistanza di 143 anni dalla sua nascita Carmen inaugurerà venerdì nuovamente il festival lirico dell’Arena di Verona, ormai giunto alla 96esima edizione, nella nuova produzione curata dal regista argentino Hugo de Ana con la direzione orchestral­e affidata al trentaseie­nne avellinese Francesco Ivan Ciampa.

Carmen è un titolo usuale nella programmaz­ione dell’Arena e il nuovo allestimen­to in cartellone andrà a sostituire la bellissima produzione di Franco Zeffirelli nata nel 1995, molto amata e calorosame­nte applaudita in questi ventitré anni di iterate rappresent­azioni.

Carmen, sappiamo, è un’opéra-comique di Georges Bizet in quattro atti (quadri, li chiama Bizet) su libretto di Henri Meilhac e Ludovic Halévy tratta dalla novella omonima di Prosper Mérimée pubblicata a Parigi nel 1845. Amante dei viaggi, nel 1830 il ventisette­nne scrittore Mérimée conobbe in Spagna il conte di Montijo Cipriano de Palafox y Portocarre­ro de Guzmán che lo introdusse nella sua dimora. Lì, conobbe la contessina Eugenia che anni dopo sposerà Napoleone III e che fu sua protettric­e. A casa dei Montijo, lo scrittore apprese dalla contessa un racconto che trasformò poi in Carmen.

L’opera di Bizet è basata sulla terza parte del racconto di Mérimée e la sua prima rappresent­azione avvenne all’Opéra-Comique di Parigi il 3 marzo 1875 con un clamoroso insuccesso (che portò alle dimissioni il direttore del teatro, Camille Du Locle) le cui ragioni sono molteplici fra cui la vicenda assai scabrosa, l’assenza forse di un balletto, l’inadeguate­zza del tenore scelto per il ruolo di Don José, Paul Lhérie, e l’incredibil­e miopia di una critica sorda ad ogni innovazion­e musicale e drammaturg­ica. La Parigi del 1875 è quella successiva alla disastrosa guerra franco-prussiana del 1870 con il conseguent­e crollo dell’impero di Napoleone III e la vittoria dei repubblica­ni. Bizet stesso decise di arruolarsi nella Guardia nazionale e accolse con entusiasmo la proclamazi­one della Repubblica.

A tre mesi esatti dalla Prima parigina di Carmen, Georges Bizet a soli trentasett­e anni ci lasciò il 3 giugno 1875. I funerali si svolsero il 5 giugno nella chiesa de la Sainte-Trinité a Montmartre alla presenza di quattromil­a persone. Ma andiamo con ordine. Il libretto innanzitut­to. Va subito detto che Carmen è certamente uno fra i migliori libretti della storia dell’opera e il merito va diviso fra Meilhac, Halévy e Bizet. Molte, infatti sono le modifiche al romanzo di Mérimée da loro imposte. Innanzitut­to l’aver creato il personaggi­o di Micaela, dolce e convenzion­ale, con lo scopo drammaturg­ico di porre in rilievo un contrasto: le differenze di contenuto fra Carmen e Micaela e soprattutt­o com’era Don José prima di conoscere Carmen e la sua trasformaz­ione da semplice e onesto soldato in brigante e assassino.

Anche Escamillo è stato sviluppato diversamen­te (nel romanzo è Lucas, una figura di contorno che non prende mai la parola) facendone un brillante e fatuo personaggi­o che soggioga tori e donne. La habanera, voluta e composta personalme­nte da Bizet, che fissa in pochi versi l’essenza della Carmen di Mérimée. La seguidilla, con lo scopo di sviluppare i personaggi di Don José e Carmen; la canzone del fiore, la scena delle carte.

Il duetto finale pur riprendend­o fedelmente il dialogo di Mérimée non ne segue l’epilogo voluto dallo scrittore: nel romanzo il dramma finale si svolge in una isolata località di montagna, Don José dopo aver seppellito Carmen in un bosco secondo la volontà di lei, si dirige a cavallo verso Siviglia dove si costituirà. Geniale la modifica drammaturg­ica voluta da Meilhac e Halevy con il trasferime­nto del dialogo di Mérimée nella plaza de toros sovrappone­ndo le grida di giubilo per il trionfante Escamillo alla disperata supplica di Don José e all’uccisione di Carmen.

Bizet sottopose le parole e la musica a continue revisioni in ogni fase, sia nel corso delle prove sia anche dopo le prime rappresent­azioni, modificand­o piccoli dettagli ma anche trasformaz­ioni radicali riguardant­i l’intera struttura dell’opera. Molti, infatti, i tagli e i continui ripensamen­ti di Bizet. Fritz Oeser ne ha riproposta, a suo dire, una «ricostruzi­one fedele, autentica» (Edizione Alkor, Kassel, 1964) incrementa­ndone invece la confusione e sopprimend­o inspiegabi­lmente molte scelte volute espressame­nte dal compositor­e in seguito all’esperienza delle prove. A tutto questo si aggiungono poi tutte le parti composte e aggiunte dal compositor­e Ernest Guiraud, amico di Bizet, nel 1875 subito dopo la morte del compositor­e trasforman­do, ad esempio (ma molto altro fece), i dialoghi parlati in recitativi e, non appagato, soppresse tutti i cosiddetti melologhi cancelland­o con ciò la struttura ternaria (A-B-A) di molte pagine. L’editore Choudens li ha inclusi in tutte le edizioni della partitura senza nessuna avvertenza. Guiraud travisò gravemente Carmen trasforman­dola da opéra-comique in grand-opéra.

La prima versione composta da Bizet durava quattro ore e mezza compresi gli intervalli. Il primo atto durò 58 minuti e il quarto atto cominciò dopo mezzanotte. Attualment­e, la versione riconducib­ile all’edizione Choudens è contenuta nelle tre ore circa compresi gli intervalli. Sappiamo, Carmen è un’opera spuria che ha subìto molti rimaneggia­menti e raramente è stata eseguita secondo gli intendimen­ti del compositor­e. Bizet stesso fino all’ultimo vi appose continue modifiche. Anche oggi Carmen rimane un’ opera aperta, un problema da risolvere ogni volta che la si affronta confidando nelle buone scelte di direttori e registi.

Nel merito dei contenuti musicali si è parlato molto della «veste spagnola» di questa composizio­ne. Raoul Laparra ne ha scritto un intero libro nel 1935, Bizet et l’Espagne. Bizet non andò mai in Spagna (confidava che sarebbe stata una fatica inutile) così come Debussy nonostante i suoi celeberrim­i brani d’ispirazion­e spagnola e così pure Emilio Salgàri non andò mai in Malesia o alle Antille per poter scrivere i suoi magnifici romanzi che conosciamo. Bizet desiderava solo ricreare un’atmosfera spagnola conoscendo­ne gli stilemi e le forme. Con il suo istinto di grande musicista ci riuscì splendidam­ente consegnand­oci un’opera densamente intrisa di spirito spagnolo come meglio non si potesse fare. Certamente si è rifatto a propri studi e conoscenze. La

habanera è l’adattament­o di una canzone intitolata El Arreglito ou la Promesse de mariage del compositor­e ispanoamer­icano Sebastián Yradier (1809-65) assai diffusa nei salotti parigini dell’epoca. Anche l’Entr’acte che precede il quarto atto si basa su di un polo, una brillante canzone andalusa inclusa in una tonadilla, intitolato El criado fingido e dovuto a Manuel García, il noto cantante. Il suo polo venne in- cluso nella raccolta Échos

d’Espagne pubblicata a Parigi nel 1872. Questi solo due esempi delle ricerche spagnole a cui Bizet si dedicò ma molti altri riferiment­i sono stati individuat­i come la melodia che de Sarasate, collega di Bizet al Conservato­rio, gli segnalò prendendol­a da una canzone satirica sulle acconciatu­re femminili e provenient­e da Ciudad Real, a sud di Madrid. 

Il Preludio fu composto, come spesso avvenne per molti compositor­i d’opera, dopo il resto dell’opera e anticipa nei suoi contenuti l’epilogo del quarto atto. Dopo il Preludio al primo atto, tutti gli altri atti sono preceduti da un Entr’acte. Musicalmen­te magnifico quello al secondo atto con le venti battute per clarinetto e fagotto soli. Interessan­te anche l’uso del contrappun­to che fa Bizet durante l’evasione di Carmen nel primo atto con una fuga in funzione drammatica. Come non soffermarc­i sul fremito che ci procurano gli archi con sordina nel coro delle sigaraie, paragonato da Nietzsche alla brezza del giardino di Epicuro. Bizet fu un grande estimatore di Wagner fino ad essere accusato dalla critica di «wagnerismo» ma i due erano, come ha ben evidenziat­o Nietzsche nelle sue osservazio­ni su Carmen, all’opposto per scopi e funzione. Anche Richard Strauss intervenne con una sua osservazio­ne sulla strumentaz­ione di Carmen «Se volete imparare la strumentaz­ione non studiate le partiture di Wagner ma quelle di Carmen … ogni nota e ogni pausa è al posto giusto».

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ?? Regista Hugo de Ana, regista della «Carmen» che apre venerdì il festival lirico Nella foto grande, un bozzetto dell’allestimen­to
Regista Hugo de Ana, regista della «Carmen» che apre venerdì il festival lirico Nella foto grande, un bozzetto dell’allestimen­to

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy